ALIMENTI: QUANDO IL POTERE DEL CONSUMATORE E’ RIDOTTO DALL’ANALFABETISMO FUNZIONALE

SEMBRERÀ SCONTATO MA AVERE LE GIUSTE COMPETENZE OGGI È INDISPENSABILE ANCHE PER LE OPERAZIONI PIÙ COMUNI DELLA QUOTIDIANITÀ, COME SCEGLIERE I CIBI GIUSTI E ORIENTARSI NEL MARE MAGNUM DI PRODOTTI DESTINATI AL CONSUMO ALIMENTARE

Diversamente da quello strutturale di chi non sa leggere e scrivere, l’analfabetismo funzionale è un fenomeno sempre più diffuso. Anche se hanno appreso le basi della scolarizzazione, gli analfabeti funzionali leggono in maniera acritica non riuscendo a “comprendere, valutare, usare e farsi coinvolgere con testi scritti per intervenire attivamente nella società, per raggiungere i propri obiettivi e per sviluppare le proprie conoscenze e potenzialità” (definizione dal rapporto Piaac-Ocs). In Italia, il 47% degli individui è definibile come analfabeta funzionale.

L’analfabetismo funzionale è, dunque, sempre più presente nella nostra quotidianità. Interferisce anche nei processi decisionali più comuni, come, ad esempio, l’acquisto e il consumo degli alimenti. L’incapacità di comprendere e valutare le informazioni riportate sulle confezioni dei prodotti e la difficoltà nell’individuare fonti affidabili di informazione rappresentano i principali punti critici. Tali difficoltà vanno a limitare i processi decisionali del consumatore e possono anche diventare terreno fertile per tutti coloro i quali traggono vantaggio dall’influenzare le masse.

L’analfabetismo funzionale diventa, dunque, una delle cause per cui il consumatore si trova ad essere passivo di fronte al mondo alimentare. Essere consumatori passivi, però, ci espone a numerosi rischi, non solo di carattere economico, ma anche, e soprattutto, sanitario, igienico e nutrizionale.

Il consumatore passivo acquista senza capire cosa sta comprando realmente e si fa influenzare più dalla pubblicità e dalla presentazione del prodotto (es. immagini, grafiche, slogan) piuttosto che dalle informazioni che lo descrivono nella sostanza (es. lista degli ingredienti che dichiara la composizione, denominazione di vendita che lo inquadra nella merceologia). Spesso, ha assimilato in maniera distorta il concetto di “qualità“, associandolo in maniera univoca e dogmatica, ad esempio, ai concetti di “genuinità“ percepita, origine o marca. Effettua le proprie scelte alimentari sulla base di notizie divulgate dai mass media o da articoli pubblicati in rete o sui social senza discriminare la validità delle fonti e la valenza scentifica di quanto sta leggendo. E’ il caso, quest’ultimo, di chi si crea diete o rimedi fai da te o decide di consumare (o non consumare) alcuni alimenti pensando siano dannosi o miracolosi poiché pubblicizzati come tali. I consumatori passivi sono quelli che, ancora oggi, non discriminano una data di scadenza da un termine minimo di conservazione, non conoscono l’importanza delle informazioni riferite alle modalità d’uso e di conservazione degli alimenti ed ignorano di fatto le disposizioni di sicurezza comunicate dalle aziende produttrici.

Il consumatore deve, quindi, combattere l’analfabetismo funzionale e riappropriarsi quanto prima del suo ruolo, diventare, cioè, “consum-attore“, protagonista di scelte consapevoli. Aumentare, quindi, le proprie competenze o sedimentarle sulla base di una corretta informazione ed educazione al consumo. Indubbiamente, molti sono gli aspetti che oggigiorno ci portano ad essere un po‘ tutti “analfabeti alimentari“: la complessità del mercato, le nuove e articolate normative riferite all’etichettatura, l’eccessivo bombardamento di notizie, il libero accesso al mondo dell’informazione che ha permesso a chiunque (professionisti e non, esperti e non, giornalisti preparati e non) di creare articoli, notizie, inchieste spesso fuorvianti. Imparare a districarsi in questa complessa situazione per diventare un po‘ meno analfabeti funzionali è, in ambito alimentare, sicuramente più urgente rispetto ad altri contesti proprio perchè gli alimenti fanno parte della nostra quotidianità. E’ fondamentale riacquistare potere decisionale per non essere figuranti di scelte altrui tenendo a mente che, quando si parla di alimenti, si toccano non solo le nostre tasche, ma anche la nostra salute. Ricordiamoci sempre che le imprese alimentari lavorano per soddisfare le richieste del mercato, ovvero per dare al consumatore ciò che vuole (e che acquista).

Basta ricordare il “caso olio di palma“ per capire quanta forza possiede il consumatore. L’oggettività dei fatti è che, da quando il consumatore ha scelto di non acquistare più prodotti contenenti olio di palma, la maggior parte delle imprese ha cambiato le proprie formulazioni e ha pubblicizzato i prodotti con i claim del “senza“. Molti sono stati i motivi per cui i consumatori (attivi e non) hanno voluto escludere questo grasso vegetale dalla dieta: coscienza ambientale o umanitaria, dubbi sulla sicurezza alimentare, scelta nutrizionale o principio di precauzione. Sicuramente l’analfabeta funzionale non ha approfondito il tema per comprendere e valutare le reali problematiche ambientali, sociali, nutrizionali e di sicurezza che riguardano l’olio di palma, ma si è allineato passivamente alla massa e alla moda inconsapevole del “senza“. La passività porta, quindi, l’analfabeta funzionale a compiere scelte influenzabili e talvolta pericolose anche per i comparti produttivi che, come accaduto in passato, sono stati messi in ginocchio dagli ingiustificati cali di vendite.

Riflettiamo, dunque, su cosa e su come decidiamo di comprare: la scelta è il vero potere in mano al consumatore, ricordando che, dietro un acquisto, ritroviamo una responsabilità economica, sociale, ambientale e sanitaria.

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