Nei Paesi industrializzati, gli agenti infettivi tornano ad affacciarsi in modo sempre più minaccioso, emergendo in gran numero come nuove entità o mostrando progressivi fenomeni di adattamento ai presidi antibiotici. La fitta rete di interconnessioni e interdipendenze socio-economiche tra Paesi sviluppati, parzialmente sviluppati e in via di sviluppo, causa una miriade di occasioni di trasmissione delle infezioni.
Malattie rare e malattie neglette hanno registrato, sino a qualche anno fa, uno scarso impegno da parte dell’industria farmaceutica per il limitato commercio di farmaci eventualmente messi a punto. Le malattie rare, pur interessando nel loro complesso un numeroso gruppo di malati, sono caratterizzate da una notevole frammentazione di singole patologie, coinvolgendo ciascuna un limitato numero di soggetti. Le industrie non potevano quindi coprire le elevate spese per le ricerche industriali e per i costi di produzione. Per quanto concerne le malattie neglette (NTDs), largamente diffuse in Paesi poveri, anche in questo caso i costi per realizzare medicamenti efficaci non trovano copertura delle spese eventualmente sostenute da parte di possibili acquirenti privi di disponibilità economiche, sia pure contando su aiuti da parte di Paesi più ricchi. Il loro potenziale mercato è insufficiente per attirare investimenti per la ricerca e lo sviluppo di nuove medicine: su un totale di 1.393 farmaci sviluppati tra il 1975 ed il 1999, solo 13 (1%) hanno riguardato queste malattie. Spesso, i farmaci sono obsoleti, hanno gravi effetti collaterali, sono inefficaci per insorgenza di farmaco-resistenze.
La situazione si è però modificata o, almeno, è in fase di cambiamento. Vi sono difficoltà nell’identificare nuovi farmaci di largo impiego, per cui è ragionevole percorrere nuove strade, si sviluppano ricerche nel settore delle biotecnologie, realizzate prevalentemente nelle Università e in Centri di ricerca, con possibile abbattimento degli elevati costi industriali e, infine, vi è possibilità che metodologie scientifiche necessarie per ottenere prodotti utili per molte patologie rare possano essere utilizzate anche per patologie a più ampia diffusione (markers diagnostici, fasi intermedie per la messa a punto di farmaci, ecc.). Si possono quindi ottenere altre possibili indicazioni terapeutiche, mentre elemento favorevole da considerare è la probabilità di successo misurata per i progetti di ricerca e sviluppo sulle malattie rare: più che doppia rispetto a quella delle patologie più diffuse. Per quanto riguarda le malattie neglette, è da rilevare che ormai anche i Paesi economicamente sviluppati sono esposti alla diffusione di patologie un tempo quasi esclusivamente prevalenti in Paesi economicamente più arretrati. Trattandosi, pertanto, in questo caso, di malattie a notevole diffusione, esse devono essere affrontate in modo organico nell’ambito dei programmi di “medicina globale”.
Lo stesso Presidente degli Stati Uniti d’America ha recentemente fatto presente (Statement by the President on Global Health Initiative) che la trasmissione delle malattie infettive avviene oggi con maggiore rapidità e senza limiti geografici, per cui è indispensabile controllare questa emergenza sanitaria in modo coordinato tra i vari Paesi. Nei Paesi industrializzati, gli agenti infettivi tornano infatti ad affacciarsi in modo sempre più minaccioso, emergendo in gran numero come nuove entità o mostrando progressivi fenomeni di adattamento ai presidi antibiotici. La fitta rete di interconnessioni e interdipendenze socio-economiche tra Paesi sviluppati, parzialmente sviluppati ed in via di sviluppo, causa una miriade di occasioni di trasmissione delle infezioni. Di conseguenza, le malattie infettive si diffondono più rapidamente di quanto si sia mai verificato in passato, come dimostrano i recenti eventi epidemici causati da influenza aviaria, suina, SARS, febbre del Nilo, tubercolosi farmaco-resistente e salmonellosi. Alcune malattie infettive che sembravano limitate ai Paesi in cui sono endemiche rappresentano attualmente un autentico problema per la salute globale. In Europa sono stati riscontrati alcuni casi di Ebola, terribile malattia tropicale finora limitata ad un’aera ristretta dell’Africa centrale.
Sono sempre più numerosi i casi di febbre emorragica “dengue”, febbre gialla e “Chikungunya” (virus trasmesso dalle punture di insetti), malattie endemiche in alcune zone tropicali che vengono oggi importate in Europa e Nord America dagli stranieri e dagli emigranti. Sempre più frequenti, infine, sono i casi di Leishmaniosi. Il Rapporto conclusivo approvato dal Summit dei Paesi del G8, riunitosi a L’Aquila lo scorso anno, sotto la Presidenza italiana, ha previsto specifici interventi da parte degli Stati membri e dei Paesi associati per contrastare in modo organico queste patologie, facendo proprie le risultanze dell’incontro del Gruppo della Sanità composto dai rappresentanti dei Paesi G8 organizzato dal Comitato Nazionale per la biosicurezza, le biotecnologie e le Scienze della Vita della Presidenza del Consiglio dei Ministri, incontro che ha avuto luogo presso il Ministero degli Esteri nel mese di aprile dello scorso anno. Nel corso di questa riunione venne infatti evidenziato il devastante impatto socio-economico di queste patologie che interessano oltre un miliardo di persone in 149 Paesi. Le NTDs sono malattie prevalentemente croniche e possono persistere per decenni, causando una progressiva disabilità nei soggetti affetti.Si manifestano soprattutto in aree rurali e possono compromettere la crescita e lo sviluppo intellettuale dei bambini, riducendo drasticamente la capacità produttiva dei nuclei familiari già ai limiti della sussistenza.
Annualmente, si stima che oltre mezzo milione di decessi sia dovuto alle NTDs ed un numero molto maggiore di morti derivi dagli effetti secondari. Inoltre, se si considerano i disability-adjusted life-years (DALYs), che rappresentano la perdita di anni di vita a causa di una disabilità o per morte prematura dovuta ad una malattia, emerge un quadro nel quale le NTDs rappresentano una delle maggiori cause di riduzione delle aspettative di vita a livello mondiale (57 milioni di DALYs per anno). In Italia è stato quindi approvato, nell’ambito del programma “Industria 2015”, uno specifico progetto sulle “Nuove Tecnologie per le Scienze della Vita”, incentrato su “malattie rare e malattie neglette”, progetto per cui è previsto un finanziamento da parte del Ministero per lo Sviluppo Economico e che potrebbe incentivare attività produttive da parte di aziende italiane in sinergia con Università e Centri di ricerca. Tenuto conto dell’attuale situazione di congiuntura economica, sarebbe importante che questo progetto potesse essere avviato anche per consentire una reale possibilità competitiva alle PMI nazionali ed un impatto sociale di notevole spessore.
Leonardo Santi
Professore Emerito Università di Genova,
Presidente Comitato Nazionale per la biosicurezza, le biotecnologie e le Scienze della Vita,
Presidenza del Consiglio dei Ministri