Gli 8 maggiori disastri ambientali

Sette sono stati i giorni con i quali Dio ha creato la terra. Otto invece sono i principali disastri ambientali che la stessa terra ha dovuto subire dall’uomo.

Sette sono stati i giorni in cui Dio ha creato il mondo. Otto, invece, sono i principali disastri ambientali che la Terra ha dovuto subire per mano dell’uomo. E’ il noto sito americano Treehugger ad affermarlo, attraverso la stesura di una particolare classifica delle catastrofi ambientali causate dall’uomo.

1) Questa singolare hit parade del “male” vede al primo posto la guerra.
I conflitti sono la causa principale, direttamente ed anche indirettamente, di tante catastrofi. Che si tratti della devastazione causata da armi nucleari o di una pratica antica come spargere sale sulla terra dei nemici sconfitti, la guerra è, per sua stessa natura, distruttiva. Inoltre, i frutti (negativi) della guerra non si raccolgono solo immediatamente: si pensi alle sostanze chimiche che ci lasciano in eredità alcuni tipi di armi.
Queste scorie nuocciono a noi con malattie e malformazioni, ma contaminano anche per decenni l’ambiente, sbilanciando il suo eco-sistema naturale. La guerra è un fenomeno triste, che ci accompagna dalla nascita delle prime civiltà. Le cause sono sempre le solite: problemi legati all’economia, alla religione, alla conquista del territorio e delle risorse primarie. Sarebbe il caso di cominciare ad imparare a lavorare insieme per concentrare l’energia e risolvere i problemi a
chiamato Mondo non imploderà dirompendosi in una crisi lancinante, forse nessuno se ne renderà conto.

2) Al secondo posto troviamo un disastro chimico datato 3 dicembre 1984: Bhopal.
Nella contea di Mavda Pradesh, India, in quel giorno di inizio dicembre vi fu una fuga di pesticidi da una fabbrica della Union Carbide. I morti stimati furono circa 4.000, deceduti in seguito ad una “nebbia mortale” che abbracciò tutta la zona. Più di 50.000 furono, invece, i contaminati, i quali subirono danni gravissimi, come cecità, insufficienza renale e malesseri permanenti degli organi interni. Gli attivisti hanno stimato che, nel corso degli anni, i morti causati indirettamente dall’incidente chimico furono quasi 20.000. Alcuni studi hanno evidenziato gravi insufficienze nelle misure di sicurezza presso l’impianto, compresa la mancanza di valvole di sicurezza per evitare la miscelazione di acqua nelle cisterne, di isocianato e di metile, cosa che ha contribuito prepotentemente alla diffusione del gas tossico.
Inoltre, i depuratori per trattare la fuga di gas sembra fossero fuori servizio per riparazioni. Union Carbide ha sempre sostenuto che l’incidente si verificò a causa di un atto di sabotaggio. Quale sia
sua irrefrenabile voglia di produzione e consumo.

3) Sul gradino più basso di questo nefasto podio troviamo lo scoppio del reattore nucleare di Chernobyl.
Il 26 aprile 1986, durante un test, qualcosa non andò come previsto. Ci fu una reazione nucleare che originò un incendio. Seguì un’esplosione che diffuse nell’aria una quantità di radiazioni 400 volte superiore alla quantità prodotta dalla bomba di Hiroshima. Gli Stati maggiormente colpiti furono Bielorussia ed Ucraina, ma la nube tossica si spinse fino in Irlanda. Le vittime furono 56 e, nel corso degli anni, si verificarono oltre 4.000 casi di cancro. Oggi, in un raggio di 30 chilometri dalla centrale, non vi è più nulla e l’area è totalmente disabitata (anche se alcune persone, incuranti dei rischi, tornarono ad occupare le loro abitazioni). Nel complesso della centrale, ingenti quantità di materiale contaminato sono racchiuse in “sarcofaghi” di cemento. Tali contenitori si stanno deteriorando, accrescendo la preoccupazione delle popolazioni limitrofe. Nonostante la gravità di questo incidente, oggi, in Europa, c’è ancora una classe politica che sostiene il nucleare…

4) Quando si parla di primati tristi, non poteva certo mancare all’appello l’Italia, che occupa il quarto posto: è il 10 luglio 1976 quando una nube di tetraclorodibenzoparadiossina (TCDD) viene rilasciata da una nota fabbrica di pesticidi nel comune di Seveso, Brianza.
Circa 37.000 persone furono esposte ai più alti livelli di diossina mai registrati. La zona circostante l’Icmesa fu investita da diverse sostanze tossiche e cancerogene. Oltre 600 persone furono costrette ad evacuare e diverse migliaia subirono l’avvelenamento da diossina, evidenziando, soprattutto, gravi casi di cloracne. Più di 80.000 animali furono macellati per evitare che le tossine potessero entrare nella catena alimentare. L’incidente è ancora in fase di studio e i dati sull’esposizione alla diossina non sono ancora del tutto chiari. Oggi, il nome di Seveso è usato di routine nel settore europeo della chimica: si tratta di una legge di tutela preventiva. Tutte le strutture che lavorano materiali pericolosi sono tenute ad informare le autorità e a sviluppare e pubblicizzare le misure idonee alla prevenzione degli incidenti.

5) Al quinto posto incontriamo un disastro causato da una petrolifera, la Exxon Valdez.
Il 24 marzo 1989, quando al comando c’era il capitano Joseph Hazelwood, la nave si arenò su Prince William Sound’s Bligh Reef, riversando sulle coste dell’Alaska 40,9 milioni di litri di greggio. La National Oceanic and Atmospheric Administration ha stimato che, tuttora, oltre 26 milioni di litri di greggio ricoprono i fondali oceanici. In seguito a questo incidente mutò il regolamento dei trasporti marittimi: le società armatrici dovettero dotare le navi di doppio scafo.

6) Si posiziona al sesto posto il Love Canal.
Si tratta di un’opera mai portata a compimento e sviluppata da William Love alla fine del 19° secolo. Concepita inizialmente come fonte di energia idroelettrica, è situata nei pressi delle cascate del Niagara. Ma, non essendo mai entrata in funzione, è stata convertita in un’enorme discarica di rifiuti. Nel corso di un decennio vi furono stoccate, da parte dell’azienda americana Hooker Chemicals and Plastics, 21.000 tonnellate di rifiuti chimici, compresi clorurati e diossine. Nel 1953, la Hooker vendette l’opera, al costo di un dollaro, al Board of Education (città di Niagara Falls, New York) e, nell’atto di cessione, declinò ogni responsabilità per danni futuri dovuti alla presenza dei prodotti chimici stoccati. Nel tempo, la zona circostante conobbe un intenso sviluppo, fu densamente popolata, sorsero scuole e servizi. Strani odori, provenienti dagli scantinati, si presentarono fin dagli anni ’60 e aumentarono nel decennio successivo. L’acqua potabile venne contaminata, a causa dell’inquinamento della falda freatica. I liquami tossici filtrarono nel fiume Niagara, tre miglia sopra i punti di prelievo degli impianti di trattamento acque. Le diossine passarono dalla falda ai pozzi ed ai torrenti adiacenti. Il rapporto federale del novembre 1979 concluse che le probabilità di contrarre il cancro da parte dei residenti risultavano pari al 10%.

7) E’ la Great Pacific Garbage Patch ad occupare il settimo posto.
Si tratta di un vortice marino fonte di inquinamento, capace di attirare i rifiuti. Questo singolare fenomeno è localizzato nell’area del Pacifico compresa fra il Giappone e le isole Hawaii. La maggior parte dei rifiuti è di plastica ed è oggetto di continui monitoraggi da parte di esperti e studiosi. Si spera di poter trovare un modo per risolvere il problema, ma, finora, si è ancora, paradossalmente, in alto mare.

8) Chiude questa singolare classifica la Mississippi Dead Zone.
Quando uno studio dell’Università di Santa Barbara rilevò che il delta del Mississippi era il più inquinato del mondo (peggio di quello di Gange e Mekong), gran parte della popolazione statunitense rimase scossa. Molte aziende si trasferirono facendo del delta del maggior fiume d’America una vera e propria zona deserta. Alcuni studiosi hanno affermato che è necessario ridurre del 45% la presenza di azoto, in modo tale da non continuare a distruggere la vegetazione e sperare che l’ecosistema possa ritrovare un suo equilibrio.

Alessandro Ribaldi
GreenMe.it, testata on-line vicino all’universo dell’ecosostenibile

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