Le forme di solidarietà esistono da tempo, ma di volontariato in senso moderno si parla a partire dagli anni ‘70. Da quella spinta di molte piccole, ma diffuse esperienze di impegno nacque un movimento che portò a cambiare il sistema dei servizi sociali e sanitari, ma anche di altri ambiti.
Oggi, in una situazione di crisi economica, si parla molto più spesso di volontariato e si auspica che possa intervenire per affrontare il disagio. Ma cosa si intende per volontariato? Qual è oggi il suo compito specifico ed innovativo nella società italiana? Le forme di solidarietà esistono da tempo, ma di volontariato in senso moderno si parla a partire dagli anni ‘70. Da quella spinta di molte piccole, ma diffuse esperienze di impegno nacque un movimento che portò a cambiare il sistema dei servizi sociali e sanitari, ma anche di altri ambiti. Da un sistema di welfare strettamente a gestione diretta dello Stato e dei Comuni, si è passati, nell’arco di circa 40 anni, ad un sistema sempre più misto, dove la gestione dei servizi è spesso affidata a soggetti del non-profit. Questa situazione ha portato a leggi che hanno sancito una corresponsabilità forte tra istituzioni e corpi intermedi, società civile e mondo del terzo settore. Ma, nello stesso tempo, questa cultura ha aperto la strada della gestione dei servizi anche al profit: in alcuni casi, si sperimentano sistemi dove il mercato e la sua logica della concorrenza dettano legge alla cultura del sistema dei servizi ed alle relazioni nel non-profit. Anzi, la cultura di un’economia improntata all’eccesso di un capitalismo finanziario senza limiti e regole, ha portato al diffondersi di una cultura dell’individualismo, della concorrenza. Una cultura che ha alimentato la possibilità di spendere oggi le risorse di domani, in un sistema che è stato spinto all’indebitamento non come eccezione, ma come prassi. Una prevalenza di un’economia deviata rispetto a quella a servizio della persona, attraverso la creazione di lavoro e ricchezza diffusa. In questo quadro, possiamo evidenziare l’oblio del concetto di interesse generale, bene comune, responsabilità sociale dei cittadini per la comunità intera.
Questi sono principi e valori trasversali, incardinati nella nostra Costituzione, dove si parla di una Repubblica che deve rimuovere gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della persona umana e della necessità, in capo ad ogni cittadino, di adempiere ai doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale. In questo contesto, il volontariato diviene fondamentale. Non solo perché fornisce risposte concrete, immediate, solidali. Anche perché è esperienza concreta di relazione di aiuto, di azione svolta non per l’interesse del singolo, ma per qualcosa che è di tutti, come la salute, le risposte a chi è in difficoltà, i beni comuni, come acqua, aria, verde, arte, cultura. In quest’ottica, praticare volontariato significa “rappresentare”, nel suo significato di raffigurare, testimoniare, simboleggiare, che esiste un bene comune e che vale la pena rispettarlo e, magari, anche di spendersi per esso. Un’organizzazione di volontariato può essere rappresentata come “costruttrice” e “testimonianza concreta” dei concetti difficili e teorici di bene comune, solidarietà, responsabilità dei singoli per la comunità. Così, il volontario fa bene due volte alla propria comunità: la prima quando offre il suo aiuto concreto in un’azione solidale di servizio; la seconda perché testimonia che c’è qualcosa di interesse non individuale, “non di mia proprietà”, per cui vale la pena spendersi. Così rende concreto, visibile, condivisibile un valore. Questo, per me, oggi, è lo specifico del volontariato. Uno specifico essenziale, se riteniamo necessario ed urgente aumentare la coesione sociale delle nostre comunità, ridare ad esse un’identità che non può essere quella delle nostre tradizioni contrapposte a quelle di altri, o quelle della mia sopravvivenza contro quella di qualcun altro, ma un’identità nuova, che si costruisce per condivisione dei valori della comunità, come è stato per lungo tempo nelle culture popolari del nostro Paese, da sempre “meticce”, ma non per questo vuote. Per questo, oggi, le sfide del volontariato, soprattutto quello diffuso, proprio delle piccole e radicate associazioni attive nei paesi e nei quartieri delle aree metropolitane, sono proprio quelle di tornare ad essere produttori di senso, cultura, opinione, valori. Così, diffondendo le esperienze di volontariato, facendo sperimentare ad un numero sempre maggiore di persone che esiste un modo per cooperare, costruire relazioni, realizzare reciprocità, si torna a fare cultura, ad educare, con tanti testimoni e meno soloni.
Non possiamo però lasciare ciò al caso, perché oggi è più complesso promuovere e diffondere il volontariato. Ci vuole un impegno di comunicazione maggiore, organizzazione, accompagnamento delle esperienze. Insomma, non si può lasciare questo percorso alla casualità o alla doppia buona volontà di qualcuno che fa volontariato ed aiuta altri a farlo. Bisogna pensare a mettere insieme le associazioni, e fare in modo che insieme organizzino percorsi di informazione, comunicazione e promozione delle loro esperienze. Devono trovare il modo e le risorse per farlo con i linguaggi moderni delle diverse generazioni di oggi, quella dei più giovani e quella degli anziani che finiscono il ciclo del lavoro retribuito e si affacciano alla pensione con una grande dote di tempo e competenze. Le istituzioni, e chi oggi possiede le risorse ed ha a cuore la coesione sociale dei nostri territori, devono porsi questi obiettivi e pensare, quindi, di sostenere questa sfida del volontariato, non solo per i progetti di attività e di servizio, ma anche per svolgere questo compito educativo e culturale. Una comunità dove qualcuno si preoccupi “di insegnare” la solidarietà, sarà una comunità con basi solide, e quelle risorse conferite alle organizzazioni per continuare ad esistere e impegnarsi a diffondere il loro “essere” costituiranno un investimento per il futuro. Viviamo in una società dove il numero delle persone che, grazie al lavoro, erogano soldi alla comunità è minore di quello di chi, invece, riceve dalle istituzioni le risorse (giovani e anziani). È quindi aumentato il carico sociale. In una società così, serve investire nella solidarietà: è la sfida del volontariato. Solo così non sarà utile soltanto perché lenisce le ferite della crisi economica, ma anche perché cambia le ragioni culturali che hanno determinato la crisi. Ribalta, quindi, i presupposti, provocando una vera inversione di tendenza, quella auspicata anche nell’ultima enciclica del Papa, dove si chiede un maggiore investimento nei beni comuni, nelle istituzioni, nella politica. Nelle istituzioni, però, a servizio della persona, non a servizio dello sfruttamento.
Marco Granelli
Presidente di CSVnet, Centro Servizio VolontariatoLe nuove sfide