Nel 2008 in Italia sono stati effettuati 2943 trapianti di cellule staminali autologhe, in cui il “donatore” è il paziente stesso e 1467 trapianti allogenici in cui il donatore è un familiare del paziente, più spesso un fratello/sorella, o un individuo donatore volontario.
Il tema dell’utilizzo clinico delle cellule staminali non rappresenta il “futuro” per l’Ematologo, ma il suo “presente”. Il concetto di “rigenerare” un tessuto (in questo caso il sistema emopoietico cioè l’insieme delle cellule del sangue e del midollo osseo) attraverso le cellule staminali è nato in ambito ematologico oltre 50 anni fa e ha portato all’assegnazione del premio Nobel nel 1990 al pioniere di tale disciplina, il ricercatore americano E.D. Thomas. Nel 2008, in Italia, sono stati effettuati 2.943 trapianti di cellule staminali autologhe, in cui il “donatore” è il paziente stesso e 1.467 trapianti allogenici, in cui il donatore è un familiare del paziente, più spesso un fratello/sorella, o un individuo donatore volontario. Infatti, uno dei più importanti sviluppi nel campo dei trapianti di cellule staminali è stato la creazione di registri nazionali ed internazionali dove vengono registrate le caratteristiche dei donatori volontari. In base al grado di “compatibilità” con i potenziali pazienti/riceventi, tali donatori potranno donare le loro cellule staminali prelevate dal sangue periferico o dal midollo osseo. Tali banche dati sono “in rete” fra loro e contengono i dati di oltre 10 milioni di persone. In Italia, oltre 320.000 individui sono iscritti al registro nazionale.
L’impatto clinico di questi registri è notevole, in quanto nell’ultimo anno, in Italia, circa il 40% dei trapianti è stato effettuato con cellule provenienti da donatori spesso appartenenti a continenti diversi!Le principali indicazioni al trapianto di cellule staminali emopoietiche riguardano malattie neoplastiche, come le leucemie, i linfomi ed il mieloma multiplo, o malattie trasmesse geneticamente, come la talassemia. La prognosi di queste malattie è migliorata nettamente dall’applicazione estensiva di strategie terapeutiche comprendenti il trapianto di cellule staminali. Peraltro, alcuni importanti problemi limitano ancora l’uso e l’efficacia del trapianto di cellule staminali del sangue e rappresentano il “presente” che si proietta nel “futuro”. Ad esempio, la creazione di vere e proprie banche di cellule staminali del cordone ombelicale ha permesso di aumentare in maniera significativa il “bacino” di donatori non familiari. Già ora, circa il 20% dei trapianti da donatore sono effettuati con cellule cordonali.
Un altro problema è rappresentato dai limiti di età entro i quali è possibile effettuare il trapianto di cellule staminali allogeniche. Tale limite è tuttora intorno ai 50-55 anni, in quanto pazienti più anziani presentano un’eccessiva tossicità. Lo sviluppo di nuove strategie terapeutiche ha permesso di sperimentare l’uso delle cellule staminali anche nei pazienti di oltre 60-65 anni, fascia d’età in cui l’incidenza dei tumori è molto alta. In ultimo, è utile ricordare che il trapianto di cellule staminali del sangue significa “trasferire” anche il sistema immunitario del donatore nel ricevente. Questo trasferimento si traduce nella “guerra” fra le cellule del donatore ed i tessuti del ricevente, a meno che i due individui siano gemelli e quindi perfettamente compatibili. Pertanto, riuscire a separare gli effetti benefici del trapianto (effetto anti-tumorale) dai potenziali danni (tossicità data dal sistema immunitario) rappresenta una sfida importante per il futuro. Alcune altre considerazioni sull’importanza delle cellule staminali in Ematologia. La prima riguarda l’origine dei tumori. Lo studio del tessuto emopoietico normale e neoplastico ha portato ad ipotizzare oltre 15 anni fa che la massa di cellule leucemiche contenesse una quantità minima (< 0,1%) di cellule staminali leucemiche e che fossero proprio queste le responsabili dell’insorgenza e della persistenza della malattia, avendo sviluppato caratteristiche di “immortalità”. Questa ipotesi si è dimostrata esatta in successive ricerche ed il concetto è stato esteso, negli ultimi anni, ai tumori solidi.
La ricaduta clinica di questa scoperta è potenzialmente notevole, in quanto sarà possibile sviluppare farmaci specifici in grado di eliminare completamente queste cellule, o di modificarne il patrimonio genetico, e, quindi, di sconfiggere definitivamente il tumore. In ultimo, forse la frontiera più affascinante che riguarda la ricerca sulle cellule staminali del sangue è quella che definiamo “medicina rigenerativa”. Numerose ricerche degli ultimi 10 anni hanno permesso di stabilire che esistono cellule nel midollo osseo che possono migrare verso tessuti danneggiati e partecipare alla loro riparazione.La prima ricerca è stata condotta con la riparazione del muscolo scheletrico. Successivamente, è stato dimostrato che, trapiantando circa 2.000 cellule staminali emopoietiche, si può rigenerare una popolazione di cellule muscolari cardiache ed endoteliali dopo un severo danno ischemico conseguente alla legatura di un’arteria coronaria. Il concetto stesso di cellula staminale è diventato “plastico”: le cellule staminali possono agire non solo localmente nei tessuti di residenza, ma anche essere reclutate fuori dal sistema circolatorio ed essere impegnate nella rigenerazione di tessuti a distanza.
Un’ipotesi attraente, dato l’attuale stato delle conoscenze, è che una cellula staminale, più che essere un’entità cellulare precisa è, più propriamente, una funzione biologica che può essere indotta in molti tipi cellulari, anche in cellule differenziate. Schematicamente, si può affermare che cellule staminali transitano nella circolazione sanguigna, che può essere vista come un’“autostrada di cellule staminali” e che ha accesso a tutti gli organi del corpo. Cellule staminali di derivazione midollare entrano in vari organi (sperimentalmente documentati sono cuore, cervello, muscolo e fegato). Conseguentemente, il microambiente del tessuto di “arrivo” gioca un ruolo chiave nel determinare la funzione della cellula staminale. Il concetto di cellula staminale si è quindi allargato ad un concetto di cellula capace di muoversi tra tessuti diversi modificando il suo destino, in modo più plastico e dinamico di quanto si ritenesse in passato. Questi concetti biologici si sono tradotti in studi clinici che valutano l’utilizzo delle cellule staminali del sangue per la rigenerazione di tessuto miocardico, vascolare, epatico e del sistema nervoso centrale. Nel sito web dedicato dal governo americano alla registrazione di tutti gli studi clinici (http://www.clinicaltrials.gov) sono elencati oltre 120 studi che riguardano l’uso delle cellule staminali emopoietiche per rigenerare tessuti diversi da quello di origine, il midollo osseo. Pertanto, lo sviluppo continuo della ricerca sulle cellule staminali continuerà a fornire nel futuro nuovi spunti terapeutici per i tumori, le malattie degenerative e la riparazione dei tessuti danneggiati.
Michele Baccarani
Prof. ordinario, Direttore dip. di Ematologia ed Oncologia Medica “L.E.A. Seràgnoli”, Univ. di Bologna
Roberto Massimo Lemoli
Professore associato dipartimento di Ematologia ed Oncologia Medica “L.E.A. Seràgnoli”