Una nuova stagione nel contrasto al doping

Nel 2000 la Legge 376 era considerata tra le più avanzate d’Europa e con essa l’Italia, è stata tra i primi Paesi del mondo ad assumersi la responsabilità e l’impegno di giocare una partita decisiva per il mondo dello sport in nome dell’affermazione dei principi che ne sono alla base: il benessere di chi lo pratica e la lealtà e il rispetto delle regole e della trasparenza delle competizioni: oggi, quella legge, ha bisogno d’esser migliorata

Il contrasto al doping è, già dai tempi in cui ero Ministro dei Beni e delle Attività culturali, una delle priorità del mio lavoro politico. Fu proprio infatti nel 2000, quando ancora ricoprivo il mio precedente incarico di governo, che insieme a Rosy Bindi, allora Ministro della Salute, dotammo il nostro Paese di uno strumento legislativo innovativo che, ancora oggi, resta uno dei più avanzati d’Europa. Mi riferisco alla legge 376, che ci ha visti, insieme alla Francia, tra i primi Paesi del mondo ad assumersi la responsabilità e l’impegno di giocare una partita decisiva per il mondo dello sport, in nome dell’affermazione dei principi che ne sono la sua stessa base: il benessere di chi lo pratica e la lealtà e il rispetto delle regole e della trasparenza delle competizioni. Ma la domanda che dobbiamo porci oggi, è: quella legge è ancora attuale? La risposta a questa domanda è duplice. Da un lato, infatti, la 376 ha consentito al nostro Paese di dotarsi di uno strumento efficace per promuovere la tutela della salute degli atleti nella pratica sportiva agonistica. Dall’altro, per rilanciare in Italia la lotta al doping, è necessario definire nuovi e più efficaci strumenti d’azione, in grado di rispondere anche all’esigenza, in costante aumento, di contrastare il cosiddetto doping domestico, ovvero il doping sempre più diffuso nelle palestre e nei circuiti sportivi amatoriali.

Rafforzare le politiche antidoping varate, quindi, significa anche trovare il coraggio di andare oltre le strade già esplorate e inaugurare una nuova stagione di contrasto al doping. Proprio per questo, il Consiglio dei Ministri ha provveduto alla ratifica della Convenzione contro il doping nello Sport promossa dall’Unesco nell’ottobre 2005 a Parigi e ora siamo in attesa della sua approvazione da parte del Parlamento. Oltre trenta Paesi hanno già provveduto ad emanare una legge di ratifica di questa Convenzione, riconoscendo l’urgenza di armonizzare le varie iniziative nazionali intraprese a livello mondiale nella lotta al doping. Stiamo recuperando proprio in queste settimane il ritardo su questo fronte, anche per superare quel veto che la WADA ha giustamente imposto e che impedisce ai paesi che non hanno ratificato la Convenzione di ospitare grandi eventi sportivi internazionali come quelli che il nostro paese si candida a ospitare nei prossimi anni. L’Italia, comunque, continua innegabilmente a rappresentare un punto di riferimento nella lotta al doping. La recente inaugurazione della nuova sede del laboratorio Anti-Doping di Roma ne offre una limpida dimostrazione. Il Laboratorio di Roma è ormai da qualche anno, uno dei “fiori all’occhiello” dell’azione italiana di contrasto al doping e con la sua attività ha consentito al nostro Paese di essere tra i più affidabili e all’avanguardia in merito ai controlli e alla ricerca. Il Laboratorio rappresenta il segno tangibile di politiche ben congegnate, che hanno trovato proprio nella legge 376 una base solida.

Ma oggi si presentano davanti a noi nuove sfide. Il futuro orizzonte della nostra azione deve essere, infatti, quello di allargare il raggio di intervento delle nostre politiche antidoping, portandole ben oltre il terreno dello sport professionistico a cui oggi si limitano. Per questa ragione, il nuovo Ministero dello Sport è al lavoro per predisporre e definire politiche antidoping di “ampio spettro” che ci chiamino ad un’azione trasversale, che non si esaurisca nel “tempo della norma”, nella revisione della 376 sic et simpliciter.
In tal senso, è necessario allargare il quadro di riferimento della legge anche al cosiddetto “doping domestico” o diffuso e rafforzare la cultura sportiva e la cultura antidoping, soprattutto tra i ragazzi. Proprio in virtù di queste considerazioni, dobbiamo avviare una nuova stagione di politiche di contrasto al doping che si fondi sull’alleanza strategica tra politiche per la salute e politiche sportive e giovanili. Il primo passo verso questa direzione è stato compiuto con l’istituzione di una Commissione ad hoc, formata dal CONI, dal Ministero della Salute e dal Ministero per le Politiche giovanili e le Attività sportive, cui è stato affidato il progetto di riforma della legge 376. I lavori della Commissione hanno portato alla predisposizione di un Protocollo d’Intesa, che verrà firmato entro qualche settimana. Non è un caso che la vice-presidenza della Commissione sia stata affidata a Sara Simeoni, una grande atleta, esempio per i più giovani di rispetto delle regole e grande lealtà sportiva. Atleti ed ex atleti, infatti, sono una risorsa fondamentale per rendere l’impegno contro il doping popolare, sentito, diffuso tra la platea dei professionisti e degli amatori. La partita è in corso e siamo fermamente determinati a vincerla. Per il bene degli atleti e di tutto il mondo dello sport nel nostro Paese.

Giovanna Melandri
Ministro per le politiche giovanili e le attività sportive

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

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