Mission (not) impossible

La formazione rivolta ai Poliziotti Penitenziari, dovrà instillare principalmente il senso alto di legalità e la consapevolezza della titolarità di un ruolo e di competenze peculiari che differiscono sostanzialmente da quelle delle altre forze di Polizia.

In un momento di grande difficoltà, qual è quello attuale, la formazione permanente di tutto il personale di Polizia Penitenziaria è cruciale e di particolare rilievo. Nessun’opera di formazione permanente che accompagni tutto il personale “dalla culla alla bara” sarà efficace se non si abbinerà ad una politica del personale che rafforzi il senso di appartenenza, la consapevolezza del mandato che, per legge, occorre realizzare e, soprattutto, che promuova una sostanziale cultura della legalità. Le misure in tal senso adottabili potrebbero essere diverse, agire su aspetti significativi della vita quotidiana dei lavoratori, ed inevitabilmente ripercuotersi sul loro vissuto quotidiano. In particolar modo, occorre operare sul versante dell’edilizia abitativa per consentire a Poliziotti Penitenziari e personale di fruire di alloggi ad un prezzo di mercato accettabile. Si permetterebbe, così, un radicamento sul territorio significativo. È necessario, poi, allestire asili nido ricavati all’interno di locali idonei delle strutture penitenziarie per i figli del personale penitenziario ad un prezzo contenuto e strutturare una mensa di servizio adeguata, senza rigide differenziazioni, che consenta anche un momento piacevole di pausa e di dialogo tra il personale. A ben guardare, queste misure, sebbene gravate da un costo, determineranno, nel tempo, benefici ben maggiori in termini di minor assenze per malattia e resa in servizio. Rafforzeranno il senso di appartenenza e l’orgoglio di far parte di un’Amministrazione che ha a cuore il benessere del proprio personale. La metodologia del benessere organizzativo deve diventare una pratica costante nell’organizzazione del personale, fatta di cose concrete, visibile, e non oggetto di corsi e postulati formativi fini a sé stessi. La prassi e le più avvedute tecniche di gestione del personale provenienti da oltre oceano (Miscrosoft docet) testimoniano la grande importanza che le aziende più illuminate (e produttive) riconnettono alla creazione di un clima aziendale piacevole e sereno, proteso alla massima interazione ed immedesimazione tra lavoratori e azienda.

Le aziende cercano di creare un clima orientato in tal senso consce del fatto che, così operando, si rafforza la mission ed il legame imprescindibile che deve necessariamente intercorrere con il più importante fattore produttivo: il personale. A ciò deve tendere la formazione, che deve cogliere, saper orientare, motivare e preparare il proprio personale, soprattutto in un contesto come quello penitenziario, contrassegnato da un’altissima conflittualità. Occorre però evidenziare che, attualmente, la Formazione penitenziaria risulta stratificata, burocratizzata, priva di una “cabina di regia” centralizzata, foriera di confusione e di azioni formative a “macchia di leopardo”. Operano contemporaneamente, seppure su diversi livelli, due “Agenzie” formative: l’Istituto Superiore di Studi Penitenziari, con sede in Roma, che cura, tra l’altro, la formazione e la specializzazione del personale direttivo e dirigenziale (in quest’ultimo caso, di concerto con la Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione) dell’Amministrazione Penitenziaria e definisce la programmazione triennale della Formazione e l’Ufficio IV , incardinato nella Direzione Generale del Personale e della Formazione del D.A.P, che si occupa della formazione residua. Accanto a tali “Agenzie”, operano contemporaneamente i Provveditorati Regionali dell’Amministrazione Penitenziaria. Quali organi decentrati dell’Amministrazione Penitenziaria, in relazione alle analisi dei fabbisogni regionali, anche questi realizzano una propria attività formativa, che può diversificarsi da Regione a Regione. Infine, ed in via residuale, con un ruolo del tutto svilito e meramente esecutivo, operano le nove Scuole Di Formazione e Aggiornamento del Corpo di Polizia e del Personale dell’Amministrazione penitenziaria, ubicate a Verbania, Cairo Montenotte, Parma, Sulmona, Roma/Via di Brava, Portici, Aversa, Catania e Monastir.

Si occupano dei corsi di formazione finalizzati all’inserimento del personale immediatamente dopo l’assunzione e dei corsi e seminari di aggiornamento volti a fornire maggiori elementi di conoscenza generale e professionale. Si assiste sempre di più ad uno svilimento di competenze delle Scuole di Formazione, che non possiedono alcuna autonomia e possono solamente proporre progetti sulla scorta dei finanziamenti assegnati. I progetti devono comunque essere vagliati ed approvati da tutti gli Uffici suddetti, secondo le rispettive competenze. Accade sovente che un medesimo progetto formativo multiprofessionale, che preveda la partecipazione del personale direttivo, dirigenziale e di altri ruoli e profili, presentato dalla Direzione di una Scuola di Formazione, riceva l’avallo di un’“Agenzia”, ed osservazioni, talvolta insuperabili, dell’altra “Agenzia”, a riprova di una mancanza di strategia formativa comune e di un’antinomia metodologica che denota, talvolta, una spiccata autoreferenzialità. Anche il personale ivi assegnato non gode di una particolare specializzazione e formazione. In alcuni casi, anzi, viene “parcheggiato“ nelle Scuole di Formazione per motivi di opportunità “a tempo determinato”. Poi, come spesso avviene, niente è più continuativo del provvisorio! Confermando quale “prassi acquisita” la formazione decentrata, portando cioè la formazione nei servizi penitenziari decentrati, l’I.S.S.Pe. ha di fatto esautorato ancor di più la fondamentale funzione formativa e la pluriennale esperienza delle Scuole di Formazione dell’Amministrazione Penitenziaria nelle realtà regionali in cui sono operative. Ha consentito ai Provveditorati Regionali di svolgere corsi formativi anche all’interno dei singoli penitenziari, con effetti sicuramente negativi e devastanti sul piano formativo, in quanto i corsi sono svolti in contesti non ideali per la formazione.

Ha consentito anche di utilizzare strutture esterne, con un esborso suppletivo di costi non in linea con il principio legale di economicità che l’azione amministrativa deve perseguire necessariamente nel proprio agire. Sul piano del danno erariale, le ricadute sono evidenti. In alcuni casi, quando il corso si è svolto in un Penitenziario, il personale è stato momentaneamente distolto dal corso ed impiegato in servizio per esigenze contingenti. Si è così vanificata e sminuita l’esperienza di aggiornamento e/o formativa, con perdite secche. Economiche per l’Amministrazione, di credibilità per la formazione. Occorre, quindi, rivedere immediatamente l’assetto organizzativo attuale della formazione, a livello centrale e periferico, affinché le strategie siano comuni. Nel contempo, bisogna necessariamente rilanciare e potenziare l’azione delle Scuole di Formazione dell’Amministrazione Penitenziaria, conferendo loro maggiore autonomia decisionale e gestionale. Nelle Regioni ove sono ubicate le Scuole di Formazione, tutti i processi formativi dovrebbero essere gestiti dalle Direzioni delle Scuole di Formazione, seppure di concerto con i Provveditorati Regionali e con i dovuti raccordi istituzionali con l’Ufficio Dipartimentale (si spera unico) preposto. Risulterà poi necessario sviluppare percorsi formativi che tengano conto della vita penitenziaria, non solo intra, ma anche extra moenia e delle necessità operative connesse. A tal fine, l’analisi dei fabbisogni non dovrà essere astratta e fondata su generici ed assiomatici principi, quali la “centralità della persona” che, invero, si dà per scontata nei processi formativi.Dovranno essere privilegiati i corsi di lingua straniera e di studio delle diverse etnie, con gli usi e le differenze religiose connesse, poiché soltanto una cultura della conoscenza e del rispetto della diversità ingenera la tolleranza, sviluppando anche un’appropriata pratica rieducativa. Similmente, occorrerà porre la massima attenzione alla deontologia professionale, non solo formale, ma anche sostanziale. Con particolare riferimento alla Polizia penitenziaria, i corsi interprofessionali dovranno essere preferiti, al fine di potenziare il lavoro d’equipe e lo scambio di opinioni quale momento di sintesi superiore e conoscenza, nel rispetto delle multiformi e particolari professionalità. La formazione rivolta ai Poliziotti Penitenziari dovrà instillare principalmente il senso alto di legalità e la consapevolezza della titolarità di un ruolo e di competenze peculiari, che differiscono sostanzialmente da quelle delle altre forze di Polizia.

Semplificando, arrestare un presunto colpevole, con tutte la attività correlate, è ben altra cosa rispetto alla funzione di custodia e reinserimento sociale cui la pena deve tendere per dettato Costituzionale, al fine di forgiare un “utile cittadino”. Si assiste sempre di più, invece, ad un innaturale e pericoloso desiderio, da parte della Polizia Penitenziaria, di voler emulare compiti e funzioni di altre forze di Polizia. Ciò allontanana dalla vera mission e ingenera anche delle immotivate ed ingiustificate frustrazioni. La Nuova Formazione professionale del personale penitenziario dovrà pertanto esaltare la particolarità delle altissime funzioni da svolgere, tenendo conto che la Polizia Penitenziaria, istituzionalmente, oltre a tutelare la sicurezza, deve partecipare “anche nell’ambito di gruppi di lavoro” all’attività di osservazione e trattamento rieducativo di detenuti ed internati. Particolare importanza occorrerà quindi riporre nella delicatissima materia che attiene all’uso legittimo della forza e nel riconoscimento della funzione fondamentale che svolge il Direttore dell’Istituto, inteso quale anello di congiunzione, necessario ed ineludibile, tra sicurezza e trattamento rieducativo e quale punto nevralgico e centrale di legalità del Carcere. In tale senso, la “Nuova Formazione” dovrà divulgare ed instillare nella Polizia penitenziaria, e nelle altre componenti che operano nel penitenziario, la conoscenza delle necessarie strategie generali di approccio e supporto nella conduzione di situazioni di crisi e di emergenza. Dovrà cercare di svolgere un’attività efficace di prevenzione, informata al principio proprio della psicologia dell’emergenza, secondo il quale, per ottenere informazioni sulle persone e sui contesti naturalmente critici, occorre saper osservare ed essere capaci di “ascoltare”. Ciò si potrà ottenere soltanto valorizzando le peculiarità, i ruoli e le competenze dei diversi ed eterogenei “attori” che animano il variegato e complesso “pianeta carcere”.

Francesco D’Anselmo
Direttore della Scuola di Formazione e Aggiornamento del Corpo di Polizia
e del Personale dell’Amministrazione Penitenziaria di Monastir (Ca)

Rispondi