I risultati ottenuti incoraggiano a continuare nell’applicazione della terapia genica per la cura delle malattie ereditarie della retina. Tale terapia è applicabile nei casi in cui sia noto il difetto genetico e nei pazienti in cui vi sia una persistenza di tessuto retinico normale, tale da poter creare le condizioni minime di accettabilità della copia normale del gene malato.
La terapia genica costituisce un’interessante opportunità nel futuro della cura delle malattie ereditarie della retina. Le malattie genetiche della retina sono prevalentemente malattie “monogeniche”, legate cioè a mutazioni di un singolo gene, da cui deriva la patologia oculare. Il gene malato codifica una proteina anomala, mancante o non funzionante nella retina, coinvolta nello sviluppo del ciclo visivo. L’assenza o il cattivo funzionamento della proteina anomala determina una disfunzione del processo visivo da cui, nel tempo, derivano i disturbi della vista che caratterizzano la malattia. Ad oggi, sono conosciuti circa 60 differenti geni dalle cui mutazioni possono generarsi malattie degenerative della retina, come la Retinite pigmentosa, l’Amaurosi congenita di Leber, le Degenerazioni maculari giovanili e la Coroideremia. Tali malattie causano una precoce riduzione della vista nell’infanzia o nell’adolescenza e progrediscono fino ad una quasi completa cecità in età adulta. Nonostante le numerose ricerche compiute, allo stato attuale della conoscenza, non esiste cura per tali malattie. Una possibilità di trattamento è stata proposta circa due anni fa per l’Amaurosi congenita di Leber, una forma molto severa di retinopatia degenerativa, caratterizzata da un esordio nella prima infanzia e che causa cecità nell’età adulta. Il primo trial clinico di terapia genica applicato ad una malattia oculare è nato dalla collaborazione dell’equipe del Children’s Hospital di Philadelphia, della Clinica Oculistica della Seconda Università di Napoli e dell’Istituto TIGEM della Fondazione Telethon di Napoli. La terapia consiste nella correzione del difetto genetico che è alla base della malattia e che determina la mancanza nella retina di una proteina denominata “RPE65”, fondamentale per lo svolgimento del ciclo visivo.
La terapia genica consiste nell’introduzione nell’occhio della copia normale del gene malato, trasportata da un vettore virale direttamente nel tessuto retinico. Abbiamo trattato, con una singola iniezione oculare, 12 pazienti affetti da Amaurosi congenita di Leber, di età compresa tra 8 e 44 anni. I risultati ottenuti hanno dimostrato l’assoluta sicurezza e tollerabilità della cura ed hanno evidenziato, sopratutto nei pazienti più giovani e nei bambini, un sostanziale miglioramento della funzione visiva, in termini di acutezza visiva centrale, allargamento del campo visivo e sensibilità alla luce. Altro importante risultato è stato acquisire una capacità autonoma di movimento nello spazio, molto evidente nei pazienti più giovani. I miglioramenti visivi comparsi dopo circa un mese dall’iniezione si mantengono inalterati nel tempo, fino a circa 2 anni dalla terapia, nei primi pazienti trattati. I risultati ottenuti incoraggiano a continuare nell’applicazione della terapia genica per la cura delle malattie ereditarie della retina. Tale terapia è applicabile nei casi in cui sia noto il difetto genetico e nei pazienti in cui vi sia una persistenza di tessuto retinico normale tale da poter creare le condizioni minime di accettabilità della copia normale del gene malato. Nel futuro, si spera di poter curare altre malattie degenerative retiniche, come differenti forme di Amaurosi congenita di Leber, Retinite pigmentosa e Degenerazione maculare giovanile di Stargardt.
Francesca Simonelli
Professore Associato, responsabile Centro Studi Retinopatie Ereditarie
Dipartimento di Oftalmologia della Seconda Università di Napoli