L’università di Leeds, in Gran Bretagna, ha deciso di spendere 50 milioni di sterline investendo soprattutto in ingegneria tissutale per permettere di mantenere un fisico da cinquantenni anche all’età di cento anni.
Uno dei risultati più eclatanti della ricerca in corso sulle cellule staminali è la possibilità di riprogrammare cellule staminali adulte in modo tale che riacquistino la capacità di differenziarsi in più direzioni, al pari di quelle embrionali. Grazie alle loro applicazioni, si potrà dar vita alla cosiddetta medicina riparativa o rigenerativa. Si riattiveranno gli organi danneggiati attraverso la stimolazione di cellule in grado di rinnovare quelle malate o morte. Le cellule staminali utilizzabili possono essere ricavate dal grasso, ricco di staminali adulte (Adipose derived stem cells –Adsc-). Queste cellule possono evolvere in cartilagine, muscolo, osso, cellule nervose, bulbi piliferi. Vediamo alcune applicazioni:
Dermatologia: i progressi recenti della medicina nella cura delle ustioni gravi sono stati significativi. Un team di scienziati americani ha pubblicato di recente sulla rivista Artificial Organs la ricostruzione artificiale del tessuto cutaneo con cellule staminali prelevate dal paziente stesso. Le cellule cutanee sono state in grado di autorigenerarsi in poco tempo, migliorando e velocizzando il processo di cicatrizzazione della ferita grazie alla diminuzione della contrazione della pelle danneggiata e alla rapida ricostruzione dei vasi sanguigni colpiti.
Oculistica: il Prof. Michele De Luca, dell’Università di Reggio Emilia, spiega che è possibile utilizzare le cellule staminali per ricostruire l’epitelio corneale. La tecnica è utilizzata anche in Italia, in diversi centri di Oculistica. Può essere risolutiva in patologie nelle quali i casi di guarigione sono pari a zero. “Siamo stati i primi in assoluto – ricorda De Luca – a ricostruire delle cornee intere. Basta prelevare un minuscolo frammento dal bordo della cornea dell’occhio sano, estrarne le staminali e metterle in coltura. Dopo sedici giorni, il nuovo organo è pronto per il trapianto”.
Cardiologia: in seguito ad infarto il tessuto muscolare muore. “La tecnica più sperimentata – spiega Gino Gerosa, cardiochirurgo dell’Università di Padova – consiste nel prelevare alcune staminali dal midollo ed iniettarle nel tessuto necrotizzato, favorendo così il recupero della parte di cuore perduta. Si creano nuovi vasi sanguigni e il muscolo, in parte, si rivitalizza”. Nel 2008, un’equipe medica dell’Università del Minnesota ha creato il primo cuore “bioartificiale”. È stato prelevato un cuore da un topo di laboratorio morto a cui, attraverso un processo simile a quello attualmente impiegato nelle valvole cardiache porcine, sono state completamente eliminate le cellule lasciando solo il cosiddetto scaffold (matrice extracellulare, composta essenzialmente da proteine). Su questa struttura è stata ricostruita una muscolata contrattile funzionante grazie all’impiego di staminali.
Pneumologia: nel 2008 una donna di 30 anni è stata sottoposta a un trapianto di trachea da donatore “ricolonizzata” con cellule staminali autologhe, ovvero tratte dal midollo osseo e dall’epitelio respiratorio della stessa paziente. Questo ha permesso di evitare l’impiego di farmaci antirigetto e quindi dei loro gravi effetti collaterali. È di pochi giorni la notizia che il Department of Embryology and Genetics alla Libre Université di Bruxelles (Belgio) ha ottenuto cellule del tessuto epiteliale del polmone a partire da staminali embrionali umane. I ricercatori hanno infatti sviluppato una nuova tecnica, che potrebbe rivelarsi un’alternativa al trapianto di polmoni. Molti pazienti affetti da malattie polmonari croniche o genetiche potranno trarre beneficio da questa tecnica.
In conclusione, possiamo affermare che l’obiettivo è quello di generare in laboratorio i biotessuti originati da cellule staminali: pelle, mucose, cartilagini, tendini, ossa. In una fase successiva, cuore, nervi, ghiandole endocrine. In futuro? Fegato ed altri organi interni. I risultati appaiono abbastanza positivi, ma molto è ancora da verificare nei grandi numeri.
Mauro Volpatti