Quando leggiamo, ci troviamo di fronte ad un fenomeno apparentemente contraddittorio: siamo soli e, al contempo, posti dinanzi al pensiero di un altro. È questa, per altri versi, una manifestazione del “potere del testo”. Nel suo essere predisposto per una comunicazione a distanza, e nel contatto con il pensiero altrui, il lettore riesce come ad entrare in comunicazione con se stesso. Riesce, per così dire, a pensare in presenza dell’altro.
In Finzioni – la raccolta di racconti di Jorge Luis Borges, tradotta in Italiano nel 1955 da Franco Lucentini per Einaudi – è una specie di apologo, ripreso come sottotitolo del libro: La Biblioteca di Babele. Il narratore racconta di aver peregrinato, in gioventù, alla ricerca di un libro “catalogo dei cataloghi”, un libro-biblioteca, totale, universale. Al di là del carattere paradossale della fantasia borgesiana, forse, nel nostro tempo, vi sono le condizioni perché un tale libro possa essere prodotto. L’iPad, in fondo, non è questo? Ciò rimanda ad un topos strategico della nostra civiltà: la relazione libro-lettura. Ovvero, non c’è esperienza più formativa del confronto tra due coscienze dialoganti nelle pagine di un libro, chi ha scritto e chi leggerà. È per questo che il libro riveste tuttora un ruolo insostituibile, né l’enfasi posta sulle “nuove tecnologie” può scalfire questo primato cognitivo. Anzi, è quanto mai auspicabile un fertile rapporto tra il libro e le reti informatiche: un abbraccio, per dir così, tra la galassia Gutenberg e la galassia Marconi, come avrebbe detto Marshall McLuhan, tra la scrittura e la moltiplicazione degli effetti comunicativi indotti dai percorsi multimediali. Con Internet, il libro e la biblioteca sono accessibili più facilmente. L’invenzione della stampa (all’inizio della periodizzazione storica della modernità) non ha fatto che rendere più esplicita la tendenza. Da allora, la scrittura può dirsi “realizzata” nella sua più autentica aspirazione: essere proiettata verso la fruizione silenziosa di un pubblico potenzialmente infinito. È questo il “miracolo” della scrittura, sin dalle sue origini: vivere in una comunicazione senza limiti di spazio (può contestualmente arrivare dappertutto) e di tempo (può diacronicamente interessare generazioni successive). Ed è per questo che il rapporto libro, lettura, biblioteca, continua ad essere fondamentale. Nell’esperienza della lettura – come spiegava il giovane Marcel Proust – risiederebbe una forma d’iniziazione alla “vita interiore”. “Quando si legge – osservava il commentatore di Ruskin – si riceve un altro pensiero, e tuttavia si è soli, si è in pieno fervore della mente, in piena ispirazione, in piena attività personale: si ricevono le idee di un altro, in ispirito, vale a dire con verità, ci si può dunque unire ad esse, si è quell’altro eppure non si fa che sviluppare il proprio io con maggiore varietà che se si pensasse da soli, si è sospinti da altrui sulla propria strada”. Come il narratore dichiarerà al termine del suo lungo tragitto narrativo, ricorrendo alla metafora dello “specchio interiore”, i lettori della Recherche sarebbero stati solo “lettori di se stessi”. La stessa opera dello scrittore non sarebbe altro che “una sorta di strumento ottico ch’esso offre al lettore per permettergli di scorgere ciò che forse, senza il libro, non avrebbe veduto in se stesso”. Quando leggiamo, ci troviamo di fronte ad un fenomeno apparentemente contraddittorio: siamo soli e, al contempo, posti dinanzi al pensiero di un altro. È questa, per altri versi, una manifestazione del “potere del testo”. Nel suo essre predisposto per una comunicazione a distanza, e nel contatto con il pensiero altrui, il lettore riesce ad entrare in comunicazione con se stesso. Riesce, per così dire, a pensare in presenza dell’altro. In tale situazione, sperimentiamo di essere sospinti su una strada che riconosciamo come nostra, ma da una voce al cui influsso non sappiamo sottrarci. È così che Sesamo, la parola magica, diventa la metafora della lettura che apre le porte di quei tesori nei quali è racchiusa la verità. Ed è per questo che il libro continua ad essere un momento cruciale della nostra cultura e delle sue molteplici strategie formative.
Marco Macciantelli
Dottore di ricerca in Estetica