Negli ultimi tre mesi, su Amazon, le vendite di e-book hanno superato le vendite di libri a copertina rigida. Ma l’aumento vertiginoso delle vendita di libri elettronici non stupisce anche per un altro motivo: l’e-book, infatti, esiste solo virtualmente, ed è molto facile e vantaggioso vendere qualcosa che non c’è, perché non ha peso, e soprattutto, può svanire da un momento all’altro.
Euforia e propaganda: due fenomeni che dovrebbero farci alzare il sopracciglio prima di abbracciare con entusiasmo un cambiamento. E il caso degli e-book ne è un esempio perfetto. Digitalizzare i libri ha sicuramente i suoi meriti: con un piccolo oggetto, del peso di appena duecento grammi, posso avere a mia disposizione un’intera biblioteca, leggere un libro o interrogare migliaia di pagine senza doverle nemmeno sfogliare. Non parliamo dei vantaggi per gli autori, che possono pubblicare così i propri scritti, saltando la filiera dell’editoria tradizionale, e degli editori stessi, soprattutto quelli più piccoli, che possono tagliare drasticamente i costi e annullare i problemi di distribuzione. Ma, come sempre, l’euforia e la propaganda del mercato mettono in ombra i diversi ‘però’ che la digitalizzazione del libro solleva. Dimentichiamo per un attimo il legame affettivo che abbiamo contratto con la carta durante i secoli e tutte le reazioni che possono essere catalogate sotto la voce ‘resistenza al cambiamento’. Vedremo, allora, come, allargando la prospettiva oltre l’entusiasmo del momento, sostituire il libro di carta con quello digitale potrebbe avere conseguenze deleterie per la conservazione e la trasmissione del sapere. Negli ultimi tre mesi, su Amazon, le vendite di e-book hanno superato le vendite di libri a copertina rigida. Una notizia che non stupisce, vista l’enorme spinta propulsiva degli e-book reader, come il Kindle dell’Amazon stessa, e il lancio in grande stile dell’iPad. Ma l’aumento vertiginoso delle vendite di libri elettronici non stupisce anche per un altro motivo: l’e-book, infatti, esiste solo virtualmente, ed è molto facile e vantaggioso vendere qualcosa che non c’è, perché non ha peso e, soprattutto, può svanire da un momento all’altro. Il file che scaricate dalla rete, infatti, non è un libro, ma una sequenza di 0 e di 1 che deve essere convertita da un dispositivo che lo processi secondo lo standard in cui è stato codificato (quello attualmente più utilizzato per gli e-book è il formato e-pub).
Ora, si dà il caso che sia il dispositivo, sia lo standard non siano eterni, ma abbiano vita assai breve anche rispetto ad un fragile volume cartaceo. Il problema non è il singolo esemplare, che può andare distrutto in ogni caso, ma la sua esistenza come oggetto tecnologico: anche se non si stampassero più i libri, nulla ci impedirebbe di leggere un vecchio volume. Viceversa, il giorno in cui il Kindle ed il formato e-pub non saranno più supportati, cosa accadrà del nostro dispositivo e di tutti gli e-book che abbiamo acquistato? Possediamo tavolette di argilla risalenti a migliaia di anni prima di Cristo e siamo riusciti a decifrarle, ma dubito che un Kindle o un iPad possano essere onorati dalla stessa longevità. Troppo complessi e delicati, troppo soggetti a variabili ambientali, energetiche e tecnologiche per poter affrontare i secoli continuando a funzionare. Basterebbero anche solo dieci anni ed il nostro iPad zoppicante potrebbe rimanere sprovvisto di assistenza tecnica. Non ci rimarrebbe, allora, che cambiarlo con ciò che il mercato offrirà in quel momento. Ma – è una sorpresa? – gli standard saranno cambiati, il formato e-pub ormai obsoleto. Saremmo costretti a riacquistare l’intera biblioteca che già credevamo di possedere. Tutto ciò è successo, succede e succederà: non ci hanno fatto ricomprare tutti i dischi che avevamo in cd dicendoci che questo formato sarebbe durato in eterno? Tra qualche anno, visto il declino del supporto, potrebbero addirittura scomparire i lettori anche dai pc, proprio come sono spariti i floppy-disk. Lo stesso è successo con il passaggio dal VHS al DVD, ed ecco spuntare il Blue Ray, che ci costringe non solo a cambiare lettore e supporto, ma anche a comprarci un televisore HD. L’evoluzione tecnologica e le esigenze del mercato di mangiare anche se stesso vengono ormai accettate come naturali. Le persone comuni continueranno a fare la fila davanti agli Apple store non appena uscirà il nuovo giocattolo hi-tech per sostituire quello che già possiedono, anche se funzionante. Se però proviamo a guardare dall’esterno questa logica, apparirà tutta la sua aberranza. Proviamo, allora, ad allungare la prospettiva e valutare le conseguenze per la trasmissione e la conservazione della conoscenza. In fondo, digitalizzare il libro dovrebbe avere anche questo scopo.
Se tra diecimila anni un archeologo ritrovasse un file e-pub, sarebbe pressoché impossibile risalire al testo che contiene, a meno che, nel frattempo, non si sia deciso di mantenere in vita quel formato per tutti i secoli – ipotesi peraltro inconcepibile. Altrimenti, le probabilità di riuscire a risalire al libro da quella sequenza di 0 e di 1 sono pressoché nulle. La differenza tra analogico e digitale è netta: l’analogico è molto più facile da decodificare perché è immediato, intuitivo, stabilisce un legame diretto con le cose. Il digitale è legato indissolubilmente alla tecnologia e al codice che l’ha creato: senza l’interfaccia giusta, è impossibile risalire al documento che contiene. Ricavare del suono da un disco di vinile è relativamente facile. Da un file mp3, invece, giunto indenne attraverso i secoli, non si ricaverebbe proprio nulla. Ma, oltre alle questioni tecniche, la digitalizzazione del sapere solleva anche una questione di natura cognitiva. È comodo avere una biblioteca universale in tasca, almeno fino a quando non ci si domanda cosa ne dobbiamo fare. L’enorme disponibilità di materiale digitale che la rete offre ha già posto l’uomo di fronte ad un problema che la sua psicologia non è in grado di affrontare: troppa informazione equivale a nessuna informazione. Grazie ad internet, oggi c’è chi possiede nel proprio computer discografie e filmografie sterminate, ma ciò non ha prodotto autentici musicofili, né cinefili esperti. Anzi, è vero proprio il contrario: la disponibilità illimitata di materiale comprime i tempi dell’esperienza, superficializzandola. La sindrome compulsiva da zapping, in cui si assaggerà tutto, ma non si approfondirà nulla, è quasi inevitabile: ogni volta che incontrerò una difficoltà o un rallentamento nel ritmo – perché tutto, oggi, deve essere convulso – passerò ad altro, senza mai leggere fino in fondo neanche un libro. Bisogna, poi, essere molto diffidenti della retorica e della propaganda dei profeti del digital divide.
Circola un video su Youtube [http://www.youtube.com/watch?v=BfEXLTd2RVk] in cui Beppe Grillo sostiene che gli e-book reader risolveranno i problemi di istruzione delle popolazioni africane. Non abbiamo già sentito tutto ciò, ad esempio, per le sementi transgeniche e per i PC? Siamo seri: chi sostiene la digitalizzazione non è un filantropo. E poi, a cosa servirebbe inondare di Kindle un continente perlopiù tagliato fuori dalla rete e dove esistono centinaia di milioni di analfabeti? Del resto, uno studio molto recente [http://www.nber.org/papers/w16078] ha invece dimostrato quello che si poteva facilmente immaginare: i ragazzi americani di famiglie disagiate che hanno ricevuto un computer negli ultimi anni peggiorano, invece di migliorare, i propri risultati a scuola, perché passano la maggior parte del tempo a giocare o sui social network, piuttosto che a studiare. Per concludere, vorrei spezzare una lancia a favore del libro di carta. Il motivo per cui molte persone sono riluttanti a rinunciare alla carta stampata potrebbe non essere solo la resistenza al cambiamento o la difficoltà ad adattarsi ad un nuovo mezzo. Sono in molti ad avvertire che un libro stampato su carta offra un’esperienza molto diversa rispetto ad un libro elettronico. C’è qualcosa di più nella carta, qualcosa a cui non riusciamo a dare un nome. Ebbene, secondo un’antica credenza, un libro può trasmettere l’esperienza di chi l’ha scritto anche semplicemente tenendolo vicino a sé. Se un giorno davvero convertiremo tutto al digitale, saremo tutti più poveri interiormente e il libro di carta diventerà un oggetto magico e leggendario, magari contrabbandato a prezzi esorbitanti. E se dietro a tutto ciò ci sia un disegno preciso o la semplice miopia dell’uomo contemporaneo, poco importa.
Fabio Ghioni
Scrittore, saggista e conferenziere.