
Foto di: Beatrice Selice, Parco dei laghi di Suviana e Brasimone, 24 maggio 2024
Le emergenze climatiche rappresentano ad oggi una delle principali tematiche del nostro secolo, fonte crescente di incertezza e vulnerabilità per tutte le società.
Le dimensioni del fenomeno hanno raggiunto attualmente una portata globale, impattando ogni genere di insediamento antropico a qualsiasi latitudine.
In tali contesti critici, quali nella maggior parte delle casistiche effetti più o meno diretti della crisi climatica, ai fattori tradizionali di vulnerabilità come la precarietà lavorativa, le condizioni di salute instabili e il basso reddito, si affiancano anche ulteriori fattori fonte di svantaggio sociale derivanti dall’ambiente biofisico in cui i soggetti sono ubicati.
Intense piogge e cicloni, periodi di siccità prolungati, fenomeni di desertificazione e degrado ambientale unito all’innalzamento del livello del mare figurano come i principali eventi meteorologici estremi, identificati dalla UNHCR[1], che a causa del loro verificarsi creano ulteriori forme di svantaggio ai danni della popolazione colpita, inasprendo i fattori di vulnerabilità già presenti.
I nuovi fattori di vulnerabilità concorrono quindi ad un generale peggioramento delle condizioni di vita della popolazione, soprattutto per coloro che risultano già soggetti a svantaggi tradizionali. La maggior esposizione ai rischi ambientali unita alla presenza di tali vulnerabilità tradizionali si accompagna inoltre ad una minor capacità di reagire alle conseguenze derivanti[2], nonostante vengano loro imputate quote inferiori di emissioni climalteranti[3], sollevando riflessioni concernenti la forte relazione tra giustizia sociale ed ambientale.
A fronte di tali implicazioni, il lavoro degli operatori sociali, già rivolto da anni nell’elaborazione di valutazioni multidimensionali che tengono in considerazione sfere afferenti tanto alla dimensione individuale, quali bisogni, capacità e aspetti di natura biologica, psicologica nonché socio-relazionale, quanto all’ambiente psico-sociale in cui gli individui sono ubicati, è perciò oggetto di ponderazioni circa il possibile ampliamento delle loro competenze.
Recenti studi in materia, sollevano infatti l’attenzione su come in una prospettiva relazionale[4] sia ad oggi più che mai necessaria l’introduzione di criteri valutativi riguardanti i rischi ambientali e le possibili modalità di contrasto[5].
Le valutazioni, integrando una prospettiva ambientale, s’impegneranno nel tener conto di fattori come l’esposizione a fonti inquinanti e a rischi ambientali, valutando quindi sia i criteri direttamente imputati ad attività umane così come ad eventi naturali, seppur vi si possa trovare ugualmente una correlazione più o meno diretta alle attività antropiche.
La valutazione dei fattori di svantaggio che ricadono nella dimensione ambientale appare per questo fortemente intrecciata alla questione abitativa, senza dimenticare la rilevanza che l’area di residenza possiede in contesti di realizzazione di grandi opere architettoniche, come complessi industriali ed infrastrutture, oppure al verificarsi di condizioni climatiche estreme, a titolo esemplificato in caso di alluvioni la vicinanza a corsi d’acqua, che non consentono un pieno godimento in particolare del diritto alla salute.
In tal senso la valutazione multidimensionale va a determinare lo stato di salute, nel senso più ampio del termine, di una popolazione, identificando la condizione di benessere di un individuo nel suo “stato di benessere fisico, mentale e sociale e non semplice assenza di malattia”, come riportato dall’OMS nel 1946, individuando la catena di fattori, quali Determinanti della Salute, che al loro combinarsi generano forme di svantaggio contrastabili solo attraverso approcci integrati.
L’apertura di tali nuove frontiere per il lavoro sociale ed i suoi operatori, conferisce alla questione ambientale, intersecandosi ad altre sfere già note, pieno titolo nel divenire a tutti gli effetti parte integrante di riflessioni di welfare, in particolare afferenti alla dimensione locale.
I nuovi aspetti ambientali indagati si affermano infatti come fenomeni localmente circoscritti e profondamente differenziati a seconda del contesto territoriale presente, in termini sia ambientali che concernenti l’offerta welfaristica nonché la struttura dei bisogni della popolazione residente, rispecchiando quindi le caratteristiche tipiche delle considerazioni afferenti alla dimensione locale del welfare sociale.
A fronte di quanto appena esposto, sarà perciò fondamentale nei prossimi anni accompagnare l’ampliamento delle competenze degli operatori sociali in materia ambientale attraverso nuove linee guida, obiettivi congiunti e strumenti operativi volti ad includere considerazioni ambientali in una prospettiva olistica multidimensionale, identificando e regolando dispositivi di welfare con il fine di aprire nuove finestre, punti di osservazione sul mondo, circa l’impatto che l’ambiente circostante possiede nel determinare il benessere degli individui.
[1] https://www.unhcr.org/it/ambiente-catastrofi-naturali-e-cambiamenti-climatici/crisi-climatica-emergenza-umanitaria/
[2] Villa, M. “Crisi ecologica e nuovi rischi sociali: verso una ricerca integrata in materia di politica sociale e sostenibilità”, 2020
[3] Mandelli, M. in Riva, P. “I legami tra cambiamento climatico e welfare”, 2022
[4] Folgheraiter, F. 2011, “Fondamenti di metodologia relazionale”, Erickson, Trento
[5] Busacca, M.; Da Roit, B.; Matutini, E., “Il lavoro sociale nella crisi ecologica”, 2023