Il Trattato Costituzionale dell’Unione Europea, firmato il 29 ottobre 2004 a Roma dai 25 Stati membri dell’Unione, ma non ancora entrato in vigore, è l’ultimo atto di una lotta alla tratta degli esseri umani. Gli atti che l’hanno preceduto, dando una svolta significativa a questa piaga, sono le Decisioni Quadro assunte in proposito (l’una del 2002 e l’altra del 2004) .
L ’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE) è l’organismo internazionale, formato anche da paesi europei, che per primo, dopo la Convenzione Onu di Ginevra del 1956 , inizia a parlare “di lotta contro tutte le forme di violenza e di tratta nei confronti delle donne”, durante i lavori della Conferenza sulla Dimensione Umana (ottobre 1991, a Mosca).
Qualche anno dopo, la Commissione riunitasi all’Aja produce un documento importante contro il fenomeno (Dichiarazione Ministeriale dell’Aja del 26 aprile ’97), teso a rafforzare la sanzionalibità del traffico di donne a scopo di sfruttamento sessuale.
Significativa a proposito è anche la definizione data dalla Risoluzione del Parlamento europeo (18 gennaio ’96), in quanto introduce il concetto di vulnerabilità come condizione di rischio e di fragilità sociale. Infatti, per “tratta” si intende qualsiasi “atto illegale di chi, direttamente o indirettamente, favorisce l’entrata o il soggiorno di un cittadino proveniente da un paese terzo ai fini del suo sfruttamento utilizzando l’inganno o qualunque altra forma di costrizione o abusando di una situazione di vulnerabilità o incertezza amministrativa”.
Nell’approvazione della Convenzione Onu sulla criminalità organizzata (Palermo, 12/15 dicembre 2000) si estende ulteriormente – nel Protocollo aggiuntivo – il concetto di traffico, giacché si ingloba quello di esseri umani (già previsto dalla Risoluzione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite n. 49/166 del 23 dicembre ’94). In tale prospettiva – nel suo art. 3 ai commi a., b., c. e d. – il “traffico di persone” è inteso come “il reclutamento, il trasporto, il trasferimento, l’alloggiamento forzato, attraverso la costrizione o uso della forza o di qualsiasi altra forma di coercizione o trattenimento coatto (…) sfruttando la condizione di vulnerabilità degli interessati (…)”. .
La Commissione europea nel 1999 a Colonia – in occasione della redazione del Patto di Stabilità per l’Europa Sudorientale – prevedeva la costituzione (poi avvenuta nel settembre 2000) di una Task-Force sulla Tratta di Esseri Umani. Le finalità di tale istituto sono quelle di diffondere la conoscenza del fenomeno e, in base alle acquisizioni che man mano si ottengono, intervenire per rimuovere le cause che lo sottendono, nonché realizzare progetti di scambio e di formazione tra Stati per facilitare la messa a punto di interventi di protezione sociale in favore delle vittime.
Un altro istituto importante contro la tratta di esseri umani da segnalare è quello realizzato dal Consiglio d’Europa, cioè la “Convenzione per la lotta contro la tratta di esseri umani” (nella sua raccomandazione n. 1545 del 21 gennaio 2002). La Convenzione, pur richiamandosi esplicitamente al Protocollo di Palermo, estende la sua efficacia anche alla tratta di uomini e ai minorenni di sesso maschile, riconoscendo, in tal maniera, la condizione di vittima anche agli uomini . Al riguardo, meritano menzione, anche ai fini del presente articolo, due disposizioni contenute in detta Convenzione. La prima è l’articolo 6, che – riprendendo quanto stabilito dall’articolo 9, paragrafo 5 del Protocollo di Palermo – indica le misure che gli Stati parte devono adottare al fine di scoraggiare la domanda di “merce umana”; la seconda è l’articolo 19, sulla base del quale gli Stati parte possono decidere di incriminare coloro che, pur non essendo trafficanti, partecipino consapevolmente allo sfruttamento della vittima di tratta. L’aver dedicato un intero articolo della Convenzione al problema della domanda (e quindi ai clienti) è, secondo il Comitato ad hoc che ne ha redatto il testo, un modo per evidenziare l’importanza di questo aspetto ai fini della prevenzione e della lotta alla tratta di persone .
Il Trattato Costituzionale dell’Unione europea, firmato il 29 ottobre 2004 a Roma dai 25 Stati membri dell’Unione, ma non ancora entrato in vigore, fa riferimento alla lotta alla tratta degli esseri umani in maniera esplicita . Gli atti che hanno dato una svolta significativa alla lotta al traffico di esseri umani sono le Decisioni Quadro (l’una del 2002 e l’altra del 2004) . Nel 2004 è stata adottata la Direttiva del Consiglio Europeo (2004/81/CE) riguardante le modalità di rilascio delle certificazioni di soggiorno di breve durata in favore delle vittime dell’immigrazione illegale (smuggling) e alle vittime della tratta di esseri umani (traffiking) che cooperino con le autorità competenti al fine di denunciare ed arrestare i protagonisti del trasferimento e delle forme di sfruttamento. Si tratta di una disposizione di chiaro impianto premiale (titolo di soggiorno in cambio di informazioni), che contrasta con quanto maturato nei programmi di protezione degli ultimi anni, soprattutto in Italia ma anche negli altri paesi europei maggiormente avanzati nella normativa del settore. Ormai appare a chiunque abbia dimestichezza con queste problematiche che la vittima di grave sfruttamento per poter liberamente collaborare deve prima trovare l’energia adatta, la dimensione esistenziale più favorevole e, soprattutto, la garanzia di sicurezza da eventuali ritorsioni (non solo verso se stessa, ma anche contro i familiari e i congiunti). Da questo punto di vista la Direttiva è limitativa, giacché non specifica a quanto deve ammontare “il periodo di riflessione” (al riguardo non si è trovato un accordo unanime e si rimanda dunque alle normative nazionali), mentre limita a sei mesi la durata del permesso di soggiorno. Questa limitazione, seppur prevista dalla Direttiva, non influenza in modo riduttivo il quadro normativo quando esso è maggiormente favorevole alla donna trafficata, come nel caso del nostro paese.
Federica Dolente
ricercatrice di Parsec-Ricerca e Interventi sociale