La discriminazione non va in ferie

Si tratta di garantire la possibilità che chiunque possa vivere una determinata esperienza. Non ci si deve fermare all’accessibilità dell’hotel, ma è necessario immaginare una diversa strategia territoriale, una diversa filosofia nel pensare le nostre città e i nostri sistemi di turismo locale nel loro complesso.

L’accessibilità, intesa come accesso ai luoghi che ospitano attività turistiche ed accesso ai servizi forniti dagli operatori impegnati in attività turistiche, rappresenta un diritto fondamentale, fissato dalla Convenzione Onu sui Diritti delle Persone con Disabilità, ratificata dal nostro Paese nel febbraio scorso. È quindi necessario garantire l’accessibilità di tutti i luoghi, altrimenti si compie un atto di discriminazione.
Non significa solo progettare l’accessibilità di un luogo che accessibile non era stato immaginato, ma significa soprattutto che l’accessibilità rappresenti un criterio innovativo del modo di pensare i luoghi in cui la gente vive la propria quotidianità ed il proprio tempo libero, sdoganando questo concetto da temi riguardanti solamente “categorie particolari”. Dove una persona con difficoltà di movimento vive bene, gli altri vivono ancora meglio. Turismo accessibile è appunto attenzione ai bisogni di tutti coloro che vogliono godersi un momento di vacanza, non solo delle persone con disabilità, ma anche di bambini, anziani, mamme con passeggini, persone con allergie o intolleranze di tipo alimentare.

Turismo accessibile, quindi, come offerta molto alta, poiché in grado di comprendere e risolvere i bisogni di tutti. Non si tratta allora di dotare una struttura ricettiva di un bagno attrezzato e di qualche rampa più o meno funzionale, ma di garantire la possibilità che chiunque possa vivere una determinata esperienza. Non ci si deve fermare all’accessibilità dell’hotel, ma è necessario immaginare una diversa strategia territoriale, una diversa filosofia nel pensare le nostre città e i nostri sistemi di turismo locale nel loro complesso: servizi, trasporti, circuiti culturali (musei, cinema, ristoranti), agriturismo o negozi dove andare semplicemente a fare spese. Anche per il turismo accessibile valgono i principi dello Universal Design, cioè la progettazione di prodotti ed ambienti utilizzabili da tutti, nella maggior estensione possibile, senza necessità di adattamenti o ausili speciali. Le persone con disabilità sono turisti come tutti gli altri, hanno le stesse esigenze dei turisti “normali” e devono ricevere un trattamento pari a quello di tutti gli altri turisti. Ciò che cambia sono solo le modalità per soddisfare le esigenze ed i bisogni che questi clienti presentano. In Italia, le persone con disabilità interessate al mondo del turismo sono più di tre milioni.

Questi dati provengono da uno studio del 1999, quindi molto probabilmente si tratta di una cifra al ribasso. Da allora, indagini a livello nazionale su uno spettro così ampio non sono più state condotte. A questi, si aggiunge un altro mezzo milione di persone con disabilità, che desidera viaggiare, ma non ricevendo o temendo di non ricevere un’offerta adeguata alle loro esigenze, rinunciano a quest’opportunità. Una ricerca più recente, del 2004, ha fatto emergere come le persone con disabilità non guardano solamente a luoghi senza barriere architettoniche, ma cercano ospitalità, chi sappia accoglierle, chi sappia rispondere alle loro esigenze ed ai loro bisogni. Seguono poi l’assenza delle barriere architettoniche e l’efficienza dei trasporti pubblici. Se non si viaggia con un mezzo proprio, soprattutto per persone con disabilità motoria, il trasporto pubblico locale è un elemento fondamentale dell’offerta turistica, come il valore culturale, l’accessibilità dei luoghi, la qualità dell’ambiente, l’organizzazione del verde.

Si comprende quindi la necessità di disporre di informazioni davvero esaurienti ed attendibili, che possano superare quelle spesso sottintese con il pittogramma recante il simbolo internazionale delle persone con disabilità. Il più delle volte, tale segnale svela situazioni del tutto inadeguate, che vengono conosciute solo quando si arriva a destinazione. La discriminazione, comunque, non va in vacanza. Un esempio sono le vere e proprie violazioni dei diritti umani delle persone coinvolte – spesso persone con gravi disabilità fisiche o intellettive -, che subiscono forti discriminazioni da parte di operatori del turismo e gestori di strutture ricettive. Anche solo per questioni di marketing, visti gli importanti numeri precedentemente citati, quello che ci si aspetta dagli operatori è la capacità di saper coniugare le ragioni dell’impresa turistica con la risposta ad una domanda di “ospitalità” che richiede attenzioni, dialogo, conoscenze tecniche. E questo – come ben sanno gli imprenditori del settore turistico-ricettivo – è vero per tutti e non soltanto per le persone con disabilità. Un migliore standard di qualità, un’informazione attendibile, una migliore accessibilità, non connotante disabilità, personale ricco di formazione, in grado di prestare attenzione ai bisogni che manifestano i clienti. Sono questi alcuni degli aspetti chiave per un turismo davvero accessibile.

Pietro Vittorio Barbieri
Presidente della Fish, Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap

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