Il calvario dei piccoli prostituti

Oggi, a differenza del passato, si assiste all’intensificarsi della mobilità sul territorio dei minori stranieri e all’inserimento di molti di loro nei circuiti della prostituzione al chiuso (appartamenti o night-club) per sfuggire alle intercettazioni delle Forze dell’ordine o delle unità di strada delle associazioni

Conoscere l’evoluzione e l’esito dell’esperienza prostitutiva dei minori coinvolti nel circuito della tratta è un’operazione per quanto complessa di estrema rilevanza per poter strutturare politiche adeguate.

Lo sfruttamento sessuale del minore a fini economici appare oggi un fenomeno difficilmente penetrabile in quanto sempre più sommerso e che si modifica con estrema rapidità.

Basti pensare che in questi ultimi cinque anni si è passati da una prostituzione che coinvolgeva quasi esclusivamente bambine o ragazze di nazionalità Albanese e Nigeriana a una situazione prostitutiva mista, sia per quanto riguarda il sesso del minore che la sua nazionalità.

Specificatamente oggi  sul nostro territorio sono presenti anche minori di sesso maschile (soprattutto di nazionalità rumena) e si è assistito ad un aumento considerevole delle minori rumene ma anche moldave, russe, serbe o di altri paesi dell’est una volta quasi inesistenti sul nostro territorio.

Questo cambiamento nasce anche dalla nuova gestione del fenomeno da parte di altri soggetti malavitosi, che in questi anni si sono radicati nel nostro paese.

In questo senso dalla gestione esclusiva albanese degli anni scorsi siamo passati ad una gestione del racket da parte di un numero crescente di cittadini rumeni (oltre alla gestione nigeriana che sembra mantenere un numero costante in questi anni).

Il cambiamento del fenomeno è dato inoltre al fatto che oggi, a differenza del passato, si assiste all’intensificarsi della mobilità di questi minori sul territorio e all’inserimento di molti di loro nei circuiti della prostituzione al chiuso (appartamenti o night-club) per sfuggire alle intercettazioni delle Forze dell’ordine o delle unità di strada delle associazioni che, come l’Associazione Lule ed altre, si occupano di agganciare le vittime del reato proponendo loro protezione e percorsi di integrazione.

Una seria ed efficace analisi e presa in carico del fenomeno è poi resa difficoltosa da altre difficoltà oggettive, come il riuscire ad identificare con certezza la minore età del soggetto.

Si pensi poi che i dati ufficiali si basano soltanto su  fonti parziali anche se significative. Queste nell’insieme stimano una presenza del minore sulla strada pari all’8-10% dell’universo della prostituzione, circa 1.500-1.800 unità. Appare evidente che da questo calcolo sono esclusi tutti quei soggetti che oggi operano in luoghi chiusi.

A questo punto partendo dal presupposto che  a causa della varietà delle situazioni bisognerà strutturare delle azioni diversificate, si può cercare di analizzare gli interventi che oggi vengono messi in atto.

Quando sulla strada si entra in contatto con un presunto minore la prima azione dal punto di vista giuridico che si rende necessaria è la segnalazione ad un pubblico ufficiale o ad un incaricato di pubblico servizio (come ad esempio una assistente sociale dell’ente locale territoriale). Ciò in quanto il presunto minore è “potenzialmente” un  soggetto in  stato di abbandono con il sospetto di sfruttamento della prostituzione.

Parlo di sospetto, in quanto è molto difficile che un minore inizialmente, ad un primo contatto per strada, racconti ciò che in realtà gli sta accadendo, a causa del forte stato di sottomissione che si viene a creare con lo sfruttatore.

Quello che si osserva è che il tipo di sfruttamento sul minore si basa sia su una coazione fisica sia, soprattutto, su una coazione psicologica, cioè si arriva molto spesso ad un annientamento psicologico attraverso le violenze di tipo fisico le umiliazioni e le continue minacce.

Accade perciò che sia molto difficile trovarsi di fronte ad una richiesta di aiuto chiara, ciò a causa della forte fragilità psicologica del soggetto.

Per questo motivo negli ultimi anni si è assistito ad un aumento considerevole di inserimenti in strutture di prima accoglienza di minori prostituiti giunti dopo un intervento diretto e coatto da parte delle forze dell’ordine.

Nel momento in cui si entra a conoscenza della reale situazione del minore quindi occorre effettuare senza indugio una segnalazione all’Autorità giudiziaria (Procura della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni-Procura della Repubblica presso il Tribunale ordinario) e, previamente o conseguentemente una segnalazione al servizio sociale competente.

Quest’ultimo dovrà adottare le misure necessarie a proteggere il minore dai suoi sfruttatori tramite diverse azioni come, l’inserimento in una comunità protetta ad indirizzo segreto e l’allontanamento dal luogo del reato.

Il minore deve  essere informato del suo diritto di denunciare.

Oggi avviene sempre più spesso che il ragazzo/a giunga in comunità dopo aver già sporto denuncia , quindi senza essere stato preparato e soprattutto senza un supporto adeguato.

Da un’indagine svolta dall’istituto di Ricerca sui sistemi Giudiziari C.N.R., Bologna in tre uffici giudiziari minorili del nord (Milano,Venezia e Bologna) risulta che su il 90% dei soggetti inclusi nei tre gruppi professionali (componenti delle Sezioni minorile di polizia giudiziaria, pubblici ministeri e giudici delle indagini preliminari e dell’udienza preliminare) alla domanda se hanno mai seguito corsi per approfondire le tecniche di interrogatorio dei minori ha risposto di no ed il 87% di loro non ha mai ricevuto istruzioni scritte su come condurre un interrogatorio.

Questa situazione porta, molto spesso, a d interrogatori faticosi non gestiti al meglio con la conseguenza che il minore rilascia dichiarazioni molto spesso incomplete o false inducendo così gli operatori a moltiplicare le audizioni con un considerevole aumento dello stress psicologico Del minore.  La reiterazione degli interrogatori ed il prolungamento dei processi giudiziari costituiscono  infatti fattori cd di riattivazione del trauma.

Per quel che riguarda la situazione specifica dei minori stranieri, una volta accertata la situazione di sfruttamento, si può valutare se portare avanti le procedure per il rilascio del permesso di soggiorno per protezione sociale ex art. 18 T.U. 286/98 con relativo inserimento del minore in un programma di assistenza e integrazione ovvero avviare la procedura amministrativa di rilascio del permesso di soggiorno per affido. E’ indispensabile sottolineare che frequentemente le istituzioni pubbliche (Forze dell’Ordine, Servizio sociale) considerano il minore innanzitutto come vittima del reato ed in quanto tale come un soggetto da inserire in uno dei percorsi di protezione ed integrazioni previsti dall’art. 18. Questo approccio rischia di far perdere di vista il fatto che si tratta innanzitutto di un minore il quale ha diritto ad essere accompagnato in un percorso educativo ed al quale occorre proporre l’inserimento in percorsi e strutture adeguate (comunità per minori).

Nel valutare l’opportunità di proporre il rilascio del permesso per protezione sociale anziché un altro tipo di permesso di soggiorno, devono inoltre essere considerati con valutazione prognostica gli esiti possibili e probabili del percorso di presa in carico socio-educativo-giudiziario.

Il permesso di soggiorno ex art. 18 infatti, può essere convertito in un permesso di studio o in uno per lavoro soltanto se alla scadenza del secondo semestre di percorso il minore è iscritto a un corso di studio o ha un rapporto di lavoro.

Va inoltre considerato che tale permesso può essere revocato nel caso in cui il minore interrompa o abbia una condotta incompatibile con il programma di assistenza e integrazione.

La proposta del permesso di soggiorno per protezione sociale può essere effettuata dai servizi sociali dell’Ente locale o dagli enti privati iscritti al registro, come previsto dall’art. 52,c. 1,lett. C)D.P.R. 394/99, che abbiano rilevato situazioni di violenza o di grave sfruttamento nei confronti del minore, oppure dal Procuratore della Repubblica nei casi in cui sia iniziato un procedimento penale D.P.R. 394/99, art. 27.

E’ importante sapere che la denuncia degli sfruttatori da parte del minore non è requisito necessario per il rilascio pel permesso di soggiorno per protezione sociale ma è necessaria la constatazione della gravità della situazione oltre che lo stato di pericolo del soggetto (in tal senso si veda la recente sentenza del Consiglio di Stato 6023/06 del 10.10.2006).

Allo stato attuale delle cose, nei progetti di recupero appare evidente e ampiamente riconosciuto che i bambini e gli adolescenti immessi nei circuiti prostitutivi sono tra i più difficili da trattare in quanto agli eventi traumatici psichici si intrecciano problemi di tipo socio-culturale e relazionale che rendono indispensabile la strutturazione di interventi articolati e diversificati che tengano conto degli aspetti psicologici, educativi, sociali e giudiziari.

Per questo motivo è indispensabile che le strutture che intervengono su questi minori mettano in atto competenze specifiche come supporto educativo, psicoterapico e giuridico.

Si tratta infatti di minori che presentano una forte sofferenza psichica che si manifesta maggiormente con depressioni, fuga dalla realtà, autolesionismo e disturbi comportamentali come la fuga (soprattutto nei primi giorni) l’aggressività di tipo verbale e bugia patologica. In diversi casi ci si trova di fronte a minori che hanno sviluppato vere e proprie patologie di ambito psichiatrico.

Inoltre si evidenzia una forte difficoltà da parte di questi minori a recuperare la fiducia nell’altro e in modo particolare nell’adulto, situazione che compromette fortemente il percorso di recupero e che richiede una forte sinergia di tutti gli adulti che si occupano del soggetto.

Mara Cupani
Responsabile Comunità Diana Associazione Lule

Giovanni Tarzia
Giudice onorario presso il Tribunale per i  Minorenni di Milano

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