La tutela delle minoranze linguistiche in Calabria

Albanian

Prove per una reale crescita culturale del Paese

Soltanto a partire dalla formazione storica dello Stato unitario emerge in Italia la necessità di interventi legislativi e politico-sociali volti alla valorizzazione delle molteplici comunità minoritarie presenti sul territorio. La tutela delle minoranze etniche e linguistiche ottiene prima l’attenzione dell’opinione pubblica e solo successivamente quella del legislatore.

Tutela delle peculiarità etniche, tutela delle lingue minoritarie

Occorrono forme di potere democratiche e repubblicane per poter avviare dal punto di vista legislativo le tutele delle minoranze linguistiche. Queste ultime in Italia sono riconosciute da subito, essendo le tutele inserite tra i principi fondamentali della Costituzione. 

A ben guardare, è proprio nei paesi che maggiormente hanno vissuto l’oppressione sociale e la repressione delle minoranze linguistiche che emerge con particolare chiarezza l’esigenza di una tutela forte di rilievo costituzionale: proprio non possiamo dimenticare come in Italia il regime fascista, con proclami nazionalistici e iniziative repressive e assimilatrici, abbia proibito dialetti, idiomi e lingue che si discostassero dall’italiano.

È quindi dal 1948, anno dell’entrata in vigore della Costituzione, che l’Italia inizia ufficialmente il percorso di tutela e valorizzazione delle minoranze linguistiche: “La Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche”, recita l’articolo 6 della Costituzione. Il disposto legislativo però riuscirà a trovare piena attuazione solo nel 1999, anno in cui viene approvata dal parlamento la legge numero 482 “Norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche”, il cui articolo 2 riconosce l’esistenza di dodici minoranze linguistiche definite “storiche”: “(…) la Repubblica tutela la lingua e la cultura delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l’occitano e il sardo.”

Nella realtà, però, non solo non tutte le minoranze linguistiche trovano tutela nella suddetta legge (infatti, a causa del requisito della territorialità, le lingue dei Rom, dei Sinti o degli immigrati recenti vengono prese in considerazione solo in alcune legislazioni regionali), ma anche tra quelle riconosciute dalla legge nazionale non tutte godono della medesima considerazione: per esempio la minoranza francese della Valle d’Aosta e quella tedesca della provincia di Bolzano godono di maggiori tutele grazie a accordi/trattati internazionali preesistenti alla approvazione della legge 482; inoltre, i siti governativi e parlamentari non hanno una versione, nemmeno ridotta, nelle lingue delle minoranze, salvo rare eccezioni.

La situazione calabrese

In questo panorama così diversificato e complesso emerge la situazione della Calabria, nel cui territorio sono presenti diverse comunità parlanti tre delle dodici lingue riconosciute dalla legge: l’albanese (Arbëreshë), il greco (Greco di Calabria) e l’occitano

Terra di approdo e insediamento umano fin da tempi antichissimi, la Calabria è stata località privilegiata di arrivo e di incontro tra popolazioni differenti: Greci, Romani, Bizantini, Normanni, Arabi, Spagnoli, tutti diedero il proprio contributo e lasciarono un segno importante nell’edificazione della cultura e della storia regionale, connotandola e arricchendola di varie influenze intrecciatesi tra loro.

Ad oggi, nelle province di Cosenza, Reggio Calabria, Crotone e Catanzaro esistono comuni fondati e abitati da popolazioni che nel corso dei secoli hanno mantenuto e salvaguardato la lingua, le tradizioni popolari, la cultura materiale. 

Più nello specifico:

  • la lingua occitana, tipica delle valli piemontesi al confine con la Savoia, viene tuttora parlata nel Comune di Guardia Piemontese, in provincia di Cosenza. L’origine di questo insediamento è da ricercarsi nelle persecuzioni religiose seguite allo scisma protestante: popoli di fede valdese fuggirono dalle loro terre per stabilirsi in Calabria, dove comunque nel 1561 la Chiesa Cattolica ordinò una vera e propria mattanza – fonti storiche parlano di tremila persone giustiziate – che vide come vittime anche donne, anziani e bambini colpevoli di diffondere idee religiose non conformi ai dettami ecclesiastici. I pochi superstiti furono costretti alla conversione forzata e venne imposto il divieto di parlare la lingua occitana.
  • la lingua greca (grecanico) interessa il versante jonico meridionale della regione, rientrante nella provincia di Reggio Calabria. L’origine del grecanico in quest’area della regione secondo alcuni sarebbe da individuare nel periodo della dominazione bizantina intorno all’anno Mille, mentre per altri studiosi il greco non ha mai smesso di essere parlato in Calabria sin dai tempi della Magna Grecia, vista la presenza nell’idioma di una serie di arcaismi fonologici, grammaticali e lessicali. Il declino della lingua greca sarebbe da ricercarsi soprattutto nella rottura del legame politico con l’impero bizantino dopo la “discesa” dei Normanni a metà dell’Undicesimo secolo, insieme all’influsso della nascente parlata italo-romanza e alla diffusione del cattolicesimo; al contempo si può osservare il progressivo oblio del patrimonio culturale greco-orientale calabrese.

    Oggi, grazie iniziative di promozione culturale coadiuvate dai recenti sviluppi tecnologici, la peculiarità linguistica e la storia delle origini delle comunità grecofone sono tenute ben vive per volontà dell’associazione “Jalò Tu Vua” di Bova Marina: risulta disponibile infatti l’applicazione per smartphone “Grecopedìa”, con l’intento di creare un vero e proprio vocabolario digitale di grecanico. L’applicazione è stata poi inserita in un progetto più ampio di Civic Digital Library per la digitalizzazione del patrimonio culturale calabrese, promosso dall’Agenzia di Sviluppo Locale della Calabria Greca.
  • la lingua albanese (Arbëreshe) è concentrata per lo più nella provincia di Cosenza, destinazione principale dell’emigrazione albanese specie a partire dalla fine del Quattrocento, quando nei territori balcanici d’origine – già bizantini: Epiro, Attica, Morea, l’Albania stessa – dilagarono i turchi-ottomani. La cultura e il folklore qui sono caratterizzati da elementi ancora oggi gelosamente conservati che si rilevano nella lingua e nella religione, nei costumi e nelle tradizioni, nell’arte e nella gastronomia, con la consapevolezza di appartenere a uno specifico gruppo etnico.

Particolare attenzione è riservata dalla Calabria alle etnie arbereshe: l’Università della Calabria ha istituito nel 1975 una sezione di Albanologia grazie al professore Francesco Solano, oggi diretta dal docente Francesco Altimari. Esistono inoltre diverse associazioni che conservano e valorizzano questa cultura, in particolare nelle province di Cosenza e Crotone: la lingua arbereshe è parlata in alcune stazioni radiofoniche private, riviste e emittenti televisive locali. Da notare il ruolo degli Istituti religiosi di rito orientale, come il Collegio Corsini in Calabria: infatti, la comunità albanese mantiene ancora il rito greco-bizantino, avendo proprio a Lungro (CS) la sede dell’eparchia (diocesi) responsabile del culto per l’Italia continentale.

La tutela delle minoranze linguistiche in Calabria è una realtà dal 2003, grazie alla legge regionale n.15: promuovendone la valorizzazione e la divulgazione la legge regionale riconosce le minoranze linguistiche storiche della Calabria e pone nelle sue finalità quelle di recuperare, qualificare e valorizzare le particolarità etno-antropologiche, linguistiche, culturali e storiche delle comunità costituite dalle minoranze linguistiche grecaniche, albanesi e occitane presenti in Calabria come condizione per il recupero dell’identità e lo sviluppo sostenibile del territorio.

La tutela delle minoranze avviene attraverso la realizzazione di specifici progetti per la promozione e la fruizione dell’offerta culturale locale (Laboratori della Memoria Storica, musei etnografici, biblioteche e mediateche, conservatori musicali, laboratori dimostrativi artigianali, etc.) e tramite la messa in campo di azioni volte alla valorizzazione dei luoghi, dei siti e dei beni artistici e monumentali di particolare interesse storico, culturale e paesaggistico per le comunità dei Greci di Calabria, degli Albanesi e degli Occitani. 

La Regione Calabria si è posta come obiettivo la raccolta, digitalizzazione e catalogazione delle tradizioni orali di particolare rilevanza etno-antropologica, avendo come finalità la promozione nel territorio regionale di processi di sviluppo economico e sociale, agevolando la fruizione del patrimonio culturale locale attraverso la creazione di servizi integrati e tecnologie innovative volte al raggiungimento del maggior numero possibile di persone, studiosi o viaggiatori.

Compito del COREMIL (Comitato Regionale delle Minoranze Linguistiche della Regione Calabria) sarà offrire uno spazio pubblico e strumenti per un confronto chiaro e sincero tra gli enti locali, le istituzioni regionali e i rappresentanti delle comunità grecaniche, occitane e arbëreshë.

La mescolanza e la convivenza tra diversità etniche e linguistiche è stata la forza della Storia di questa terra, il riduzionismo e l’ostruzionismo a questa realtà ne hanno rappresentato il declino. È arrivato forse il momento di invertire la rotta: la tutela e la valorizzazione delle diversità e delle minoranze linguistiche, attuata come dovere etico e gestita con intelligenza politica come possibilità di sviluppo culturale e socio-economico, può e deve essere diffusa a partire da questa regione, non più come dichiarazione d’intenti, ma come pratica reale e concreta del diritto e della democrazia, in contrapposizione a derive autoritarie, securitarie e terroristiche tanto in voga in questo particolare contesto storico contemporaneo.

Rispondi