Un presente pieno d’incertezze

Marcello Marighelli

Le previsioni di “crescita” per l’uscita dalla crisi sono accompagnate da mille cautele. Sullo sfondo, sempre più nitida, una certezza: l’idea del progresso illimitato è tramontata e appare come un’ingenua credenza del passato.

Il presente è uno di quei periodi in cui quanto normalmente è stato certezza e punto di riferimento è diventato motivo di ansia e smarrimento.
Il lavoro, anche quando c’è, per molte, troppe persone non può essere vissuto come un percorso di crescita personale, ma come un momento favorevole che può mutare all’improvviso o che ha già una precisa scadenza, oltre la quale tutto sarà rimesso in discussione.
I dati statistici sulla disoccupazione nel nostro Paese hanno una costante negatività da molti mesi, tanto che non suscitano più sorpresa e nemmeno sembrano provocare una particolare mobilitazione delle istituzioni. Anche i Centri per l’Impiego sono oggi accomunati al destino delle Province, cioè all’incertezza ed all’attesa di una riorganizzazione che presenta una sola linea guida: la riduzione della spesa.
Il fatto che tutta l’Europa sia alle prese con i medesimi problemi non alleggerisce il peso della preoccupazione nelle famiglie, ma rende la dimensione dell’esclusione angosciante, soprattutto quando ai giovani viene precluso un percorso di emancipazione.
Le previsioni di “crescita” per l’uscita dalla crisi sono accompagnate da mille cautele. Sullo sfondo, sempre più nitida, una certezza: l’idea del progresso illimitato è tramontata ed appare come un’ingenua credenza del passato.
Un passato remoto in cui la Corte Costituzionale (sentenza n. 78 del 1958) poneva fine alla breve stagione di una normativa finalizzata a “favorire il massimo impiego possibile di lavoratori agricoli”, statuendo l’illegittimità costituzionale “di una compressione dell’iniziativa economica privata così penetrante da dar fondamento al sistema dell’imponibile di mano d’opera”.
Ed un passato più recente ove si discuteva degli effetti sul funzionamento del mercato del lavoro dei trattamenti di disoccupazione, sulla “possibilità che questi potessero ridurre sensibilmente l’interesse del lavoratore alla ricerca di un nuovo posto di lavoro”, ma anche di come “rafforzare la posizione dei disoccupati di lungo periodo nel mercato del lavoro” (Pietro Ichino, Il collocamento impossibile, De Donato, 1982).
La lettura degli ultimi dati sul mercato del lavoro registra nuovi record negativi – in particolare, risulta negativo il dato dei posti vacanti, i posti di lavoro liberi per i quali il datore di lavoro cerca attivamente un lavoratore adatto (ISTAT 2° trimestre 2012) – e la consapevolezza che l’attuale sembra essere una società chiusa ai giovani, per cui già si parla di “generazione perduta”, indurrebbero a ritenere la situazione disperata.
Nel dibattito, esiste, tuttavia, una presenza di soggetti fin qui assenti, che portano punti di vista diversi e, soprattutto, si impegnano concretamente nella realizzazione delle loro proposte.
Il primo novembre scorso, il quotidiano “Libero” titolava in prima pagina “Disoccupazione record… ma il lavoro c’è, ecco dove”.
Dopo aver considerato che “al di là delle dichiarazioni, nessuno ha saputo indicare la direzione giusta per favorire nuove assunzioni”, il giornale ha avviato una pubblicazione a puntate, giorno dopo giorno, di un’inchiesta ricca di riferimenti ed anche di proposte di lavoro riferite ad aziende.
Nel mercato del lavoro liberalizzato, l’informazione può fare la differenza. Le pari condizioni di accesso assurgono a questione democratica. Chi si trova “fuori dal giro”, e non ha o ha perduto il contatto con il mondo del lavoro, finirà sempre più in fondo alla fila. Ecco perché, in attesa di risposte economico-finanziarie, la disponibilità di informazioni ed il rafforzamento dei legami sociali possono diventare un nuovo terreno di iniziativa, pubblica e privata.
Nella contingenza attuale, il volontariato può giocare un ruolo importante, aggiungendo a quanto già fa, aiutando le persone nella gestione della propria vita. Un intervento di sostegno alla ricerca del lavoro, favorendo l’accesso alle informazioni ed alla conoscenza dei servizi pubblici presenti sul territorio, anche materialmente, rendendo disponibili spazi e strumenti, ma, soprattutto, di ascolto ed accompagnamento. Davvero, come si poteva leggere nel Forum su “Avvenire” del 31 ottobre scorso, la crisi “investe i legami sociali”.
Può essere questa una lettura dell’esperienza che importanti associazioni del volontariato bolognese stanno sperimentando per contrastare povertà vecchie e nuove realizzando, insieme a VOLABO, Centro di Servizi per il Volontariato della Provincia di Bologna, l’originale “Progetto regionale di contrasto alle povertà – lavoro”, nell’ambito del quale sono stati attivati cinque spazi informativi di prossimità (SIP). Ponendosi in maniera complementare rispetto ai servizi esistenti sul territorio, i SIP operano in diversi punti della città di Bologna (presso le sedi delle associazioni Ya Basta!, Stella Nostra, Piazza Grande, AUSER e ANTEAS) per intercettare i bisogni di persone che fanno fatica ad orientarsi tra i servizi esistenti. La mission dei S.I.P. non è quella di trovare lavoro alle persone, ma di aiutarle a trovare lavoro, sostenendone l’empowerment, l’autoimprenditoria, la piena auto-valutazione delle competenze, l’accesso alle informazioni. Si tratta, quindi, di un’azione di sostegno, che aiuta le persone ad individuare i servizi giusti a cui rivolgersi ed a costruire gli strumenti da cui partire.

Marcello Marighelli
Garante dei diritti dei detenuti del Comune e della Provincia di Ferrara

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