Box Telethon (3)

Che cos’è e come si manifesta?

La leucodistrofia metacromatica è una malattia neurodegenerativa progressiva, appartenente al gruppo delle malattie lisosomiali e causata dal deficit di un enzima deputato al metabolismo di una categoria di sostanze chiamate sulfatidi. La malattia è caratterizzata dall’accumulo di sulfatidi in alcuni tessuti dell’organismo, in particolare nella guaina mielinica, una struttura che avvolge le cellule nervose. A seconda dell’età di insorgenza e della gravità dei sintomi, si distinguono quattro principali forme cliniche: tipo tardo-infantile (insorgenza tra i sei mesi e i due anni); tipo giovanile precoce (insorgenza a 4-6 anni); tipo giovanile tardivo (insorgenza a 6-12 anni); tipo adulto (insorgenza dopo i 12-16 anni). Tutte le forme comportano un progressivo deterioramento – anche se di differente gravità – delle funzioni motorie e neurocognitive. Le forme infantili e giovanili sono le più gravi e sono in genere letali.

Come si trasmette?

La malattia è di solito dovuta a mutazioni del gene codificante per l’enzima lisosomiale arilsulfatasi A (Arsa). Si trasmette con modalità autosomica recessiva: i genitori sono portatori sani delle mutazioni ed hanno il 25% di probabilità di trasmettere la malattia a ciascuno dei figli. In alcuni pazienti, il deficit non riguarda l’arisulfatasi A ma un’altra proteina coinvolta nel metabolismo dei sulfatidi (Sap-B).

Come avviene la diagnosi?

Viene effettuata sulla base dell’osservazione clinica e di esami strumentali e di laboratorio, tra cui il dosaggio dell’attività enzimatica dell’Arsa, che può esser effettuato su cellule del sangue o della pelle, il dosaggio dei solfatidi non metabolizzati nelle urine, la misurazione della velocità di conduzione nervosa e l’analisi genetica con ricerca delle mutazioni del gene Arsa. Le tecniche di neurovisualizzazione (tomografia e risonanza magnetica) evidenziano anomalie nella sostanza bianca del cervello. Nelle gravidanze a rischio, può essere effettuata la diagnosi prenatale tramite villocentesi o amniocentesi. Nelle famiglie a rischio, il dosaggio dell’attività Arsa può essere utile per l’identificazione dei portatori sani.

Quali sono le possibilità di cura attualmente disponibili?

Al momento, non esiste una terapia risolutiva. In alcuni casi selezionati, viene proposto il trapianto di midollo osseo o di cellule staminali da cordone ombelicale, che può stabilizzare le funzioni neurocognitive. Nell’aprile del 2010, ha preso il via presso l’Istituto Telethon di Milano la sperimentazione della terapia genica su pazienti ancora asintomatici.

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