Nuova Costituzione in Turchia: svolta epocale o diversivo istituzionale?

Con il Paese stravolto dalle proteste, le trattative con la società curda ancora in corso, e le accuse di corruzione ad Erdogan in Parlamento, il governo di Ankara sembra trovarsi ai ferri corti

Il 28 maggio scorso, il presidente della Turchia Erdogan ha indetto una commissione parlamentare di dieci avvocati per una ri-stesura della Costituzione turca, che andrebbe a sostituire la Costituzione militare del 1982. Il Presidente ha annunciato questa decisione al Congresso dell’AKP ad Ankara, ottenendo il sostegno dei suoi compagni di partito. Si tratta di una legge fondamentale dello Stato turco scritta durante un governo militare che ha conquistato la Turchia con un colpo di Stato all’inizio degli anni ’80. Il testo si basa sui principi fondamentali del nazionalismo, del kemalismo e del secolarismo.  Nonostante il fatto che il governo militare sia durato solo due anni, la Costituzione del 1982 è rimasta in vigore negli anni, anche se ha subito delle modifiche, tre delle quali avvenute tramite referendum. Il resto delle modifiche ha avuto luogo, invece, per spinta dell’amministrazione di Erdogan, nel tentativo di “ripulire” la Costituzione da principi laici e kemalisti, che non sarebbero, almeno secondo il governo turco, all’altezza di affrontare i problemi della società odierna.

Il partito di Erdogan ha un rapporto ambivalente con quella Costituzione. Da un lato, il testo presenta dei componenti che facilitano la gestione autoritaria dello Stato turco, come l’omissione del divieto di tortura da parte delle istituzioni statali. Dall’altro lato, la Costituzione sancisce la laicità dello Stato e una forma di governo parlamentare, istituzioni non particolarmente gradite al partito di maggioranza. L’ascesa politica del partito AKP che l’ha portato alla vittoria nelle elezioni del 2002, d’altronde, era stata basata proprio su un’aspra critica del precedente governo militare, in particolare per la sua avversione nei confronti della libertà di culto. Da allora, il governo guidato dall’AKP ha compiuto degli sforzi politici importanti per apportare delle modifiche alla Costituzione, in modo tale da liberarsi di una serie di fondamenti secolaristi costituzionali che hanno impedito loro di promulgare leggi basate su principi religiosi nel corso degli ultimi decenni.  Inoltre, una nuova Costituzione permetterebbe finalmente di instaurare il modello di governo presidenziale in Turchia, uno degli obiettivi fondamentali dell’amministrazione Erdogan.

Una delle motivazioni principali che spinge Erdogan a proporre la nuova Costituzione sono proprio gli ultimi risvolti, o la mancanza di essi, sulla questione curda. Erdogan stesso ha sottolineato che la nuova stesura è motivata da questioni di sicurezza interna. Al Congresso dell’AKP, si congratula con il partito DEM per il “tono responsabile” che ha mantenuto negli ultimi mesi, vale a dire una politica incentrata sull’intervento della società civile e non un intervento militare, e sottolinea come il lasciar cadere le armi del PKK abbia costituito l’inizio di una nuova era. Non a caso, la Costituzione del 1982 è estremamente oppressiva nei confronti della popolazione curda, e nega loro il diritto alla partecipazione politica e all’espressione della propria lingua e cultura. Sebbene alcuni emendamenti apportati dal governo dell’AKP avessero mitigato questi problemi, rimane la questione della negazione dell’esistenza di un’identità curda all’interno del territorio turco. La Costituzione del 1982, infatti, come quella del 1924, sottolinea come i turchi siano l’unica popolazione esistente entro i confini della Turchia e garantisce solo alla componente turca della società il diritto all’espressione del pensiero e alla libera associazione. Il termine stesso “curdo” è un assente eccellente nella Costituzione attuale della Turchia, e la sua assenza porta con sé anni di tentativo di cancellazione di un popolo. Un ottimo esempio per la ri-stesura si potrebbe invece trarre dalla Costituzione della Turchia del 1921, che sanciva la Turchia come una Repubblica in cui la coesistenza pacifica di turchi e curdi era fondamentale per la sopravvivenza stessa dello Stato-nazione. Attualmente, il dibattito parlamentare in Turchia è diviso tra chi pensa che usare come riferimento la Costituzione del 1921 sarebbe un ottimo metodo di risoluzione della questione curda, e chi invece pensa che i primi 4 articoli della Costituzione del 1982 debbano rimanere invariati, articoli ereditati a loro volta dalla Costituzione del ’24, che rinforzano il carattere monoetnico dello Stato turco. Una Costituzione che nel nome dei curdi sarebbe invece un primo passo sulla strada per una pace duratura e democratica, ma non sembrano esserci segni di un’effettiva apertura ai curdi del governo di Ankara.

Infatti, mentre cominciano i lavori per la scrittura della nuova Costituzione turca, le trattative per il cessate il fuoco con il PKK rimangono in stallo. Nulla di nuovo sul fronte orientale, dove gli attacchi dei droni turchi sono continuati negli ultimi mesi, sia al confine siriano sia nei territori occupati dalla Turchia di Afrin, Ras al-Ayn e Tel Abyad. Ankara detiene i territori del nord della Siria, e starebbe inviando dei mercenari nella zona per esacerbare l’instabilità, oltre a impedire attivamente ai rifugiati curdi di far ritorno in quei territori. Gli atteggiamenti del governo di Ankara sembrano essere gli stessi dei precedenti cessate il fuoco portati avanti unilateralmente dal PKK: gli attacchi e le violenze sulla popolazione curda proseguono, il governo sostiene che la guerra non può finire finché “i terroristi continuano ad essere in circolazione”, e i negoziati per la pace effettiva e duratura vengono ritardati ad oltranza.

Nel frattempo, Erdogan si trova alle strette in aula parlamentare. Il partito a maggioranza curda DEM lo accusa di portare avanti una campagna per disfarsi di tutti i suoi avversari politici per le recenti incarcerazioni di diversi sindaci del partito di opposizione. Il sindaco di Istanbul del CHP Ekrem İmamoğlu non è infatti l’unico sindaco ad essere stato incarcerato negli ultimi mesi: Hakan Bahçetepe, Hasan Akgün, and Utku Caner Çaykara, sindaci di, rispettivamente, Gaziosmanpaşa, Büyükçekmece  e Avcılar, tutte municipalità all’interno di Istanbul, sono stati arrestati nelle scorse settimane. L’AKP ha quindi preso il controllo dei seggi alla municipalità di Istanbul precedentemente assegnati a membri del CHP, sollevando nuove preoccupazioni sulla rappresentanza democratica locale e sulla possibile erosione delle roccaforti dell’opposizione nella città più grande della Turchia. Perdipiù, il Presidente turco è stato accusato di corruzione sistemica da Özgür Özel, leader del partito d’opposizione CHP.  Özel ha citato una serie di report della Corte dei Conti turca e di denunce penali presentate contro i comuni guidati dall’AKP, tra cui Fatih, Bayrampaşa e Bahçelievler a Istanbul. Ha affermato che questi dossier documentano gravi irregolarità che spaziano da pagamenti illegali ai funzionari comunali alla gestione di attività commerciali senza licenza su terreni pubblici. La tensione tra i due partiti è ovviamente cresciuta dall’arresto del sindaco di Istanbul, e non sembra dar segno di placarsi. Inoltre, l’assenza di un cessate il fuoco da parte della Turchia con il PKK potrebbe causare una ripresa delle armi da parte di quest’ultimo, a meno che la Turchia non mandi un segnale forte di volontà di riappacificazione, come una nuova Costituzione che riporta in sé la centralità della componente della società civile curda, oltre che quella turca, all’interno del Paese. In altre parole, la proposta di Erdogan per una nuova Costituzione non potrebbe apparire in tempi più sospetti, tra accuse di corruzione, proteste che divampano in tutto il Paese, e una gestione autoritaria dell’opposizione politica interna.

Chiara Caria

Chiara Caria è una laureanda in Global Cultures (laurea magistrale, Università di Bologna) e Comunicazione Giornalistica, Pubblica e D’Impresa (laurea magistrale, Università di Bologna), laureata in Mediazione Linguistica Interculturale per Interpreti e Traduttori (laurea triennale, Università di Bologna). Interessata a questioni di geopolitica, conflitti globali e diritti umani, collabora con Social News e altre riviste. 

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