La storia nasce 20 anni fa con tante Marie bielorusse che vengono ospitate da famiglie italiane dopo l’incidente atomico di Chernobyl. Dopo vent’anni ancora oggi 25-30.000 bambini giungono due volte l’anno in Italia per assaporare il gusto dell’agiatezza, del benessere italiano e del buon cuore di chi li ospita. Una corsa alla solidarietà che movimenta fiumi di denaro ogni anno
La recente vicenda della bambina bielorussa, nascosta dalla coppia genovese che l’ospitava durante le vacanze di risanamento, ci obbliga ad una profonda riflessione, quindi all’ inevitabile domanda su cosa sia più importante, la felicità di una bambina, il rispetto della legge, le ragioni degli affari, l’etica dei comportamenti, la ragion di Stato? La vicenda è finita con una evidente forzatura attuata delle forze dell’ordine e se da un lato questo intervento ha posto fine ad una assurda situazione dall’altra ha lasciato l’amaro in bocca per non essere riusciti a curare veramente e solo l’interesse della bambina che, in questo caso, era certamente quello di stare con coloro che l’avevano amata.
Questa storia nasce 20 anni fa con tante Marie bielorusse che vengono ospitate da famiglie italiane dopo l’incidente atomico di Cernobyl; vent’ anni sono passati ed in nome di questa solidarietà, ancora oggi, 25-30.000 bambini giungono due volte l’anno in Italia per assaporare il gusto dell’agiatezza, del benessere italiano e del buon cuore di chi li ospita. Ma perché 30.000 bambini in Italia e solo 500 in Germania: non saranno i tedeschi poco ospitali? Per loro Cernobyl è finita da tempo e le loro iniziative degli anni ‘80 a questo erano finalizzate; ad ospitare bambini da risanare. Ma ad oggi di quei bambini bielorussi malati alcuni sono morti, gli altri sono diventati adulti. E non è forse che sotto sotto vi è un interesse economico che va ben oltre quello che si potrebbe immaginare? Cerco di analizzare….
30.000 biglietti aerei Italia Minks a\r per due volte l’anno sono, mal contati, 30 milioni di euro. Almeno 10.000 famiglie viaggiano verso la Bielorussia una volta l’anno per vedere i” loro bambini” …. altro esborso di 10 milioni, e poi soggiorno di una settimana negli alberghi e nei residence per loro costruiti: altri 5 milioni. I bambini si portano dietro, quando lasciano il nostro Paese, una parte delle nostre piccole cose che servono anche per le loro famiglie o per gli altri ospiti degli Istituti;
sono centinaia le organizzazioni che di questo si occupano, quasi tutte operanti su base volontaria, ma che hanno le spese coperte solitamente dalle quote associative: vogliamo indicare altri 3\5milioni all’anno. Poi ci sono gli ospiti accompagnatori bielorussi che fanno carte false per farsi inserire nelle liste di viaggio; e magari anche qualche figlio di famiglia benestante o di funzionario ben posizionato nella macchina statale viene inserito tra i “poveri” ospiti per una bella vacanza italiana.
Se anche solo ci fermiamo qui arriviamo ad almeno l’equivalente di una manovra di finanziaria Italiana con buona pace del ministro Padoa Schioppa. Naturale a questo punto supporre che tutti questi elementi sommati superino di gran lunga gli interessi sommati dei soli bambini, invadendo pesantemente il loro campo a favore della soddisfazione degli adulti. Con la vicenda della piccola Maria siamo giunti però ad un punto così drammatico da non poter che passare in rassegna sommariamente le tappe della vicenda. Qualche anno fa (tre o quattro) i coniugi Giusto decidono di ospitare un bambino sapendo di non poterne avere uno loro o forse non avendo ancora maturato questo legittimo desiderio. Si rivolgono ad un’ organizzazione italiana che cura il soggiorno di questi bambini, ne indicano, forse, qualche caratteristica (maschio, femmina, età) e ne attendono l’arrivo. L’organizzazione, sulla sola motivazione solidaristica, aggiunge la famiglia Giusto all’elenco dei suoi sponsor, e speriamo che nel proporre la bambina questa non sia stata illustrata come orfana ed in stato di abbandono, insomma bisognosa di una famiglia. Ma andiamo oltre. La famiglia ospita Maria, (primo segnale: perché cambiarle nome? Per distanziarla dal suo Paese, per avvicinarla al nostro?) in una cameretta che assomiglia di più alla stanza di una figlia “viziata” che a quella di un ospite temporaneo. La convivenza poi si svolge in modo così felice che loro la chiamano “figlia” e lei li chiama “papà e mamma”. E qui osserviamo una grossa ed imperdonabile lacuna dell’organizzazione: non aver spiegato loro che il rapporto di solidarietà ha dei limiti, che la coppia deve essere in grado di tenere una distanza dalla bambina, soprattutto emotiva. Forse questo davvero non è stato ben spiegato, o ben compreso. E questo è male. L’affido, anche il non temporaneo, fonda le sue radici su un accompagnamento intelligente e costruttivo per il minore: il bambino che arriva in Italia deve sapere di avere qui una coppia di amici, di zii, che l’aiuteranno a crescere e a studiare in Bielorussia e che le faranno fare delle belle vacanze. Mettere una bimba di 6\7 anni, (tale era l’età al primo incontro con Maria) bisognosa più d’affetto e amore che non di beni materiali, a contatto con una coppia senza idonea preparazione, senza un controllo produce questi effetti ; unire invece una coppia con un grande bisogno di dare affetto ed amore è stato come mettere della benzina vicino al fuoco. E non poteva che finire così. Ma qui bisogna constatare che manca tutt’oggi una norma, delle regole che obblighino le organizzazioni a preparare e selezionare le famiglie a seconda del carico psicologico che devono assumersi; forse un orfano dovrebbe venire in Italia, in vacanza, accolto in una struttura, non in una famiglia senza figli (non ci vuole una grande intelligenza a capirlo).
In alternativa primaria il suo interesse è quello di essere messo in adozione. E qui arriviamo al nodo della questione: ma qual è davvero l’interesse della Bielorussia? Farsi mantenere 30.000 bambini con tutto il business annesso o affidarli in adozione e far finire la “pacchia” per tanti adulti?
In sintesi: continuare all’infinito ricattando così le 30.000 famiglie che sperano (almeno 400\600 di esse) di poterli un giorno avere per sempre. L’ambasciatore Bielorusso ha incredibilmente e seraficamente dichiarato che la curva demografica del suo Paese preoccupa le autorità e che le risorse per il loro futuro sono questi bambini; autorità che, ricordiamo, hanno nel tempo dimostrato di non saperli educare né del resto di poter consentire loro un futuro rispettoso della vita umana: cioè una famiglia. Ma sia lungi da me il voler sentire a questo punto il solito coro di consensi seguito da un “dateli a noi che sappiamo come amarli e crescerli”. Se infatti mai passasse questo pensiero i vari Lukashenko sparsi sul nostro Pianeta dovrebbero subire passivamente l’esproprio dei propri bambini solo per il fatto di non essere capaci di crescerli. Troppo conflitto d’interesse tra il cuore dell’adulto ed il diritto primario del bambino di crescere nel suo Paese, nella sua cultura nella sua etnia. Italiani, uno scatto d’orgoglio e di coraggio morale: le deportazioni sono il passato. Molte delle organizzazioni che si occupano di ospitalità sono di matrice religiosa dove dovrebbe albergare, storicamente, la migliore tradizione di pura solidarietà, ma forse anche qui si dovrà ancora imparare a porre davvero l’interesse del bambino davanti a tutti i nostri affetti, e manco a dirlo, i nostri affari, che con la Bielorussia prosperano. Sarò un eterno sognatore, ma non mi stancherò mai di dirlo: queste dispute sulla “proprietà” dei bambini mi nauseano e mi spaventano.
Gianfranco Arnoletti
Presidente Cifa Ong For Children