L’acqua dolce rappresenta solo il 2% dell’acqua disponibile, il restante 98% è acqua salata. Di quel 2% solo l’1% può essere utilizzabile, in quanto localizzato in luoghi potenzialmente accessibili, come laghi e fiumi. Il resto è contenuto nei ghiacciai e nel sottosuolo. Intanto aumenta il consumo, tanto da sfociare in vero e proprio spreco. Se per esigenze di vita ne bastano soli 2,5 litri al giorno, perché noi arriviamo ad usarne ben 215? Sempre più rara, l’acqua diventa così merce preziosa nelle mani di poche multinazionali
Goccia goccia l’oro blu va esaurendosi. Realtà agghiacciante e contraddittoria considerando che, ben il 71% del globo terrestre è ricoperto d’acqua (ma solo il 2 % è potabile), i numeri però non sono sufficienti. Continuano senza sosta ad esserci carenze, conflitti e epidemie, causate dal problema idrico. Proprio come afferma Primo Mastrantoni, segretario dell’Aduc, l’Associazione per i diritti degli utenti e dei consumatori. Nonostante per ogni abitante la disponibilità minima annua sia di 1.700m3, ciò non basta ad evitare che al mondo ben un miliardo e 400 milioni di persone sia senza acqua necessaria per sopravvivere; che un miliardo beva acqua poco sicura; che malattie trasmesse dall’acqua mietano tre miliardi e 400 milioni di vittime l’anno. Cifre reali ed allarmanti che destano spavento e preoccupazione considerando il fatto che, l’acqua utile a scopi umani, cioè quella dolce, rappresenta solo il 2% dell’acqua disponibile, il restante 98% è acqua salata. Di quel 2% solo l’1% può essere utilizzabile, in quanto localizzato in luoghi potenzialmente accessibili, come per laghi e fiumi, il resto è contenuta nei ghiacciai e nel sottosuolo. Aumenta il consumo tanto da sfociare in vero e proprio spreco, senza quasi pensare che l’acqua non è un bene interminabile, che se per esigenze di vita bastano soli 2,5 litri al giorno, perché noi arriviamo ad usarne ben 215? Le previsioni ipotizzano uno scenario disastroso. Si teme che nel 2020 qualcosa come tre miliardi di persone non avranno accesso all’acqua, cioè la metà della popolazione mondiale. è necessario distinguere che disponibilità di risorse idriche e accesso all’acqua, non sono la stessa cosa.
Esistono paesi con scarsa disponibilità idrica, che sono però in testa nel consumo di acqua. Prendiamo come esempio la California: il consumo pro capite al giorno arriva a toccare ben 1.400litri di acqua; mentre un Paese come il Brasile, pur avendo una forte disponibilità idrica, circa la metà della popolazione non ha accesso all’acqua potabile. Quelli che più consumano e sprecano acqua sono i paesi del nord; l’11% è rappresentato dalla popolazione ricca. Dati sconcertanti, previsioni allarmanti, eppure la logica del risparmio è ancora così lontana da noi. Basterebbe solo un po’ più di attenzione, un minimo di accortezza. Un po’ di coscienza. Usando i miscelatori d’aria nei rubinetti e nelle docce, che riducono il getto d’acqua senza quasi percepirne la differenza, eppure il consumo complessivo d’acqua è inferiore. O utilizzare acqua piovana per annaffiare il giardino. Evitando di lasciare il rubinetto aperto durante tutto il tempo necessario per lavarci i denti, ma usare l’acqua solo inizialmente sullo spazzolino, e alla fine per risciacquare lo spazzolino e la bocca. Così anche quando ci si lava le mani, perché tenere sempre il rubinetto aperto? Basta utilizzare il getto d’acqua all’inizio e alla fine per risciacquarsi. O durante la rasatura, è sufficiente riempire a metà il lavandino di acqua e utilizzare quella, non mantenere il getto costante fino alla fine dell’operazione. Sono solo alcuni degli espedienti che possono essere utilizzati per razionalizzare, o meglio non sprecare l’acqua. Per noi non cambia nulla se non in una minima parte le nostre abitudini.
Sprechi che non fanno altro che aggravare e acutizzare la crisi idrica in atto. La rarità e il valore crescente stanno portando l’acqua ad essere considerata non più un bene comune, universale, ma una “merce” in mano a poche multinazionali che perseguono la massimizzazione dei profitti. Un bene economico non più un diritto inalienabile, un diritto che deve essere garantito a tutti perché fonte di vita. I signori dell’acqua, sono loro a dettare le regole del gioco. Il commercio dell’acqua in bottiglia è un’attività sempre lucrosa e fiorente, sotto l’attenta direzione della Nafta e del WTO, che tirano le fila della speculazione, favorendo i grandi gruppi commerciali e multinazionali dell’acqua (Vivendi, Nestlé, Danone) facendo, attraverso biechi trucchi commerciali, della sete del Sud del mondo il loro business. Si parla di profitti pari al 40% di quelli del petrolio. Rifacendoci al caso italiano, tra le imprese commercializzate in Italia la S. Pellegrino (gruppo Nestlé), la San Benedetto (gruppo Danone) e la Co. Ge. Di Italacqua coprono da sole i tre quarti del mercato italiano. L’ultima trovata è l’acqua potabile imbottigliata. Cioè acqua del rubinetto microfiltrata e ricostituita con sali minerali. Da sola fattura 200 milioni di euro l’anno. Troppe volte a dettare le regole per una vita dignitosa sono i numeri, ma non solo. Per garantire il rispetto di diritti inalienabili c’è bisogno dell’assunzione di responsabilità, e coaugulare l’operato nel rispetto di alcuni del cardini del Manifesto dell’acqua: l’accesso deve essere riconosciuto come un diritto politico economico e sociale fondamentale individuale e collettivo; opporsi alla privatizzazione e dichiarare tutto il patrimonio acquedottistico demanio pubblico inalienabile; creare un’unica grande struttura pubblica regionale e promuovere politiche di autogoverno del territorio.
Valeria Pomponi
Specializzanda in competenze linguistiche e testuali per la comunicazione