Il processo di transizione dalle monete nazionali all’euro non è avvenuto in maniera indolore. In alcuni Paesi (tra cui Italia e Germania) si è ridotto il potere d’acquisto. In Italia, dove il sistema economico è formato da un tessuto di piccole e micro-imprese, si soffre della mancanza sia di una guida economica che di interventi a sostegno della ricerca e dell’innovazione
Che cos’è la moneta? In che modo interagisce con l’economia? Vi sono ambienti che traggono benefici dal controllo strategico della politica monetaria? Che rapporti vi sono tra la moneta, il suo valore, i prezzi, la produzione, il debito pubblico? Può la banca d’emissione essere un’istituzione di diritto privato? Questi ed altri interrogativi sono oggi alla ribalta del dibattito scientifico, culturale e politico.
Le risposte rappresentano la chiave di lettura di diverse teorie con filosofie alternative di funzionamento dei sistemi economici.
Potremo solo accennare ad alcuni aspetti e profili.
Siamo anche motivati dal desiderio di fare chiarezza su una questione, ampiamente discussa di recente, e cioè sul c.d. reddito da “signoraggio”, che vede rivolte alle banche centrali critiche severe da parte di alcuni censori a nostro avviso privi delle necessarie competenze in materia contabile e bancaria.
Cominciamo col dire che l’accresciuto interesse verso l’economia monetaria dipende dal fatto che questa è al centro del capitalismo moderno e del suo potere.
Il processo di transizione dalle monete nazionali all’euro non è avvenuto in maniera indolore, in specie per alcuni Paesi (tra cui Italia e Germania) che stanno vivendo un periodo di assestamento ed i cui cittadini, comunque, vedono, pur senza una sensibile crescita dell’inflazione, ridotto il proprio personale potere d’acquisto rispetto al periodo precedente all’introduzione dell’euro.
Inoltre un Paese come l’Italia, il cui sistema economico è formato da un estesissimo e diffuso tessuto di piccole (soprattutto micro) imprese (insieme a medie imprese ed a talune corporation innovative non sempre in buona salute), soffre della mancanza di una guida economica e di interventi verso la ricerca e l’innovazione. Da un lato la ricerca è solo un miraggio per la generalità delle imprese di piccole dimensioni, dall’altro una vera politica a favore della ricerca presume una capacità di spesa pubblica possibile solo ad uno Stato ad alto prelievo o comunque non strutturalmente oppresso dal debito pubblico.
Questo ora menzionato è uno tra i più scottanti nodi del Sistema Italia che deve riformare la propria finanza pubblica, mettendo allo studio i metodi per la riduzione della dimensione del debito pubblico, il finanziamento del disavanzo statale e dei sistemi di finanza locale, in coerenza con la politica fiscale, il controllo dell’inflazione, ecc. In questi anni molti provvedimenti sono stati assunti, su impulso della Commissione Europea, per rendere più trasparente l’azione del nostro Governo, separando le responsabilità del controllo della liquidità del sistema finanziario da quelle della gestione del debito pubblico. Si è trattato di una precondizione per riformare il mercato interbancario e per generare uno spessore appropriato del mercato mobiliare italiano collegandolo al più vasto mercato dei capitali europeo.
Si aggiunga l’emergere di una visione di fondo, connessa all’affermarsi del c.d. stato leggero che, agendo sui sistemi pensionistici, invita le persone fisiche a farsi carico dei rischi dell’esistenza, ed impone alle banche un rigoroso controllo del rischio di insolvenza della propria clientela, con un costo del denaro dipendente dal rating riconosciuto al cliente medesimo. In tal senso, dichiaratamente, la strategia della Banca Centrale Europea ha mirato ad assicurare la trasparenza dell’informazione, la capacità di ogni operatore (investitore, risparmiatore) a percepire e controllare i rischi operativi, finanziari e di default, ed a proteggere la stabilità dei prezzi e del sistema economico e finanziario.
Ma perché è nata la moneta e come mai le economie attuali sono monetarie?
Con l’evoluzione dei sistemi produttivi e la circolazione dei beni si sono instaurati scambi a termine, in cui il venditore è stato disposto ad attendere l’effettivo pagamento della quantità di merce ceduta previa acquisizione di una promessa di pagamento (documento scritto) da parte del debitore e dal venditore utilizzabile con successivo trasferimento a terzi. Il carattere convenzionale, tra le parti, di questo scambio dipende dalla natura “promissoria” del titolo consegnato e dalla circostanza che il differimento corrisponde ad un periodo di tempo minimo.
Quando la convenzione assume un carattere generale ed è la Banca Centrale ad intervenire con emissione di moneta questa è accettata sulla base di tre presupposti:
a) la fiducia nell’esistenza del valore reale che il titolo dichiara di rappresentare;
b) la volontà di aderire ad una dilazione nel pagamento;
c) il potere liberatorio conferito dallo Stato alla moneta ufficiale.
A scopo di chiarezza, va da subito respinta l’idea che possa esistere una “moneta senza debito”. La moneta emessa da uno stato sovrano è il debito dell’azienda Stato verso la comunità che lo esprime. La creazione di moneta e la gestione della liquidità di un Paese possono così riassumersi:
1 lo Stato, comunque concepito e strutturato, viene a possedere una ricchezza (di beni demaniali ed assimilati, ivi comprese le riserve auree e le divise estere) che costituisce il suo patrimonio quale azienda pubblica. Questo patrimonio, in un sistema democratico, appartiene alla comunità del Paese. In un ideale bilancio a tale Asset dell’azienda Stato corrisponde un debito di pari valore verso la collettività.
2 la Banca di emissione (Banca Centrale) viene incaricata di emettere moneta. La moneta emessa, nel momento in cui entra in circolazione, costituisce un debito della Banca di emissione verso l’azienda Stato. In corrispondenza a detto debito la Banca di emissione vanta un credito verso l’azienda Stato di pari ammontare.
3 l’azienda Stato, nei propri conti, introduce la moneta ricevuta dalla Banca di emissione e rappresenta in contropartita il debito equivalente.
4 l’azienda Stato usa la moneta ricevuta per le proprie attività istituzionali (l’azione di spesa pubblica).
5 l’azienda Stato può accrescere la quantità di moneta di cui necessita emettendo obbligazioni di Stato (del tipo BOT, CCT, ecc), contraendo un debito, a breve o a lungo termine, che poi deve rimborsare.
6 l’azienda Stato accresce la quantità di moneta di cui necessita attraverso il meccanismo dell’imposizione fiscale.
7 la Banca Centrale può acquistare le obbligazioni di Stato, con ciò riducendo il proprio credito verso l’azienda Stato. E’ come, in tal caso, se modificasse l’emissione di moneta illustrata al precedente punto 2. Di fatto agisce controllando la quantità di moneta in circolazione
8 la Banca Centrale controlla la pressione verso gli investimenti da parte delle imprese e degli operatori economici e finanziari, attraverso la manovra del tasso ufficiale di riferimento (se lo alza deprime gli investimenti rendendo più esiguo il premio per il rischio operativo e finanziario e favorisce i depositi, se lo riduce, alza quel premio e da impulso agli investimenti contraendo nel contempo la liquidità del sistema).
9 la Banca Centrale concede prestiti alle banche commerciali, attraverso il meccanismo dello sconto. Tali operazioni, destinate a realizzare il compito primario della Banca Centrale di regolare la quantità di moneta in circolazione e l’ammontare del credito concesso dalle banche ai loro clienti, sono per la stessa fonti di reddito.
Va detto che, attualmente, i redditi della Banca Centrale derivano prevalentemente dalle operazioni di compravendita di obbligazioni di Stato attraverso le quali la stessa regola l’offerta di moneta. Può anche emettere moneta a fronte dei titoli acquistati.
Il descritto sistema genera un aumento quasi costante del debito pubblico, per via degli interessi che lo Stato offre su ogni titolo, che deve essere bilanciato da una crescita del Prodotto Interno Lordo parallela. Se ciò non accadesse il rapporto deficit/PIL sforerebbe il 3%, che è il tetto massimo di deficit che uno Stato dell’Unione oggi dovrebbe raggiungere.
Ed ora la questione del c.d. signoraggio. Di che si tratta?
La Banca Centrale fruisce di una differenza fra le remunerazioni delle obbligazioni di Stato in cui ha investito (interessi attivi) ed il costo dell’emissione della moneta (gestione zecca: costi di coniazione tra cui quelli della cartamoneta e costi organizzativi). Trattasi di un divario che taluni denominano “signoraggio” rifacendosi ad un’antica prassi. Infatti, nell’epoca medievale, quando la base monetaria consisteva di monete in metallo prezioso, chiunque ne disponeva poteva trasformarlo, presso la zecca, in moneta legale. Una parte del metallo prezioso veniva prelevato dal funzionario della zecca quale imposta sulla coniazione, detta, per l’appunto, diritto di signoraggio. Detto prelievo poteva essere più o meno cospicuo. Il potere d’acquisto della moneta ed il suo valore intrinseco così non coincidevano, a causa del signoraggio e dei costi di produzione. L’imposta sulla coniazione poi serviva a finanziare le attività pubbliche.
E’ ora chiaro che lo Stato non può emettere obbligazioni di Stato se non assicurandone la solvibilità ed una remunerazione a tasso privo di rischio a chiunque assuma la veste di obbligazionista. Da questo punto di vista è indifferente chi sia l’investitore (la comunità dei cittadini, una banca, un’impresa, la Banca Centrale). E’ perciò assolutamente lecito che la Banca Centrale fruisca dei rendimenti degli investimenti in titoli che effettua (d’altronde ciò va a copertura dei costi di emissione della moneta e del necessario sistema organizzativo di gestione della liquidità monetaria degli Stati membri).
Al più si potrà discutere dell’ammontare e dell’uso di tale risorsa. Su ciò deve essere esercitato un controllo. In merito va detto che l’ammontare del reddito da signoraggio della Banca Centrale può essere ridotto, con decisione del Consiglio direttivo della stessa, in relazione ai costi sostenuti dalla stessa per l’emissione e la gestione operativa delle banconote in euro. Inoltre il Consiglio direttivo può decidere di non dar luogo, in tutto o in parte, alla distribuzione del reddito da signoraggio facendo sì che questo si risolva in un potenziamento del patrimonio della Banca Centrale stessa.
La tesi secondo cui le banche centrali creerebbero per se stesse un’enorme ricchezza grazie ad un abuso è così priva di fondamento. In ogni caso non sarebbe l’emissione di moneta a produrre quel reddito, bensì l’intervento diretto a ridurre e controllare la massa monetaria secondo le direttive del Tesoro a cui ogni azione dovrebbe essere riferita. Anche i princìpi contabili generalmente accettati non prevedono che l’emissione di moneta sia considerata un ricavo e nei bilanci delle banche centrali non si trova traccia di ricavi generati direttamente dall’emissione di moneta.
Prof. Maurizio Fanni
Ordinario di Finanza aziendale
Università degli Studi di Trieste