La quotidianità ci propone altre forme di convivenza, tutte legittime dal momento che sono espressione della libertà dei singoli, ma che non possono essere il riferimento di una politica per la famiglia, che non è azione assistenziale, ma un investimento per il futuro della comunità e per il mantenimento della coesione sociale. Perché se “tutto” è famiglia, nulla è famiglia
Da qualche tempo la questione famiglia è tornata ad essere parte del dibattito politico nazionale. Lo affermiamo alla luce di due constatazioni.
La prima, che la famiglia è oggetto dei programmi delle forze politiche che si sono proposte agli elettori nelle elezioni del 9-10 aprile scorso. E’ stato un dibattito che ha diviso, che si è incentrato intorno alla definizione di famiglia, con facili strumentalizzazioni e che non ha risolto alcuna questione di breve e medio periodo.
La seconda constatazione è che il ben-essere delle famiglie italiane e friul-giuliane sta diminuendo, a causa di una miriade di fattori, economici e sociali.
C’è l’evidenza di un significativo numero di famiglie economicamente al di sotto della soglia di povertà, una su dieci dicono le statistiche nostrane, ma quelle dove le relazioni interne sono a rischio nessuno è in grado di contarle. Famiglie fragili, famiglie che stanno esaurendo il proprio capitale umano: non mancano le definizioni per una condizione che rischia di minare in modo irreversibile la coesione sociale e, con questo, la condizione prima per lo sviluppo della comunità regionale. Non mancano neppure le analisi sulle conseguenze a breve: in particolare la bassa natalità, già purtroppo consolidata nonostante i cospicui assegni, e la crescente difficoltà della famiglia ad assolvere al compito di cura ed educazione dei suoi componenti.
Che cosa si può fare per invertire una rotta che, nel caso Italia, presenta peculiari elementi di criticità rispetto al resto d’Europa, anche per un ritardo di attenzione della politica?
Qualcosa si è mosso a livello nazionale in questi ultimi tempi, con interventi puntuali sul versante fiscale e con interventi a sostegno delle natalità, nelle ultime tre- quattro leggi finanziarie. Molto resta da fare, soprattutto per l’introduzione del cosiddetto “quoziente familiare”, una modalità per far pagare le tasse alla famiglia considerando la sua composizione e non considerando individualmente i singoli percettori di reddito.
Per quanto riguarda, invece, il livello regionale, il cantiere è aperto e probabilmente, perché il condizionale è d’obbligo, nei prossimi mesi anche il Friuli Venezia Giulia si doterà di una legge per la famiglia.
Ci sono sul tavolo cinque diversi progetti che un apposito comitato ristretto ha vagliato con l’intendimento di arrivare ad un’unica proposta con la più ampia condivisione possibile.
Che cosa ci proponiamo di fare? E’ bene precisare che quanto segue è il contributo che, come UDC, proporremo prima ai colleghi degli altri Gruppi politici e, poi, al Consiglio regionale. Precisiamo, altresì, che la famiglia della quale intendiamo occuparci è quella riconosciuta dall’articolo 29 della Costituzione, “una società naturale fondata sul matrimonio”, ovvero l’incontro tra un uomo e una donna che hanno assunto pubblicamente una responsabilità.
La quotidianità ci propone anche altre forme di convivenza, tutte legittime, s’intende, dal momento che sono espressione della libertà dei singoli, ma che non possono essere il riferimento di una politica per la famiglia, che non è azione assistenziale, ma un investimento per il futuro della comunità e per il mantenimento della coesione sociale. Perché se “tutto” è famiglia, nulla è famiglia.
In questa prospettiva vogliamo riaffermare che la famiglia è un soggetto sociale e quindi per essa deve trovare piena attuazione il principio di sussidiarietà sociale che la qualifica conseguentemente come risorsa per l’intero ciclo della vita familiare. La famiglia è un soggetto giuridico autonomo rispetto ai singoli componenti ed è per questo che deve essere il riferimento.
Vorremmo innanzitutto sostenere la formazione delle famiglie con prestiti agevolati per l’allestimento della casa, sconti sulle imposte locali per i primi anni di residenza ma soprattutto con adeguate azioni formative pre e post matrimonio, dove le iniziative del privato sociale affianchino quelle dei consultori familiari.
Gli interventi più significativi in termini di servizi e di erogazioni monetarie devono essere rivolti alle famiglie con figli minori, a cominciare dalle gestanti in difficoltà, per sostenere sempre e comunque la vita che nasce, alla Carta famiglia, per accedere a condizioni agevolate a tutti i servizi necessari nella vita di ogni giorno. L’assegno familiare, invece, concepito come integrazione del reddito qualora uno dei genitori lasci temporaneamente o completamente il proprio lavoro per dedicarsi all’attività di cura ed educazione di minori ed anziani, è la misura più significativa per consentire alla famiglia l’esercizio del suo compito naturale.
Vorremmo anche concorrere a migliorare la qualità del tempo della famiglia, con il sostegno alla costituzione e gestione della Banche del tempo, luogo di reciproco scambio della propria esperienza e con orari dei servizi ed attività compatibili con quelli di cura ed educazione, definiti da un apposito piano a livello comunale. E’ infatti inconcepibile che avere figli sia una condizione di fatto di povertà e di esclusione sociale!!
Ma vorremmo anche che l’offerta turistica regionale proponesse sul mercato “pacchetti” per le famiglie con minori o anziani, come ormai da tempo avviene in quasi tutti gli altri Paesi europei.
Se la famiglia è un soggetto sociale, più famiglie associate possono essere esse stesse “produttrici” di servizi per sé e per le altre famiglie, attraverso un’innovativa formula di impresa sociale alla quale le istituzioni pubbliche devono assicurare, prima ancora del sostegno, uno spazio reale nella programmazione locale dei servizi.
L’insieme dei servizi costituenti la politica regionale per la famiglia deve essere verificato e partecipato in diversi momenti, sia a livello regionale, con un’apposita Consulta, sia a livello locale con organismi rappresentativi delle associazioni delle famiglie, da costituirsi in corrispondenza degli ambiti sociali o nei Comuni con più di 15.000 abitanti.
Una politica regionale che per essere attuata richiede, infine, una dotazione finanziaria adeguata e finalizzata alla famiglia: per noi un apposito Fondo regionale per la famiglia con una dotazione annua non inferiore all’1% del bilancio regionale, ovvero dai 45 milioni di euro in su.
Non è, tutto questo, il libro dei sogni, ma solo il contenuto possibile di una politica regionale indispensabile per la famiglia. Ovviamente, per noi è la priorità delle priorità.
Roberto Molinaro
Presidente gruppo consiliare udc del FVG