Sul perché Mark Zuckerberg ci consiglia i libri

di Valentina Tonutti

Non è passata inosservata la nascita di A Year of Books, la pagina facebook creata da Mark Zuckerberg che mira a consigliare agli utenti del social network un libro ogni due settimane.
Questa curiosa e a prima vista audace iniziativa è stata lanciata dal profilo ufficiale del CEO di Facebook in persona sabato scorso ed ha raccolto in poche ore più di 100.000 sostenitori.
Un club letterario attraverso il quale – e forse la prima volta –  il fondatore di Facebook esprime un interesse evidente verso il mondo della letteratura. E che letteratura, poi, visto il testo che inaugura la lista di raccomandazioni: La fine del potere di Moisés Naìm, un saggio che tratta la lotta tra i grandi protagonisti un tempo dominanti e i nuovi micro poteri che li sfidano in ogni ambito dell’azione umana.
Un libro inaspettato, non sicuramente di semplice lettura o di matrice intrattenitiva, diretto più ad una comunità ristretta che al grande e multiforme popolo di Facebook in toto.
Sarà che le comunità online riguardanti la letteratura raccolgono adesioni da molti anni e continuano a funzionare (vedi aNobii e Goodreads), e  sarà che Zuckerberg non vuole mai perdersi niente, ma è paradossale che questa predica, questa incitazione al Sapere provenga proprio da colui che ha creato la più grande macchina di distrazione di massa o che – senza esagerare – ha senza dubbio tolto del tempo alla lettura a chi già leggeva poco.

«Trovo che leggere libri sia molto appagante»dichiara M.Z sul suo profilo facebook«I libri permettono di esplorare completamente un argomento e di farti immergere in esso in modo più  profondo rispetto ai principali organi mediatici» continua, come se stesse parlando di una grande nuova scoperta.

Ma perché scegliere proprio La fine del potere per dar vita al club letterario?

Il libro di Naim, scrittore e giornalista venezuelano che veste numerose cariche istituzionali, si concentra nello specifico sullo spostamento del potere che sta avvenendo negli ultimi anni: da Ovest a Est, da Nord a Sud, dai palazzi presidenziali alle piazze e al cyber spazio, dai colossi industriali alle start-up, e dagli uomini alle donne. Sempre secondo l’autore, chi oggi detiene il potere si trova più vincolato rispetto al passato e corre ogni giorno il rischio di perdere il suo scettro. Mircopoteri contro establishment. Un’equazione che rende il potere sempre più difficile da mantenere e sempre più semplice da perdere.

Come sottolinea giustamente Steven Poole sul Guardian, il titolo del libro in questione contiene già nel suo titolo un efficace contrasto con lo stesso consiglio di Zuckerberg: Il potere – secondo le parole di Naim (e prima di lui, del sociologo tedesco Max Weber) – è la capacità di esercitare un controllo sul comportamento di altre persone, spingendo le stesse a prendere decisioni che non avrebbero altrimenti mai preso di loro sponte.
Il potere, però, non è finito. Ed il libro consigliato da Zuckerberg è andato sold-out su Amazon in brevissimo tempo.
Gli esempi riportati a favore della tesi di Naìm sono numerosi: dal rovesciamento dei tiranni allo sviluppo della democrazia, senza tralasciare istruzione, religione e finanza. Applicando però il ragionamento del sociologo al social network in questione, anche Facebook rappresenta un potere egemonico che deve avere a che fare con i nuovi modelli di business che si affacciano sul sistema economico.
Che Mark Zuckerberg ci stia spingendo a leggere Naim per farci comprendere la sua strategia imprenditoriale dai tratti egemonici?
In caso positivo, servirebbe doveroso fargli notare che l’aveva già manifestata più volte, in ultima con l’acquisto di Whatsapp e Instagram.

In ogni caso bisogna stare a vedere nei prossimi mesi come si evolverà questa situazione, se come sta succedendo in materia di politica e relazioni internazionali sui sociall network tutti si improvviseranno politologi, diplomatici o esperti di balistica, o se si tratterà di una mera opera di branding venuta male.

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