Genitori si diventa

L’adozione  è un gesto di amore verso se stessi e verso un bambino a cui viene offerto un nido. Nido inteso come fonte di sicurezza, nutrimento, affetto e protezione. Nido come naturale disponibilità di due genitori. Perché questa importante risorsa di amore dia pienamente i suoi frutti,non si può prescindere da una adeguata formazione della coppia

E’ noto come il processo di adozione passi attraverso una serie di adempimenti burocratici   talora dei veri e propri intoppi che spesso possono essere scoraggianti, mentre è enorme l’investimento emotivo che caratterizza l’intero percorso adottivo. Le organizzazioni, gli Enti che curano queste procedure, hanno il compito di mettere a disposizione  una buona preparazione psicologica alle coppie  ed a fornire loro un adeguato accompagnamento post adottivo. Gli studi su questa materia sostengono, specie nella interpretazione relazionale, che quando si concretizza l’incontro adottivo con il bambino,  nel mondo interno dei genitori si attivano aspetti che rimandano al proprio essere padre e madre. Si tratta di meccanismi fortemente correlati ai modelli di figure genitoriali che ciascuno di loro ha interiorizzato dalle rispettive famiglie di origine, e non di rado si intersecano con le fantasie sui genitori di origine del bambino.  A questo si aggiungano tutte le memorie e le possibili (prima o poi) evocazioni, il più delle volte non esplorabili, del bambino. A.I.A.U. ha attivato una Equipe Adozioni il cui coordinamento tecnico scientifico è affidato ad una psicologa esperta nel settore della formazione sistemico-relazionale. L’èquipe è composta da psicologi e da medici, tutti psicoterapeuti specializzati nel lavoro con la coppia e con la famiglia; è presente inoltre un medico psicoterapeuta specializzato in neuropsichiatria infantile, per integrare il momento formativo quando nel gruppo emergano notizie di problemi particolari che riguardano il bambino. Uno degli obiettivi dell’Equipe Adozioni di A.I.A.U. è quello della ricerca; ci si propone di indagare sui molti temi emergenti dal numero crescente di richieste di adozioni internazionali che le famiglie inoltrano agli enti autorizzati, e sulla necessità di relazionarsi coi paesi a proposito dei programmi adottivi. Nello stesso tempo l’Equipe Adozioni è impegnata nel lavoro di formazione della coppia  in fase preadottiva , nella consapevolezza di come sia indispensabile e necessario effettuare degli accertamenti preliminari, sulle motivazioni della scelta. Un impegno particolare sia da un punto di vista teorico che di tecnica della formazione viene dedicato alla fase post-adottiva, quando i due genitori cominciano a sperimentare il proprio cambiamento di vita: essi si trovano ad affrontare una fase fondamentale del ciclo vitale della famiglia per l’arrivo di un terzo componente, il bambino, quando si trovano a passare dalla loro posizione “faccia a faccia” a quella “fianco a fianco”, da due a tre. Questo processo impone loro di rinegoziare il rapporto e a dar vita alla nuova relazione triadica tra loro e il figlio/a. è previsto per questo passaggio un “accompagnamento” da parte di personale esperto dell’èquipe.

I CORSI POST-ADOTTIVI

Da tempo l’Equipe Adozioni di A.I.A.U. organizza gruppi di formazione post adottiva per genitori dopo l’ingresso del figlio nel nucleo familiare. Viene considerato post adozione quel periodo di tempo che segue l’arrivo del bambino nella sua famiglia e che si protrae per un tempo di circa un anno. Da un punto di vista psicologico e sociale il periodo post adottivo è da intendersi dall’ingresso del bambino nella nuova famiglia fino a quando la relazione di attaccamento affettivo si sia consolidata, quando sia avvenuto da un punto di vista relazionale il passaggio da due a tre del sistema familiare. I corsi sono condotti da psicologi e da medici specializzati in psicoterapia relazionale della famiglia. Il lavoro di gruppo offre ai neo genitori uno spazio di pensiero e di confronto con altri che sperimentano situazioni simili; un ampliamento dello spazio di riflessione, di introspezione. Si cerca di ridimensionare la tendenza ad impegnarsi nel tentativo di essere uguali alle altre famiglie “normali”, negando od occultando le ovvie diversità insite nella genitorialità adottiva; lo scopo è di favorire il raggiungimento di una percezione e di una capacità comunicativa equilibrata,  chiara e serena del fatto adottivo.I contenuti del processo formativo riguardano i passaggi evolutivi appena citati, con l’analisi delle fasi del ciclo vitale della famiglia adottiva e dei significati attribuiti, nel mondo interno dei genitori, all’incontro con il bambino, la riflessione sui  vissuti in occasione dei primi contatti e dell’arrivo a casa. Si tratta in sostanza di un lavoro sulla genitorialità, dove in assenza di una dimensione biologica, “naturale”, ci si appoggia prevalentemente sugli aspetti relazionali e sociali. La Teoria che viene adottata per la strutturazione dei corsi di formazione è quella sistemico-relazionale. Sinteticamente, questa sostiene che i comportamenti umani non hanno a che fare solo con le componenti  soggettive dell’individuo , ma bensì con la sua rete di relazioni. In particolare quelle intrafamiliari. L’impianto teorico sistemico (quello originario del Mental Reserch Institute di Palo Alto (Calif.), riteneva  che le relazioni in quanto tali giustificassero i comportamenti dei singoli.  La scuola dell’MRI proponeva solo interventi sulle relazioni e vedeva nel cambiamento di queste il superamento dei problemi. Lo sviluppo più recente della  dottrina relazionale, prevede invece non solo una importante valutazione della esperienza individuale, ma anche il recupero della storia delle famiglie di origine.

Una importante premessa di carattere generale è che il lavoro formativo viene impostato seguendo una traccia teorica e metodologica condivisa a livello di èquipe. Il percorso è caratterizzato dal concetto che le teorie sono da intendersi in continuo divenire,secondo la modalità prassi-teoria-prassi. E’ importante precisare che  i professionisti non  creano un contesto di psicoterapia, essi hanno ben chiaro che non hanno a che fare con  patologie. Essi si trovano semmai di fronte a  genitori che intendono condividere la propria esperienza con l’aiuto di un “supervisore”. Il lavoro rappresenta una esperienza particolare nella quale viene dato per scontato che le coppie di genitori abbiano sostanzialmente risorse adeguate. Il ruolo dello “specialista” dovrà quindi essere quello di facilitare la comunicazione, di lavorare coi partecipanti riguardo alle loro capacità genitoriali, di accogliere i loro dubbi e le loro incertezze senza giudicare.Nel corso degli incontri e del dibattito l’esperto dovrà fornire un appoggio discreto stimolando il confronto e la ricerca di “soluzioni” all’interno del gruppo. Saprà astenersi da atteggiamenti da “docente” consapevole del fatto che non è detto che esista un modello di genitore migliore in assoluto. Prenderà in considerazione gli stimoli e le necessità che emergono dal gruppo. Di volta in volta, sempre in relazione a richieste provenienti dai partecipanti, e solo se lo riterrà opportuno, potrà effettuare attività e giochi relazionali pertinenti all’argomento emerso dalla discussione. L’obiettivo principale di questi incontri è quello di aiutare i partecipanti a percepirsi come genitori adeguati pur con tutti i dubbi e le incertezze che questa “condizione” comporta, fornendo un supporto tecnico  scientifico. Il conduttore  è un attento osservatore, e talvolta può trovarsi ad osservare situazioni che possono essere definite a rischio. Solo nel caso emergessero problemi particolari si dovrà valutare come affrontarli,se all’interno del gruppo oppure proponendo incontri con la/e singola/e coppia/e.La posizione teorica e tecnica attuale dell’èquipe riguardo la possibilità di far partecipare i nonni alle sedute di formazione post adottiva è quella di riservare gli incontri esclusivamente alle  coppie di genitori; questo perché è importante delimitare in modo chiaro i confini del sottosistema genitori-bambino e contribuire ad una assunzione piena del ruolo genitoriale . L’èquipe ritiene inoltre opportuno escludere i bambini dai gruppi post adottivi: si pensa infatti sia fondamentale non psicologizzare eccessivamente il figlio adottivo, fatta eccezione per casi particolari ove si evidenzino problemi specifici di un minore, per i quali saranno attivati interventi mirati.

METODOLOGIA DI LAVORO

è stato organizzato un ciclo di nove incontri della durata di tre ore, opportunamente distanziati di un mese ciascuno, onde favorire una riflessione e una rielaborazione dei contenuti emersi nel corso di ogni incontro. è prevista la prosecuzione della formazione post adottiva per un secondo ciclo di nove incontri per quelle famiglie che ne facciano richiesta, specie se in presenza di problematiche particolarmente difficili emerse nel primo ciclo. Il numero di partecipanti all’incontro è di cinque coppie con un limite massimo di sei coppie. è previsto inoltre, al termine di ogni ciclo di tre incontri, uno spazio dedicato alla supervisione del lavoro dello psicoterapeuta, condotta dal coordinatore dell’area psicologica dell’ente.

SCHEMA DEI TEMI AFFRONTATI NEL PERCORSO POST-ADOTTIVO

1 – Percorso adottivo

L’incontro con il bambino conclude un lungo itinerario fatto di adempimenti burocratici, colloqui, contatti, sospensioni, fantasie, paure. L’esperienza soggettiva è quanto mai complessa e delicata; varia da persona a persona e da coppia a coppia.E’ una esperienza che prevede di riflettere proprie motivazioni ed anche sui propri entusiasmi e sulle proprie paure. E’ fondamentale essere informati sulle teorie riguardanti il nascere dell’ attaccamento e di come l’ambiente sia rilevante per lo sviluppo di un bambino. Poter elaborare i vissuti, le domande o le suggestioni, più o meno consapevoli, se il piccolo può essere portatore di dati appartenenti alla famiglia o al gruppo sociale di provenienza. Ci sono numerosi pregiudizi, non solo popolari, intorno a possibili “imperfezioni” di un bimbo adottato. è noto come i genitori adottivi si espongono ad essere influenzati da certe suggestioni e di riproporle in modo inconsapevole al bambino col rischio di attivare sequenze del tipo  “predizione che si autodetermina”. Scopo dell’èquipe è  quello di accogliere le apprensioni dei genitori, che hanno una loro  ragione di esistere, data la scarsa o nulla conoscenza del “prima”. Con l’adozione essi si confrontano anche con l’eventuale strappo, separazione, perdita del legame di attaccamento originario, del bambino: non si può escludere infatti che nell’adottato sussista una sofferenza psicologica.

2 – Divenire genitori

La neo genitorialità corrisponde al formarsi di uno spazio mentale  che comprende anche il un  nuovo componente, il figlio, che entra a far parte del sistema famiglia. Diventare  coppia genitoriale prevede che si ci sia una “mente della coppia”.
A questa “mente” va il compito di mantenere, sia la “coniugalità”, con le sue componenti affettive e sessuali,  sia le rappresentazioni  del ruolo materno e paterno che  si fondono, appunto, nel concetto di “genitorialità”.

3 – La famiglia adottiva

Si assiste all’ intersecarsi di due storie fino a quel momento estranee, che non avevano un  “prima” in comune”.  Ne deriva un riconoscimento reciproco dove la coppia si ridefinisce come “due genitori”, mentre  ben presto il figlio si vivrà come tale. I due genitori cominciano a sperimentare il cambiamento della loro vita: una fase fondamentale del ciclo vitale per l’arrivo di un terzo componente della famiglia, quando si trovano a passare dalla posizione “faccia a faccia” a quella “fianco a fianco”.

4 – Informare il bambino

E’ corretto pensare che il figlio, prima o poi possa accedere alle proprie origini e alla  sua storia? Che emozioni la storia del bambino, la sua istituzionalizzazione, il suo passato suscitano nei genitori? Noi riteniamo che il figlio adottivo debba sapere di essere stato adottato. è importante che conosca la sua storia e, ove sia possibile, l’identità dei genitori biologici.

I genitori adottivi devono essere consapevoli che i genitori biologici possono mantenersi presenti nel mondo cognitivo o in quello fantasmatico del bambino.

5 – realtà narrabile

I genitori adottivi dovrebbero avere la sensibilità di selezionare di volta in volta quanto si può dire, tenendo conto delle necessità legate alla crescita psicologica ed emotiva del bambino. Dunque di fronte al “dicibile” si pongono aree di “non dicibile”. Si tratta di uno  spazio comunicativo molto delicato dove è necessario dare informazioni corrette senza  omissioni ma nemmeno esagerate iperdescrizioni.

6 – attaccamento

La questione dell’attaccamento è una delle più cruciali nel percorso adottivo: perché un legame affettivo si manifesti e si consolidi ci vuole del tempo; i genitori adottivi, già provati da lunghe attese devono avere tanta pazienza e tanta voglia di capire i propri bambini, senza scoraggiamenti, tenendo a bada le loro paure.L’incontro tra genitori adottivi e  bambino condurrà al superamento degli iniziali nodi emotivi: esso darà vita ad un legame svincolato dalla filiazione biologica e fondato invece su una relazionalità affettiva.

7 – inserimento sociale

Talvolta il bambino che arriva da un paese straniero, il figlio adottato, può attivare nel contesto sociale, dinamiche non sempre positive in tema di convivenza, di differenza; uno dei terreni di incontro e di scontro su questi argomenti fondamentali è indubbiamente la scuola. L’Equipe di A.I.A.U. affronta con i genitori l’argomento e cerca di aiutarli ad aiutare i propri figli a inserirsi positivamente nel sociale. Nei gruppi post-adottivi, quindi, l’obiettivo è quello di creare un contesto nel quale sia possibile “parlare senza paura della paura”,  con un lavoro di feed forward  atto a  potenziare nelle coppie le risorse di accoglienza e di accudimento dei propri bambini.

Anna Maria Bacherini
Psicologa Psicoterapeuta della Coppia e della Famiglia
Docente Gestione Risorse Umane, Università di Firenze
Didatta Istituto di Psicoterapia Relazionale Pisa
Responsabile settore Psicologia di A.I.A.U. Firenze

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