Nel 1990 la Federazione nazionale per la stampa italiana ha sottoscritto, con l’Ordine dei giornalisti e Telefono Azzurro, un documento in cui si dichiara la volontà di difendere a specificità del minore come persona in divenire. Secondo “Genitori si diventa”, nella gestione della vicenda della piccola Maria la stampa italiana non ha rispettato tale impegno
Ma che cosa ci sta succedendo? Perché il desiderio di apparire, la bramosia di vedere comparire il proprio nome su giornali importanti, la tensione a vendere un numero sempre maggiore di copie del giornale o ad avere un numero maggiore di telespettatori, ci porta a calpestare diritti che sembravano incancellabili? Che le nostre paure ci spingano alla curiosità e quindi ad acquistare è un dato di fatto, ma non dovremmo forse evitare di gettare in pasto al pubblico, senza nessuna senza pietà, le vicende dei bambini, sapendo che quello che rimarrà, comunque vada, saranno macerie di sentimenti e di emozioni? Nel mese di agosto abbiamo assistito, involontari ed angosciati spettatori, alla messa in piazza di una ulteriore tragedia familiare con conseguente allontanamento di un bambino e suo riaffido ad altra famiglia. Come Associazione non ci è rimasto altro che presentare un esposto all’Ordine dei giornalisti competente per violazione della Carta di Treviso.
Già, perché pochi sanno (e tra i giornalisti pochi ricordano) che nel lontano 1990 la Federazione nazionale per la stampa italiana (mica una Federazione da poco, visto che raccoglie l’adesione di gran parte delle testate italiane), gli Ordini dei giornalisti e Telefono Azzurro, hanno sottoscritto un documento, chiamato appunto Carta di Treviso, che tra le altre cose recita: “la tutela della personalità del minore si estende anche – tenuta in prudente considerazione la qualità della notizia e delle sue componenti – a fatti che non siano specificamente reati (suicidio di minori, questioni relative ad adozione e affidamento, figli di genitori carcerati, etc.) in modo che sia tutelata la specificità del minore come persona in divenire, prevalendo su tutto il suo interesse ad un regolare processo di maturazione che potrebbe essere profondamente disturbato o deviato da spettacolarizzazioni del suo caso di vita, da clamorosi protagonismi o da fittizie identificazioni”.Poiché però, fin da subito, ci furono ripetute violazioni della Carta, nel 1995 fu sottoscritto un vademecum ancora più impegnativo, che nei primi due articoli sostiene:
1) Al bambino coinvolto – come autore, vittima o teste – in fatti di cronaca, la cui diffusione possa influenzare negativamente la sua crescita, deve essere garantito assoluto anonimato. Per esempio deve essere evitata la pubblicazione di tutti gli elementi che possono portare alla sua identificazione, quali le generalità dei genitori, l’indirizzo dell’abitazione o il Comune di residenza nel caso di piccoli centri, l’indicazione della scuola cui appartenga. 2) Per quanto riguarda i casi di affidamento o adozione e quelli di genitori separati o divorziati, fermo restando il diritto di cronaca e di critica circa le decisioni dell’autorità giudiziaria e l’utilità di articoli e inchieste, occorre comunque anche in questi casi tutelare l’anonimato del minore per non incidere sull’armonico sviluppo della sua personalità.
E così, colleghi giornalisti, ogni volta che violate questo impegno, sappiate che, per ciò che avete scritto, un bambino verrà indicato a dito, una famiglia vivrà sezionata sotto gli occhi della gente, “l’armonico sviluppo” sarà solo un ricordo.
Se proprio volete parlare di minori, raccontate dei milioni di bambini nel mondo a cui è negata l’infanzia, il cibo, il gioco, lo studio, la tranquillità di una casa. Fatelo continuamente, senza stancarvi e senza preoccuparvi delle regole di mercato.
Insistete finché ognuno di noi non riesca più a giocare, imboccare, proteggere i propri figli senza pensare a quell’esercito di bambini in attesa di un gesto simile.
Antonio Fatigati
Presidente dell’associazione Genitori si diventa