Staminali modificate per curare la malattia di Lorenzo e non solo

Il virus dell AIDS utilizzato nella terapia genica per rallentare la progressione dell’adrenoleucodistrofia e di altre malattie rare.

L’entusiasmo di utilizzare un virus della famiglia dell’HIV per inserire i geni mancanti nel DNA di bambini affetti da gravi malattie si era spento perchè ci si era accorti che i retrovirus utilizzati, soprattutto immunodeficienze congenite, potevano innescare lo sviluppo di leucemie. Ma Maria Grazia Roncarolo e i suoi collaboratori dell’ospedale San Raffaele di Milano, in un articolo pubblicato a gennaio sul New England Journal of Medicine, hanno però ribaltato questa prognosi infausta. I ricercatori italiani hanno utilizzato un vettore retrovirale per trasportare all’interno delle cellule CD34+ prelevate dai pazienti stessi il gene per l’adenosina deaminasi mancante: la sua carenza era responsabile di una grave forma di immunodeficienza congenita combinata. Dopo un follow up medio di quattro anni dalla reinfusione delle cellule i dieci bambini così trattati hanno ripreso una vita pressoché normale senza sviluppare neoplasie secondarie. Nei giorni scorsi sono stati pubblicati su Lancet i risultati di una procedura effettuata su dodici pazienti con amaurosi congenita di Leber, cinque dei quali italiani. L’iniezione nella retina del gene RPE65, la cui mancanza in questa condizione porta progressivamente a cecità, ha migliorato in maniera significativa l’acuità visiva dei partecipanti, soprattutto nei più piccoli.

È di pochi giorni la notizia che, reso innocuo attraverso procedure di ingegneria genetica, un lentivirus della famiglia degli HIV è riuscito a trasportare i geni mancanti all’interno delle cellule staminali emopoietiche con maggior efficienza dei retrovirus utilizzati finora. I risultati clinici sono stati sovrapponibili a quelli ottenibili con il trapianto di midollo (unica cura fattibile in questi casi). Il gruppo di ricerca internazionale guidato dal Prof. Patrick Aubourg ha iniziato la sperimentazione di questa terapia genica con due pazienti affetti da ADL (Adrenoleucodistrofia) per i quali non vi erano donatori compatibili per un trapianto di midollo. Cellule autologhe CD34+ sono state prelevate dal paziente, corrette geneticamente ex vivo con un vettore lentivirale e sono state reinfuse al paziente dopo averlo sottoposto al trattamento mieloablativo. Su un periodo che varia dai 24 ai 30 mesi di follow-up, è stata individuata una ricostituzione policlonale con granulociti (9-14%), monociti, e linfociti Te B che esprimono tutti la proteina ADL.

Questo risultato suggerisce fortemente che le cellule ematopoietiche erano transdotte nel paziente ( il gene si era inserito correttamente). Iniziando da 14 a 16 mesi dopo l’infusione delle cellule geneticamente modificate, la progressione della demielinizzazione celebrale nei due pazienti è cessata. Un risultato comparabile con quello ottenuto tramite il trapianto allogenico di cellule ematopoietiche.. Lo studio è stato condotto da ricercatori dell’Università Paris-Descartes, del Deutsches Krebsforschungszentrum ad Heidelberg e di altri centri di ricerca con il finanziamento dell’ INSERM, della European Leukodystrophy Association, dell’Association Francaise contre les Myopthies e della Stop ALD Foundation.

Sara Crisnaro

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