L’azione di controllo. La sicurezza è affidata alla Polizia penitenziaria. Questa soffre di una serie di problemi legati alla continua riduzione degli organici, all’innalzamento dell’età media, ad una professionalità sempre più condizionata dalla routine e quindi depauperatrice degli stimoli. È quindi opportuno il ricorso alla tecnologia, alla quale occorre accostarsi in modo razionale e ragionevole. Non si possono delegare ad essa tutte le funzioni, né potrà mai sostituire l’uomo. È utile per la riduzione dello stress operativo (ad esempio, cancelli ad apertura automatica, percorsi controllati), per la riduzione dei posti di servizio di mero controllo (attraverso telecamere e monitor si possono controllare contemporaneamente più locali o spazi), per la sicurezza dell’operatore, che può gestire i movimenti dei detenuti senza il contatto fisico.
1. La gestione degli spazi e delle attività. Una sezione con un lungo corridoio porterà a limitare i movimenti del personale di vigilanza. Si può ovviare realizzando corridoi più brevi, costruendo celle o locali più stretti e più lunghi. È meglio una cella di tre metri per otto che non una di cinque per cinque. La prima tipologia riduce di tre/quinti il percorso dell’agente e agevola il controllo.
2. Gli spostamenti dei detenuti. Devono essere ridotti, realizzando strutture che siano fruibili senza eccessivi spostamenti. Laboratori, aule, locali di socialità devono essere facilmente raggiungibili dalla zona detentiva. Occorre quindi costruire strutture con un sistema panottico che ponga al centro la gestione degli spostamenti e tutti intorno i vari servizi.
3. I circuiti detentivi. Le strutture devo essere realizzate sulla base di una preordinata omogeneità della popolazione detenuta. Una struttura realizzata senza conoscere la popolazione che andrà ad accogliere, ovvero destinata a circuiti diversi, mira a privilegiare le esigenze del circuito che assomma maggiori rischi per la sicurezza e produce inidoneità per le funzioni risocializzanti. Comporta una maggiore spesa di realizzazione e provoca inevitabilmente sprechi.
4. Il lavoro dei detenuti. La legge attribuisce valenza inderogabile al lavoro. Per i detenuti condannati con sentenza definitiva, il lavoro è obbligatorio. Occorre quindi prevedere spazi per le attività lavorative (formazione e lavoro) ed orientarle verso tipologie elementari più accessibili ad una popolazione detenuta prevalentemente rappresentata da fasce sociali di basso livello e di minore scolarizzazione. La difficoltà dell’inserimento lavorativo in dipendenza di un generico pregiudizio che contraddistingue l’ex detenuto deve spingere a prediligere settori che ne limitano l’impatto negativo. Quindi, l’artigianato nei settori classici, che favorisce, inoltre, l’impresa privata del singolo o l’impresa familiare.
In termini di edilizia penitenziaria, significa realizzare locali più numerosi e flessibili, in luogo di grandi capannoni di ispirazione industriale.
Francesco Dell’Aira