Nascono percorsi indirizzati verso uno sviluppo rurale durevole ed autentico, inteso come ri-vitalizzazione dei valori immateriali di un territorio e ri-vitalizzazione dei valori legati a beni relazionali e non solo alle relazioni di mercato.
In tutta l’Europa, tra il mondo agricolo organizzato e la vasta galassia del terzo settore, si è avviata una collaborazione per realizzare percorsi terapeutici, riabilitativi e di integrazione sociale di persone svantaggiate mediante la valorizzazione delle risorse agricole ed ambientali. Si tratta di realizzare programmi ed interventi finalizzati a promuovere un’agricoltura sociale con le istituzioni locali, culturali, scolastiche, sociosanitarie, assistenziali, carcerarie, ospedaliere: aziende agricole già esistenti che ampliano le proprie attività, cooperative sociali che, utilizzando terreni pubblici e privati, intendono espandere iniziative già operanti o dar vita a nuove esperienze. Creazione di imprese economicamente e finanziariamente sostenibili, condotte in forma singola o variamente associata, che svolgono attività produttiva agricola e zootecnica proponendo i loro prodotti sul mercato, in modo integrato con l’offerta di servizi culturali, educativi, assistenziali, formativi ed occupazionali a vantaggio di soggetti deboli (portatori di handicap, tossicodipendenti, detenuti, anziani, bambini e adolescenti) e di aree fragili (montagna e centri isolati), in collaborazione con istituzioni pubbliche e con il vasto mondo del terzo settore. Anche in Italia, oggi viene richiesta sempre di più l’implementazione di programmi di agricoltura sociale da svolgere nelle aziende agricole in collaborazione con le strutture ospedaliere o di ricovero, le case protette, le comunità o individualmente attraverso progetti strutturati ad hoc.
PERCHÈ? La storia (nonché il buon senso) dovrebbe aiutarci a rispondere a questa domanda. L’uomo ha sempre tratto dall’osservazione della Natura e dei suoi fenomeni importanti insegnamenti e nobili dimostrazioni di civiltà. Nell’Italia rurale (fino al secolo scorso), gli uomini riconoscevano naturalmente i valori di reciprocità, gratuità, mutuo aiuto e casi esemplari di forme solidali in quella stessa Italia non sono rari: scambio di mano d’opera, consorzi di bonifica e di difesa idraulica, terre collettive e usi civici, prime cooperative agricole. Inoltre, le menomazioni che oggi chiamiamo disabilità erano molto diffuse, ma quasi tutti trovavano una mansione da svolgere. Con il tempo, invece, a causa dei ritmi e degli stili di vita standardizzati anche nelle città aumentarono i disturbi mentali. La città e la fabbrica non erano in grado di organizzare spazi, tempi ed attività per includere nel contesto sociale i c.d. alienati, che finivano dietro i cancelli di spaventosi cronicari. Laddove si intuirono le cause del disagio si fece immediato ricorso alle risorse agricole. Ne sono un esempio i numerosi villaggi rurali e le colonie agricole nate in questo stesso periodo. “La disabilità è una condizione di salute in un ambiente sfavorevole” (ICF-OMS, 2002). Negli ultimi anni, i percorsi di agricoltura sociale si sono caratterizzati come esperienze territoriali in cui maggiormente si è manifestata la tendenza a sperimentare nuove forme di socializzazione e Riprodurre conoscenza tecnica “non esperta”. In questo senso, nascono percorsi indirizzati verso uno sviluppo rurale durevole ed autentico, inteso come ri-vitalizzazione dei valori immateriali di un territorio (stili di vita, patrimoni culturali, tradizioni) e ri-vitalizzazione dei valori legati a beni relazionali (reciprocità, mutuo aiuto, conoscenza diretta) e non solo alle relazioni di mercato. Un welfare di comunità non più riparativo e centralistico, ma inteso come ri-costruzione dei sistemi di promozione sociale degli abitanti di un determinato territorio, con la partecipazione attiva degli attori locali e la valorizzazione dei beni relazionali. Una nuova agricoltura socialmente responsabile che si attrezza in forme moderne, con le proprie imprese ed il proprio sistema di servizi, per rispondere ai nuovi bisogni sociali della collettività, sia rurale, sia urbana, promuovendo con altri soggetti pubblici e privati azioni di sviluppo nelle campagne.
Anche in Abruzzo, l’Ass. Movimento Zoè (www.movimentozoe.com) ed un gruppo di aziende agricole, tra cui il bio-agriturismo “La Porta dei Parchi”, stanno lavorando per creare una rete di fattorie sociali attiva sul territorio e per promuovere un marchio etico delle stesse. Ciò per far fronte ai moderni bisogni ed alle molteplici difficoltà che le aziende stesse vivono, ancor di più dopo gli ultimi tragici avvenimenti. Una rete di agricoltori, operatori sociali e culturali, ricercatori, dirigenti di cooperative e di associazioni, animatori di sviluppo locale con l’obiettivo di “organizzare” un’agricoltura responsabile, in grado di rispondere alle nuove esigenze, determinando benefici a livello educativo, motivazionale e ricreativo e contribuendo a migliorare la qualità della vita, dei gruppi o del singolo. Considerando che la qualità della vita è l’esito di modifiche del contesto ambientale, oggi si assiste ad un ritorno alla campagna come luogo dove ritrovare l’armonia con sé stessi e con l’ambiente, in una società in cui il vivere in branco rende difficile all’individuo esprimersi senza condizionamenti. Un’agricoltura sociale, quindi, rivolta non solo alle c.d. fasce deboli, ma a chiunque abbia voglia di sperimentare e provarsi, per incrementare un turismo sociale e sostenibile in grado di contrapporsi ai condizionamenti ormai obsoleti di un turismo artificiale basato sul consumo e non sulla possibilità di creare risorse.
Lavoro agricolo: “il mezzo più efficace per essere riportati alla ragione (…) una sorta di contrappeso agli smarrimenti dello spirito, per il fascino che la coltivazione dei campi ispira” (Pinel, 1800).
Roberta Viggiani
Presidente Ass. Movimento Zoè: Polo Zooantropologico
e Centro Sperimentale per le Co-Terapie”