Infanzia in guerra

I bambini soldato vengono sequestrati sotto gli occhi impavidi di vicini e compaesani che obbediscono alla legge del silenzio e del terrore imposta dai gruppi insorgenti. Ma non è l’unico problema. Ogni anno infatti vengono giustiziati circa il 30% dei bambini di strada che pullulano nei quartieri malfamati del grande territorio latinoamericano. In Paesi come l’Honduras si calcola che ogni mese scompaiano in media 50 bimbi, i quali vengono assassinati dalla “mano nera”, gruppi di “giustizia” o pulizia sociale

Il panorama dei bambini scomparsi in America Latina è la più rappresentativa manifestazione d’un fenomeno estratto dalla degenerazione sociale emersa dopo cruenti anni di dittatura o guerra civile. El Salvador, Argentina e Colombia sono alcuni dei paesi che ancora oggi cercano affannosamente i milioni di adulti “desaparecidos” ma anche i loro bambini, volti innocenti, reclutati un giorno qualsiasi da guerriglieri, eserciti paramilitari e pedofili e portati via per farli diventare ospiti forzati della giungla, dei bordelli di confine e della strada.

IL CASO COLOMBIA, IL DRAMMA DEI BIMBI “DESPLAZADOS”
Più di quaranta anni di conflitto civile fra Stato, gruppi guerriglieri ed eserciti paramilitari, anni di cruenta lotta che hanno finito per dissanguare le campagne di alcune zone della Colombia, ma soprattutto hanno permesso di affermare un fenomeno assai diffuso nel territorio colombiano, quello della migrazione forzata, ovvero il “desplazamiento forzado”. Una realtà non estranea in tempi di guerra e purtroppo ricorrente in altri paesi del mondo. Gli assassini, le stragi orchestrate nei piccoli villaggi, le minacce intimidatorie ed altre strategie di occupazione sono i principali moventi che contribuiscono ad alimentare un futuro incerto per i bambini, vittime che fuggono in alcuni casi senza i propri genitori alla ricerca d’un posto tranquillo, trovando soltanto sfruttamento ed esclusione sociale.
La maggior parte dei “desplazados”, che riesca a prendere solo alcuni beni personali ed a scappare in mezzo alla notte, ha meno di 18 anni. Secondo cifre dell’ Unicef, durante gli ultimi sei anni più della metà della popolazione vittima di “desplazamiento forzado”(1.100.000) è composta da bambini. Bimbi e giovani immersi in questa tragedia, che dopo la fuga sono spinti a fare un ingresso traumatico nei grandi centri urbani, transitando nel mondo dell’indigenza, esercitando la prostituzione infantile o in una grande percentuale dei casi, indossando la divisa degli aguzzini dei propri genitori. Bambini con un futuro incerto, piccole donne e uomini nati e cresciuti in zone di guerra, obbligati dalla più tenera infanzia ad obbedire al linguaggio delle armi. I bambini soldato non sono esclusivamente prelevati dallo sterminio, molti vengono sequestrati sotto gli occhi impavidi di vicini e compaesani che obbediscono alla legge del silenzio e del terrore imposta dai gruppi insorgenti. Alcuni scappano dopo diversi anni di militanza e tornano a casa, altri lavorano e militano in maniera convinta nell’industria del conflitto armato, abitando per anni in accampamenti o basi ultra attrezzate per il combattimento e diventando così un numero in più fra le statistiche dei bambini scomparsi. Questo fattore spiega il perché l’invisibilità dei bambini soldato è allarmante. Risulta impossibile avere notizie veritiere sia sul numero di minori che militano nelle file dei gruppi guerriglieri, come FARC ed ELN, sia sui minori addestrati nelle Autodifese Unite di Colombia (gruppo paramilitare di contro insorgenza creato dai latifondisti per proteggersi dai sequestri e ricatti della guerriglia), che pochi mesi fa ha smobilitato dal campo di battaglia circa 30 mila persone fra cui 212 bambini, di cui però non si conosce ancora il loro destino.

Il Dramma dei “NIÑOS DE LA CALLE”
I bambini della strada costituiscono un’altra popolazione che fa parte del complesso puzzle dei bimbi scomparsi in America Latina. Ogni anno arrivano alle metropoli latinoamericane migliaia di piccoli che idealizzano la strada come un vera scappatoia verso la sopravvivenza. L’origine di questo fenomeno è variegata e le cause possono essere tante, fra quelle più importanti figurano il maltrattamento e la violenza d’indole sessuale subite all’interno del nucleo famigliare, la migrazione contadina, il già menzionato “desplazamiento forzado” e la prostituzione. Ogni paese dell’America Latina li ha etichettati in maniera diversa, con vocaboli che addirittura derivano dal francese, come il caso del termine “gamin”, approssimativo di “monello”, usato popolarmente lungo la vasta geografia Colombiana in cui abitano circa 600.000 minori di strada, di cui il 37% solo a Bogotà.
Il nominativo costituisce l’unico criterio di differenziazione del fenomeno, dato che a prescindere dall’area geografica, il modus vivendi e la speranza di vita di questi minori risultano identici. Da Città del Messico fino alla Patagonia, i bambini obbediscono ad un vero e proprio codice di strada, composto da regole come la delinquenza e da attività lavorative miseramente compensate. Da quelli che puliscono le macchine e vendono caramelle a quelli che mendicano e persino gestiscono piccole bande il cui sostegno proviene da furti, rapine, violenze sessuali e prostituzione, sniffano la colla e fumano la pasta di coca grezza più micidiale del crack.
L’aspettativa di vita non supera i 30 anni a causa del degrado e delle azioni di squadre di pulizia sociale. Ogni anno vengono giustiziati circa il 30% dei bambini di strada che pullulano nei quartieri malfamati del grande territorio latinoamericano. In Paesi come l’Honduras si calcola che ogni mese scompaiano una media di 50 bimbi, i quali vengono assassinati dalla “mano nera”o ben sia i gruppi di “giustizia” o pulizia sociale. Nella provincia di Buenos Aires, Argentina, il Ministero di Sicurezza emise anni fa un documento rivolto ai Marescialli di Polizia in cui veniva ordinata la carcerazione dei minori che si trovassero mendicando per strada. Per fortuna, l’ordinanza non ebbe un riscontro favorevole, essendo immediatamente sospesa. In Messico, la Rete per i Diritti della Infanzia denunciò che nel 2002, in occasione della visita del Pontefice a Città del Messico, furono portate a termine delle stragi per eliminare i bambini di strada.
Le statistiche dimostrano che attualmente esistono 40 milioni di bambini in America Latina che fanno della strada sia la loro casa che il posto di lavoro. Costituiscono il bersaglio più pregiato dei mercanti di prostituzione infantile e dei trafficanti di organi, che durante gli ultimi anni hanno visto triplicare i loro incassi in paesi come Colombia, Brasile e Repubblica Dominicana.

I BIMBI NORMALI DI QUARTIERE
Ma i bambini della guerra e della strada non sono gli unici a scomparire da un momento all’altro. Parliamo d’una estensione geografica, quella latinoamericana, molto più ampia dell’antico continente. Un’area complessa riguardo aspetti come cultura e problematiche d’ordine sociale. Un continente che preserva sin dalla colonia spagnola la particolarità di sfruttare i suoi molteplici confini e percorsi.
Oggi la situazione è cambiata drammaticamente, non esistono più le “Ruta degli Incas” ma spettacolari autostrade e anche sentieri nascosti, infinità di voli low cost che sorvolano le Ande e i Caraibi trafficando non solo prodotti e servizi fra il Vecchio e il Nuovo mondo, ma tanta miseria umana.
La situazione dei bambini desparecidos in America Latina e nei Caraibi è molto complessa. Una realtà fatta di riferimenti storici relativamente recenti, come il caso dell’Argentina, paese in cui oggi si lotta per conoscere il destino dei bimbi scomparsi durante il periodo di governo denominato la “Junta militar”. Alla problematica argentina si aggiunge il conflitto vissuto nel Salvador, il cui punto di confronto è la diaspora di bambini sparsi in tutto il mondo come conseguenza del conflitto armato vissuto quasi in maniera parallela, durante gli anni ottanta.
Il punto che accomuna queste tragedie è proprio l’inclinazione politica dei genitori, accusati nella gran maggioranza dei casi di cospirare contro i rispettivi regimi politici, sequestrati dalle loro case o posti di lavoro per così divenire una cifra in più delle allarmanti statistiche di desaparecidos. Alcuni di questi bambini furono adottati da famiglie straniere o trasferiti in paesi vicini come l’Uruguay (confine argentino) o il Guatemala (confine Salvadoregno) dove subirono cambio d’identità. Alcuni furono addirittura convinti di essere stati abbandonati dai genitori. Ma c’è anche il panorama delle ONG che lottano per restituire questi ragazzi alle vere famiglie di appartenenza. Associazioni come “Abuelas de la Plaza de Mayo (Argentina) continuano ad occuparsi di restituire l’identità ai figli di alcuni dei 30.000 desaparecidos in Argentina, mentre la Asociacion Pro Busqueda de Ninos y Ninas desaparecidos (El Salvador) è già riuscita a risolvere almeno un 40% delle denunce ricevute dal 1987.
La tragedia dei bimbi scomparsi nel cono sud (Argentina, Brasile, Paraguay) continua a stupire la comunità latinoamericana. Qui il triste ruolo della prostituzione infantile viene coordinato da una grossa rete internazionale, la cui sede centrale e gestione ha sede nella città di Misiones (Argentina), situata nella “triple frontera”. Tristemente nota come “paradiso” dei trafficanti di bimbi, essa viene utilizzata come base per esportarli a livello internazionale. Le statistiche riportate dalla ONG Missing Children dimostrano che fra un campione di 600 bimbi scomparsi , solo 10 furono ritrovati. Questo è spiegato dal fatto che nella maggior parte dei casi i bambini furono venduti con la complicità dei genitori.

lL CASO MESSICANO
Finora la scomparsa dei bambini in alcuni paesi dell’America Latina, è stata sottovalutata tanto che si parla di “corruzione ed abuso ai minori” al posto di prostituzione infantile. In paesi come il Messico, sono gli uomini influenti e i politici corrotti a sponsorizzare il traffico di bambine a scopo di turismo sessuale. Secondo le ultimi indagini, la modalità più ricercata e quella di sequestrare le bambine fra i 10 e 12 anni direttamente dai loro quartieri, preferibilmente se popolari e portarle in posti di confine dove vengono vendute agli stranieri a poche decine di dollari. Alcune sono introdotte in ambienti più sofisticati o in bordelli di lusso dove il prezzo per una bambina può arrivare fino ai 450 dollari americani.
I clienti arrivano soprattutto dagli Stati Uniti, l’Inghilterra, l’Olanda e la Germania e rispondono a tutte le tipologie di clienti, dal pederasta al cliente occasionale fino al trafficante di bambini che fa di questo degrado una redditizia fonte di guadagno.

LA RETE DI LATINOAMERICANI SCOMPARSI
www.latinoamericanosdesaparecidos.org fa parte d’un progetto nato dall’agenzia di Cooperazione Internazionale Save the Children (Svezia), la quale sviluppa il progetto Regionale “Red de Latinoamericanos desparecidos”. L’iniziativa coinvolge 21 paesi, che collaborano in maniera integrata attraverso internet, tramite la pubblicazione d’un data base contenente fotografie di persone scomparse. Il sistema include anche informazioni su bambini ospitati negli istituti di cura per l’infanzia dei rispettivi paesi, che finora non sono stati identificati da parenti, genitori o amici. Questo sistema permette di poter identificare qualsiasi bambino che sia stato denunciato come scomparso dalle autorità competenti di ogni paese e che possa trovarsi in ogni parte del mondo. Permette anche la denuncia anonima di qualsiasi caso di sfruttamento sessuale o di lavoro minorile. Ad oggi il portale contiene più di 6000 persone scomparse e ha permesso di risolvere più di 2500 casi. Il progetto ha reso visibili diverse problematiche radicate in alcuni paesi, come le 6000 adozioni irregolari all’anno in Guatemala e il caso drammatico di sfruttamento sessuale di 38 bambine in stato di schiavitù in una zona mineraria del Perù.

Lina Scarpati
Università degli Studi di Bologna
Cittadina Colombiana laureata in Scienza della Comunicazione e Giornalismo con master in Analisi e Ricerca di Mercato

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

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