Tra le prostitute che offrono le loro prestazioni in strada e quelle che esercitano la loro professione al chiuso (tra quest’ultime sono comprese anche donne di origine italiana) l’ammontare complessivo sarebbe, secondo una stima dell’assessorato alle Politiche Sociali di Roma, di 29.420-38.070 unità
L’assessorato alle Politiche Sociali del Comune di Roma ha promosso un’indagine, realizzata poi da Parsec-Ricerca ed Interventi Sociali che ha affrontato il tema della prostituzione coercitiva e involontaria . L’indagine, presentata nella capitale il 26 ottobre scorso, aveva, tra l’altro, l’obiettivo di stimare il fenomeno della prostituzione, non solo esercitata in strada, ma anche – fatto inedito – esercitata al chiuso, cioè nelle case/appartamenti.
Le stime hanno, come noto, un carattere orientativo e non hanno nessuna pretesa esaustiva, se non quella di definire un orizzonte di riferimento. A livello conoscitivo, tuttavia, la presenza delle persone di origine straniera che esercitano la prostituzione in strada e nelle case/appartamenti o che si alternano nell’esercizio dell’una e dell’altra modalità (in strada e in casa/appartamento) , a seconda delle necessità contingenti, rappresenta nel suo insieme l’intero universo del fenomeno.
La tabella n.1 sintetizza, di fatto, l’ammontare dell’intero fenomeno, includendo sia la componente che esercita volontariamente la prostituzione che quella costretta a prostituirsi mediante azioni coercitive e assoggettanti, finalizzate allo sfruttamento sessuale. Nell’insieme, in sintesi, la prostituzione – comprensiva sia di quella in strada che di quella al chiuso (esercitata anche dalle donne di origine italiana) raggiungerebbe, secondo queste stime, l’ammontare complessivo di 29.420-38.070 unità.
Le tre ripartizioni geografiche nazionali sono interessate dalla presenza di persone che esercitano la prostituzione in maniera diversa: al Nord essa è maggiore, in quanto risulta essere esercitata – in strada e al chiuso – da un numero di persone comprese tra le 15.635 e le 20.170 unità; al Centro la prostituzione risulta essere di minore entità – oscilla infatti tra le 10.000 e le 12.500 unità –; mentre al Meridione la prostituzione si riduce ancora di più, in quanto coinvolge dalle 3.800 alle 5.600 persone.
Le regioni maggiormente interessate dal fenomeno sono il Piemonte, la Lombardia, il Veneto: nell’insieme sommano quasi i due/terzi del totale d’ area. Nell’Italia centrale è il Lazio la regione più coinvolta, con poco più della metà dei casi attribuibili all’intera area, seguita dalla Toscana. Anche nel Meridione la distribuzione si concentra in tre regioni: Campania, Abruzzo e Puglia.
Possiamo dedurne che la prostituzione è localizzata, in misura molto rilevante, soprattutto nelle grandi città capoluogo. Ciò non esclude pertanto che altre componenti minori si concentrino in centri urbani di una certa rilevanza numerica. Non potrebbe essere altrimenti poiché la prostituzione tende a concentrarsi nelle are urbanizzate per un semplice motivo: qui la domanda di sesso a pagamento è maggiore e più concentrata. Inoltre, è una pratica che può essere svolta senza che si sappia l’identità di quanti l’esercitano, sia da parte delle donne offerenti che da parte degli acquirenti. L’anonimato garantisce sia gli uni che gli altri, almeno fino a quando non entrano in gioco le forze dell’ordine e i servizi territoriali in presenza di gruppi di donne sfruttate e in condizione di para-schiavismo.
Occorre inoltre considerare che una parte delle persone coinvolte nella prostituzione alternano l’esercizio in strada e in casa/appartamento e pertanto nella stima sopra proposta sono conteggiate due volte. Non siamo però ancora in grado di valutare questa sovrapposizione. Un altro aspetto non secondario è dato dal fatto che le donne straniere che esercitano la prostituzione al chiuso, rispetto alle donne italiane, raggiungono ormai il 75/80% (circa) del totale nelle regioni centro-settentrionali e percentuali minori in quelle meridionali (circa il 40/50%). Nella tab. n. 2 sono evidenziate le diverse proporzioni relative all’ammontare della prostituzione straniera e di quella italiana.
Ne deriva che la prostituzione straniera esercitata nelle case/appartamenti in maniera continuativa ammonta complessivamente tra le 8.700 e le circa 11.000 unità, mentre quella di origine italiana si attesta entro le 3.000 e le 4.000 unità. Questo dato, come accennato, è piuttosto inedito e pertanto non ci permette al momento di fare comparazioni con il passato; nel senso che non sappiamo quanto fosse estesa la prostituzione straniera negli appartamenti – ad esempio – tre/quattro anni addietro. Pur tuttavia se consideriamo che a metà degli anni Novanta la presenza di donne straniere in strada appariva già maggiore di quella italiana e che soltanto quattro/cinque anni dopo l’aveva già quasi del tutto sostituita, possiamo dedurre che questa “sostituzione” stia avvenendo, in buona parte, anche per l’esercizio nelle case/appartamenti.
Questo maggiore peso della prostituzione nelle case/appartamenti deriva da diverse cause, non ultima quella di creare un mercato più redditizio da parte delle organizzazioni criminali da affiancare a quello in strada. L’esercizio in case/appartamenti si rivolge ad una clientela con redditi più alti, ad una clientela che non vuole consumare rapporti in strada, ad una clientela che tende a creare forme di intimità maggiori e pertanto è disposta a pagare di più. Sul versante della donna, comunque, la prostituzione al chiuso può rappresentare una ulteriore limitazione della sua libertà di azione, per il semplice motivo che può restare segregata in casa ed essere per questo meglio controllata.
Maggior controllo potrebbe dire maggior assoggettamento e minor occasioni di chiedere aiuto ai servizi territoriali. In questa ottica queste donne hanno rapporti soltanto con i clienti da una parte e con gli sfruttatori dall’altra, mentre gli viene precluso qualsiasi rapporto con gli operatori sociali e con le forze dell’ordine, ossia con quegli attori che nell’esercizio della prostituzione di strada rappresentano, per quante lo desiderano, un’ancora di salvezza e dei punti di riferimento per sganciarsi dai meccanismi di sfruttamento. Se queste difficoltà appaiono già dure per le donne adulte, diventano ancora più dure e proibitive per le donne minorenni. Su queste l’abuso e l’assoggettamento effettuato in case/appartamenti diventa una vera e propria condizione para-schiavistica: sia perché minorenni, sia perché oggetto di abuso e di violenza sessuale, sia perché segregate e costrette a non uscire dalla casa/appartamento.
In queste condizioni l’esercizio della prostituzione in strada o in strada alternata a case/appartamenti diventa, quasi paradossalmente, migliore, non fosse altro per la possibilità che queste donne hanno di entrare in contatto con i servizi territoriali e con l’azione di controllo territoriale delle forze dell’ordine. La differenza, tra l’esercizio in strada e quello nelle case/appartamenti – sia quando si tratta di donne adulte che minorenni assoggettate e poste in condizione abusiva – è data dal fatto che il peso degli attori in gioco varia di molto. In strada gli attori che ruotano intono alla donna sono quattro, cioè gli sfruttatori, i clienti, gli operatori sociali e i poliziotti, mentre nell’esercizio in case/appartamenti sono principalmente due: i clienti in primis e gli sfruttatori come aguzzini.
Vengono, in questo ultimo caso, tagliati fuori gli attori che possono aiutare queste donne e che non possono farlo perché nascoste, perché segregate, perché non facilmente intercettabili. La prostituzione nelle case/appartamenti, proprio perché in crescita, rappresenta – dal punto di vista dell’efficacia dell’aiuto da dare a quante lo desiderano – una sorta di regressione, un tornare indietro. Questa sorta di impotenza che vivono al momento i servizi di protezione sociale rispetto all’aiuto che possono erogare a quante si prostituiscono nelle case/appartamenti – che possiamo anche a ragione definire bordelli clandestini – può essere affrontata soltanto se si investe maggiormente nel settore, si sperimentano nuove forme di intervento che tengano conto dell’avvenuto cambiamento di una parte significativa del fenomeno prostituzionale.
Francesco Carchedi
Ricercatore presso il Parsec, docente presso l’Università degli studi di Roma «La Sapienza». Consulente di diverse istituzioni pubbliche in materia di immigrazione ed emigrazione.