Il senso dell’impotenza

Nuocere ai bambini strappandoli ai loro care givers e procurando loro una rottura affettiva grave, brusca e profonda, rappresenta la colpa delle colpe per eccellenza in tutte le culture. E oggi l’idea che alcune scomparse siano rimaste ancora senza soluzione e che solo pochissimi siano i casi risolti con il rientro del minore in famiglia lascia un senso diffuso di amaro e di insicurezza palpabile

La scomparsa dei bambini rappresenta sempre e da sempre una follia capace di scatenare le forme più acute di allarme sociale. Va pure ricordato che a fronte dei pochi casi di scomparsa che vengono ripresi e rilanciati dalla stampa, ve ne sono centinaia d’altri di cui non si ha notizia e che non vengono divulgati. Ufficialmente sul territorio nazionale sono tutt’oggi 540 i minori italiani e stranieri per i quali sono state attivate le segnalazioni di ricerca in Italia e che ancora non sono stati ritrovati (Fonte Polizia di Stato). Risulta maggiore la percentuale di minori stranieri scomparsi, quasi il doppio rispetto a quelli italiani, perché si tratta più spesso di minori fuggiti da comunità o contesti di accoglienza per rientrare presso le famiglie di origine o nuclei amicali o parentali presenti sul territorio e che non comunicano con le forze di polizia.
L’idea del bambino che scompare perché viene rapito da “orchi” con diversi connotati simbolici appartiene alle tradizioni archetipiche di tutti i popoli e di tutte le civiltà in ogni tempo. Di volta in volta possono essere gli zingari di passaggio, o possono essere bande organizzate di pedofili: insomma, soggetti che nel contesto di una determinata comunità e realtà sociale organizzata rappresentano quanto di più incomprensibile, inafferrabile ed efferato si possa immaginare. Perché colpisce la famiglia nel suo valore più intimo, caro e preliminare a qualsiasi altro: la presenza dei bambini e la loro tutela. Nuocere ai bambini, in questo caso strappandoli ai loro care givers e così procurando loro una rottura affettiva grave, brusca e profonda, rappresenta la colpa delle colpe per eccellenza in tutte le culture. E oggi l’idea che alcune scomparse siano rimaste ancora senza soluzione, come nel caso della piccola Denise Pipitone, dei fratellini di Gravina (Ciccio e Salvatore) e di Angela Celentano, che altri casi abbiano ottenuto risposte tragiche e oscene (pensiamo alle due bimbe belghe Melissa e Julie, rapite e uccise dal mostro di Marcinelle che confezionava video pedopornografici), e che solo pochissimi siano i casi risolti con il rientro del minore in famiglia (l’ultimo caso eclatante è quello profondamente enigmatico e sconcertante di Natascha Kampusch) ha lasciato e lascia un senso diffuso di amaro e di insicurezza palpabile.

In tutto questo entrano in gioco sicuramente due aspetti fondamentali. Il primo è un latente senso di colpa delle famiglie che, provando al proprio interno una sensazione di non completa adeguatezza dei legami affettivi e della sorveglianza e custodia del bambino, tendono a vivere la scomparsa e il senso di aggressione che la accompagna come un feticcio di un evento punitivo estremo che ha colpito la famiglia nel momento in cui la tutela nei confronti del bimbo si è allentata. Il secondo fattore, che nutre una sensazione di smarrimento e impotenza, è legato invece alla presenza, nel contesto della comunità di appartenenza, di soggetti misteriosamente aggressivi, implacabili e inafferrabili: il pedofilo è uno tra questi, rappresentando l’orco per eccellenza; ma può essere anche lo straniero, il forestiero, colui che non fa parte della rete di relazione comunitaria. Dinanzi a questa doppia minaccia la famiglia appare più sola che mai e sguarnita, anche perché indebolita dall’assenza di relazioni parentali estese, che in passato costituivano una prima rete e una prima cerchia di protezione di fronte all’evento di una possibile aggressione esterna. Questa doppia insufficienza fa sì che queste vicende drammatiche diventino -al di là dei loro numeri- esplosivamente emblematiche di una crisi e di un disagio profondo della coppia genitoriale che deve essere e deve mostrarsi perfettamente autosufficiente e autorganizzata, diversamente dal passato dove la famiglia si fondava invece su una coralità familiare composta di zii e zie, nonne, sorelle, fratelli, nipoti.

Alessandro Meluzzi
Psichiatra – Psicologo – Psicoterapeuta
Rossana Silvia Pecorara
Psicologa .
Dottore di ricerca in scienze cognitive

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

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