La maggior parte di noi di fronte a un servizio messo a disposizione gratuitamente non si pone il problema di un eventuale pericolo. Nel caso di Facebook cediamo per sempre, perchè non ne rientreremo mai più in possesso, i nostri dati personali.
Di Facebook abbiamo parlato nel corso delle terza puntata del mio nuovo programma di divulgazione scientifica su La7, “La gaia scienza”. Abbiamo raccontato la storia del social network partendo dal suo fondatore, Mark Zuckerberg, ed abbiamo sottolineato che c’è sempre un interesse economico alla base di tutto: senza profitto, non ci sarebbe nessuna volontà di socialità. Per fare qualche numero, basta dire che gli utenti del world web a oggi sono un miliardo e cinquecento milioni. E tutti coloro che si muovono sulla rete lasciano inevitabilmente delle tracce, compresi quelli che fanno parte dei social network come Facebook. Quest’ultimo assomma circa 200 milioni di utenti: sostanzialmente, c’è una “nazione Facebook” che è la quinta al mondo, dopo gli Stati Uniti, la Cina, l’India e l’Indonesia, e viene prima del Brasile e del Pakistan per numero di “abitanti”. È una realtà con cui bisogna fare i conti. Ma la domanda che ci siamo posti in trasmissione era un’altra: è possibile che Facebook ci controlli? Ed ancora: è possibile che abbia addirittura a che vedere con la CIA? Certo, Facebook presenta aspetti divertenti, come ritrovare vecchi amici, scambiarsi fotografie e ricordi. Ma c’è anche un aspetto inquietante, che riguarda le possibilità di condizionamento attraverso la rete. Da questo punto di vista, possiamo dire tranquillamente che gli iscritti a Facebook sono cavie di una nuova forma di pubblicità: uno studio di Cambridge ha stabilito che bastano otto amici su Facebook per ricostruire i gusti, le vite ed i desideri di 250.000 individui.
La maggior parte di noi, di fronte ad un servizio messo a disposizione gratuitamente, ovvero senza aver pagato un euro, non si pone il problema di cosa sta cedendo a chi gli rende quel servizio. Nel caso di Facebook, cediamo per sempre, perché non ne rientreremo mai più in possesso, i nostri dati personali. Facebook, insomma, rinuncia al corrispettivo in moneta a fronte di un corrispettivo di dati personali e proprietà intellettuale. I social network hanno una grande massa di informazioni sui loro utenti, come ad esempio dati demografici, livello d’istruzione, gusti su libri, scelte politiche e così via. L’obiettivo di Facebook è quello di monetizzare queste informazioni attraverso la capacità di targetizzare la pubblicità e renderla quindi più rilevante per quel particolare utente. Facebook è, in questo momento, titolare di un patrimonio di dati personali che in realtà dovrebbero appartenere agli utenti e che hanno un valore enorme per le società che creano pubblicità ed effettuano ricerche. Ed alcune delle società coinvolte dal fondatore erano addirittura in odore di servizi segreti americani! A questo proposito, nel corso della trasmissione abbiamo mandato in onda un documentario, realizzato da alcuni reporter francesi, che metteva in luce i rischi di manipolazione di dati sensibili a scopi investigativi. Il reportage parlava della possibilità di collusioni tra servizi segreti e agenzie interessate alla grande quantità di dati che si inseriscono nei social network e in particolare su Facebook. Si tratta di dati sensibili, che possono essere venduti e passati di mano in mano come se niente fosse.
A me, personalmente, Facebook non piace: ci sarà pure un motivo se non voglio incontrare i miei vecchi compagni di scuola! La possibilità di ritrovare delle persone che hanno fatto parte della mia esistenza nel passato, e che ora ho perso di vista, non mi interessa, perché se qualcuno vuole ricontattarmi può farlo anche senza ricorrere a Facebook. E non me ne frega niente di condividere i miei ricordi personali per il gusto di apparire in pubblico! Ho visto che su Facebook c’è anche una pagina a me dedicata. Non l’ho creata io, ed apprezzo che chi l’ha fatta abbia specificato che non ne sono l’autore. D’altra parte, ho certi amici che continuano ad inserire mie immagini, alcune risalenti a molti anni fa, anche se io non ho alcuna volontà che vadano in rete! Ma queste cose rivestono ben poca importanza, anche perché, secondo me, Facebook farà la stessa fine che ha fatto “Second Life”. Certo, non ho nessun elemento scientifico per dirlo: mi limito a preconizzarlo. Ed anche ad augurarmelo. Facebook, infatti, può aiutare davvero solo quelli che lo hanno ideato, offrendo loro vantaggi di natura economica. Certo, può essere utilizzato con profitto anche da chi lavora nel mondo della comunicazione, come, ad esempio, giornalisti e politici che lo utilizzano per farsi campagna elettorale. Ma, a questo proposito, devo dire che a me piaceva la politica che si faceva per le strade, la politica partecipata. Facebook dà vita ad una situazione talmente alienata da rendere la politica sostanzialmente delegata… La politica su Facebook assomiglia molto ad una forma di non partecipazione. Mi sembra, insomma, che utilizzare Facebook per raggiungere l’elettorato sia un sistema privo di valore politico.
Mario Tozzi
Divulgatore scientifico e giornalista,
conduttore del programma televisivo “La Gaia Scienza” in onda su La7