Attualmente qualsiasi forma di genitorialità è fortemente connotata in termini di scelta personale: si decide non solo se, ma anche quando diventare genitori. Uno stimolo per riflettere sulla procreazione adottiva
I genitori adottivi, a fronte dell’impossibilità di compiere naturalmente il passaggio da coppia coniugale a coppia genitoriale, devono riuscire ad attribuire un nuovo significato al termine generatività, rileggendola come capacità di prendersi cura di un’altra persona, anche se non generata da loro. In questo modo la coppia è pronta per compiere un passaggio ulteriore: alla scelta iniziale di diventare genitori si aggiungerà la scelta di una modalità del tutto particolare di essere mamme e papà: l’adozione.
Se si tenta di esplorare il significato della parola adozione, ciò che colpisce immediatamente è la molteplicità dei concetti a cui essa rimanda. In particolare, l’analisi etimologica del termine mette in luce due aspetti fondamentali dell’adozione: la scelta e il legame.
Il termine adottare, infatti, proviene dalla lingua latina ed è composto da ad più il verbo optare che vuol dire scegliere; ma anche riconoscere, assumere come proprio, concetti che evocano responsabilità, libero arbitrio, capacità di accoglienza, identificazione, appartenenza.
Ma il sostantivo latino adoptio veniva utilizzato spesso anche in botanica, con il significato di innesto. Il verbo innestare, a sua volta, deriva da in-nectare che significa legare, unire, integrare; nel dizionario si può leggere più estesamente “introdurre una parte viva in un’altra, in modo che si congiungano armonicamente”.
Adottare significa quindi scegliere di diventare genitori legandosi a un bambino in un modo del tutto unico, riuscendo ad assumerlo come proprio, pur riconoscendone e rispettandone la differenza.
Attualmente, qualsiasi forma di genitorialità, non soltanto quella adottiva, è fortemente connotata in termini di scelta personale: se nel passato, infatti, la nascita di un figlio veniva soprattutto subita e vissuta come un accadimento naturale, non programmato, che portava con sé un senso di estraneità e precarietà, oggi il diventare genitori si configura come un evento sempre più scelto, che diventa soltanto uno degli aspetti del progetto di autorealizzazione personale. Si decide non solo se, ma anche quando diventare genitori. La possibilità di programmare la nascita di un figlio può presentare dei lati positivi, quale ad esempio l’acquisizione di una maggiore consapevolezza delle responsabilità connesse all’essere genitori. D’altra parte la programmazione rischia di essere vissuta dalla coppia in modo riduttivo, come mero calcolo del momento in cui la rinuncia alla propria libertà può risultare meno gravosa.
Questo rischio è profondamente connesso al cambiamento del significato attribuito oggi al figlio: da dono da accogliere, esso è diventato espressione del desiderio di maternità e di paternità di due singoli individui che attribuiscono, ancor più che in passato, un grande valore al bambino, , a fronte di un legame matrimoniale che, invece, tende a farsi sempre più instabile.
Gli aspetti presi in considerazione assumono un’ulteriore forma se il naturale passaggio da coppia coniugale a coppia genitoriale è impedito. L’assenza di figli naturali spesso porta con sé vissuti depressivi e autosvalutativi, che riescono ad essere superati dalla coppia solo a fronte dell’attribuzione di un nuovo significato al termine generatività. La generatività, come afferma Erikson, non può essere ridotta a mero fatto biologico: essa consiste nella capacità di prendersi cura di un’altra persona, nella preoccupazione di creare e guidare una nuova generazione, non necessariamente attraverso una matrice biologica. Se la coppia riesce a fare proprio questo nuovo punto di vista, è pronta per compiere un passaggio ulteriore: alla scelta iniziale di diventare genitori si aggiungerà la scelta di una modalità del tutto particolare di essere mamme e papà: l’adozione. Questa forma atipica di genitorialità permette ai coniugi di acquisire “qualcosa in più” nel proprio patrimonio individuale e relazionale, per poter elaborare quel “qualcosa in meno” legato alla mancata nascita biologica.
Due sono le caratteristiche fondamentali della scelta adottiva: la reciprocità e la processualità.
L’adozione implica, prima di tutto, una reciprocità di scelta: non solo i genitori scelgono di adottare e di diventare padre e madre di quel figlio, ma anche il figlio accetta di essere adottato e decide di essere figlio di quei genitori.
La reciprocità della scelta porta con sé uno scambio di doni: i genitori donano al figlio la cura e la protezione di una famiglia che questi non ha; il bambino dona ai genitori la genitorialità e la continuità familiare. È importante che i genitori riescano a cogliere la reciprocità dello scambio: se essi si percepiscono come coloro che hanno “salvato” il figlio da una sorte avversa fatta di povertà, fame, violenza, il figlio rimarrà relegato nella posizione di perenne debitore e non riuscirà a percepirsi come portatore di un’unicità e di una individualità in grado di arricchire i genitori adottivi.
La reciprocità della scelta, che sottolinea come l’adozione sia impresa congiunta di genitori e figli, non deve però far dimenticare l’asimmetria della responsabilità, che va dalla generazione più adulta verso quella successiva: il patto adottivo viene sì costruito insieme da genitori e figli, ma con un diverso grado di responsabilità.
Il legame adottivo si costruisce, inoltre, attraverso un processo: non è fissato una volta per tutte, ma si modifica e si evolve continuamente.
E’ importante che sia i genitori, sia il figlio abbiano consapevolezza del fatto che la costruzione della genitorialità e della filiazione adottive è lenta e progressiva e richiede continue modificazioni dei pattern relazionali preesistenti e delle precedenti modalità di funzionamento.
La scelta iniziale dei due genitori di accogliere quel bambino come proprio figlio, e del figlio di accogliere quell’uomo e quella donna come propri genitori non è data una volta per tutte, ma va rinnovata e alimentata giorno per giorno.
In particolare, la costruzione del legame adottivo si snoda all’interno della dialettica tra il tema della differenza e quello della reciproca appartenenza. La sfida della famiglia adottiva consiste proprio nel riuscire ad assumere la differenza originaria del figlio, cercandone allo stesso tempo la somiglianza, attraverso la scoperta di punti in comune (tratti caratteriali, abitudini, interessi). Soltanto se la differenza del bambino viene riconosciuta, accettata e ricompresa all’interno della storia familiare si potrà costruire la reciproca appartenenza e la famiglia adottiva potrà far fronte alle sfide e ai compiti di sviluppo delle diverse fasi del ciclo di vita in maniera costruttiva.
La riuscita o il fallimento della scelta adottiva dipende dalla quantità e dalla qualità delle risorse sulle quali la famiglia può contare. Si tratta prima di tutto di risorse personali, possedute dai singoli membri, quali ad esempio le risorse fisiche, psicologiche e culturali. Ci sono poi le risorse familiari che assumono un peso e un’importanza fondamentali. L’adozione coinvolge la famiglia nel suo complesso e si specifica in compiti di sviluppo riguardanti tutte le generazioni coinvolte: il figlio, il cui compito consiste nella costruzione della filiazione adottiva; i genitori che devono riuscire a costruire la genitorialità adottiva; i nonni che devono supportare i figli di fronte a una scelta impegnativa e rischiosa come quella di adottare, e accogliere il nipote come continuatore della storia familiare. Infine, è importante valutare le risorse sociali sulle quali la famiglia può contare: l’adozione è un progetto di vita non di un singolo, ma di una comunità.
Non basta, quindi, che il bambino venga accolto dalla famiglia e dalla rete parentale, è necessario che egli venga “adottato” anche dal più ampio contesto sociale: in questo modo la scelta adottiva diventa un progetto comune che coinvolge prima di tutto il bambino e i genitori adottivi, ma che richiede la collaborazione e l’impegno di tutti coloro che accompagnano il bambino adottato nel suo percorso di crescita, affinché questi possa scegliere e sentirsi scelto dalla sua nuova famiglia.
Chiara Rigetti
Operatrice Associazione No Profit
Istituto La Casa