Il libro per molti è superato: vecchio concettualmente, ingombrante, limitato. Sono tutte critiche, nell’età dei telefoni tuttofare o di computers telefonici, se preferite, che hanno una loro ragione d’essere, per quanto limitata. Il difetto principale del libro sembra essere la sua “lentezza”, in un’epoca in cui il tempo si è ristretto. Oggi ci manca il tempo, non ne abbiamo mai abbastanza ma, forse, è solo perché ne occorre troppo anche per fare le cose più semplici.
Partendo dall’assunto che, anche in un futuro remoto, leggere sarà comunque necessario, a meno che non si inventino altri metodi di acquisizione cognitiva, il primo quesito che ci si pone è: come si legge oggi e cosa si legge, quesito che, a sua volta, si porta dietro un’altra domanda: come si leggerà in futuro e cosa si leggerà. L’incognita è particolarmente complessa, perché comprende una serie di variabili difficilmente risolvibili con ragionevoli margini di certezza. Va, intanto, distinta l’attività di lettura in sé ed il supporto fisico che la consente, che può essere di tipologia ed azionabilità molte diverse, allo stato attuale, e pressoché imprevedibili nelle proiezioni future. Riguardo al supporto, quello più tradizionale e connaturato all’esperienza storico-esistenziale dell’uomo è il libro. Indubbiamente, il libro, nella sua accezione più banale, il libro cartaceo di formato e consistenza fisica quanto mai varia, è il supporto più diffuso ed idoneo a veicolare informazioni di qualsiasi natura: che sia di argomento scientifico, letterario, romanzesco, che sia un testo scolastico o una rara edizione numerata di soggetto artistico, il libro è il terminale a cui rivolgiamo le nostre istanze per accedere alla conoscenza ed all’informazione, al semplice divertimento o passatempo, a ricerche professionali di ogni livello di approfondimento. Ma, per molti, il libro è superato: vecchio concettualmente, ingombrante, non facilmente “operabile”, limitato. Sono tutte critiche, nell’età dei telefoni tuttofare o di computers telefonici, se preferite, che hanno una loro ragione d’essere, per quanto limitata.
Il difetto principale del libro sembra essere la sua “lentezza”, in un’epoca in cui il tempo si è ristretto. Oggi ci manca il tempo, non ne abbiamo mai abbastanza, ma, forse, è solo perché ne occorre troppo anche per fare le cose più semplici. Tutte le possibili critiche, comunque, rivelano un vizio d’origine comune, rappresentato dalla confusione tra “informazione” e “lettura”. Certo, per l’informazione c.d. “di consumo”, il libro non è adatto, è lento, ma non è lo strumento giusto. Oggi si naviga su Internet e su mille altri supporti che ci forniscono il necessario in tempo reale (non sempre, a dire il vero). Il libro ha un altro scopo: stabilire un contatto, consentirci un dialogo con altro da noi; metterci in condizione di apprendere, confrontare le nostre cognizioni, verificarle, cambiarle, se necessario. Oppure divertirsi, e vivere altre dimensioni, non necessariamente oniriche, ma tanto più interessanti quanto più sconosciute. La lettura di un libro arricchisce ciò che abbiamo dentro, questo è certo. L’informazione è però necessaria, il libro, forse, no. Anche questo si sente dire, ma sarebbe come affermare che per vivere è sufficiente soddisfare i bisogni fisiologici primari ed immediati. È vero, ma tutti sappiamo che è una ben misera e parziale verità. La vera ricerca si fa ancora sui libri, nasce dal confronto dei contenuti, dalla nostra capacità di elaborazione, concettuale e deduttiva, la quale necessita di quella completezza che solo il libro può fornire. Il libro offre anche altro, che non è nella dote dell’informazione elettronica: è molto più duttile, è più facilmente e completamente fruibile, ha maggiore evidenza e, non ultimo, stanca di meno.
E il libro in formato elettronico? I “biblioparchi” di Amazon, le biblioteche digitali di Google e altri, soppianteranno il vecchio strumento cartaceo? Io dico di no, e per le stesse ragioni che ho esposto prima. Se devo studiare, passerò da un testo all’altro, usando le parti più significative; è più difficile (quando non impossibile) farlo col formato elettronico. Non si possono mettere i segnalibri! Se leggo per divertimento, il libro lo porto in tasca, lo appoggio sul comodino. Forse, data la crescente miniaturizzazione, potrò farlo anche con i sistemi elettronici, ma non potrò “fargli l’orecchio”. Sembra una banalità, ma vi prego, provateci! La mia esperienza, quasi trentennale, ancora oggi mi dice che il supporto elettronico si usa come base o complemento del testo tradizionale, non al suo posto. D’altra parte, è vero o no che i telegiornali non hanno soppiantato i quotidiani? È una questione di personalizzazione del rapporto: leggo tutto, ma sono io a scegliere su cosa soffermarmi e cosa approfondire… non il telegiornalista. E allora, perché oggi si legge di meno? Intanto perché non siamo mai stati un popolo di lettori, neanche quando il libro dominava, in assenza di alternative. Poi perché ad una produzione di dimensioni più che consistenti, ma non di pari qualità, non corrisponde un’adeguata capillarità della distribuzione. I libri, inoltre, costano, e questo è un punto che meriterebbe una riflessione più approfondita, anche se, personalmente, preferirò sempre spendere qualche euro in più per comprare un libro, tenerlo nella mia libreria ed andare a riprenderlo quando voglio, piuttosto che risparmiare per averlo disponibile per un po’ di tempo sullo schermo del mio I pod. Si legge di meno anche per i problemi che affliggono l’universo delle strutture deputate alla lettura: le biblioteche, ma qui si finisce su un terreno minato.
Purtroppo, non è affatto difficile imbattersi in molta letteratura qualunquista o sentir pontificare i soliti bene informati, più banali che mai, grazie ai quali si apprende che in America le biblioteche sono aperte fino a mezzanotte, in Francia si danno i libri in lettura in meno di tre minuti, in Inghilterra e Germania, oltre ai libri, offrono anche il caffè ai lettori. Ogni volta che la sorte ha voluto riservarmi il piacere di una replica diretta, mi sono sempre reso conto che si trattava solo di luoghi comuni, espressi acriticamente. In qualche caso, un fondo di verità c’è, ma è offuscato dalla disinformazione: la situazione delle biblioteche italiane non è neanche lontanamente paragonabile a quella delle biblioteche straniere, in particolare del mondo occidentale e, in ogni caso, per capacità professionale, tecnologie e patrimonio culturale posseduto, il nostro Paese non è secondo a nessuno. Il discorso cambia radicalmente se parliamo di risorse ed investimenti. Ma torniamo all’argomento lettura, a quale sia il ruolo a cui sono chiamate le biblioteche per incentivarla, rispondendo, così, anche a quelle finalità di educazione e formazione diffusa e permanente, poste alla base della loro stessa esistenza storica. Se una critica si può fare, è che, ancora oggi, le biblioteche “aspettano” il lettore. Non fanno niente per “adescarlo” (mi scuso per il termine). Il lettore che va verso la biblioteca è già altamente motivato di suo. La biblioteca deve imparare ad andare verso il lettore, quello motivato più moderatamente, e risvegliare in lui l’interesse per la conoscenza. Facile a dirsi, ma non affatto facile da ottenere. La biblioteca dovrebbe dotarsi, innanzitutto, di tutto il materiale che attira ed interessa, quale riviste, giornali, novità editoriali. Dovrebbe semplificare ed informalizzare l’accesso alle unità bibliografiche. Se possibile, dovrebbe organizzare un servizio che esternalizzi la disponibilità del suo posseduto, da tenere sempre aggiornato. Anche l’organizzazione di eventi legati alla cultura ha fornito spesso buoni risultati. Molte di queste modalità sono già state tentate, ma singolarmente, sperimentalmente, non con approccio sistemico e con un supporto comunicativo adeguato. È una strada che andrebbe percorsa con ben altra convinzione e, soprattutto, con la mentalità di chi vuole investire nella crescita culturale della comunità sociale, i cui frutti non sono rapidi da cogliere, ma, certo, sono migliori e più duraturi di quelli di “rapido consumo”. Ma questo, le biblioteche, da sole, non possono farlo.
Osvaldo Avallone
Direttore della Biblioteca Nazionale Centrale di Roma