Sempre più bravi, sempre senza un futuro

C’è costanza sia nell’impegno scolastico sia nell’eventuale impegno lavorativo sia nelle attività di tempo libero (sportive, ricreative,ecc.). Per contro sono in netta diminuzione i fenomeni di abbandono scolastico e le manifestazioni di insofferenza e/o aggressività verso coetanei e adulti.A fronte, questi giovani vivono parecchie incertezze, prima tra tutte la possibilità di restare in Italia  al compimento della maggiore età.

Il flusso di minori stranieri non accompagnati (ossia di quei minori stranieri che giungono in Italia privi di figure adulte che li tutelino e rappresentino) ha iniziato ad interessare la regione Friuli Venezia Giulia a partire dagli anni ’90 e ha acquisito, in meno di un decennio, dimensioni significative, comparabili a quelle delle maggiori città italiane.

Fin dai primi arrivi questi minori hanno posto ai servizi importanti questioni che vanno dalla soddisfazione dei bisogni più elementari di sopravvivenza, alla definizione di un percorso di crescita, a più complesse esigenze di protezione e tutela. Le prime risposte dei servizi pubblici e delle strutture residenziali, non pensati per far fronte alle problematiche di cui questi minori sono portatori, si sono caratterizzate per l’emergenza e la contingenza. Il perdurare del fenomeno e il suo andamento incrementale, tuttavia, hanno indotto tanto i servizi territoriali, quanto le comunità verso la formulazione di un’offerta educativa più articolata e sensibilmente orientata a costruire le premesse per una vita autonoma al compimento della maggiore età di questi giovani.

Nonostante le difficoltà, connesse sia ad un susseguirsi di disposizioni normative e amministrative, costantemente sospese tra esigenze di protezione dei minori e istanze di ordine pubblico, sia ad aspetti finanziari, utilizzati ora per rinforzare ora per contrarre l’intervento rivolto a questi minori, tutti i territori regionali interessati da questo fenomeno (per lo più centri urbani e comuni su cui insistono le strutture di accoglienza) sono riusciti a costruire delle proposte educative che, nel complesso, presentano tratti di somiglianza, pur con delle peculiarità legate al contesto locale. L’esigenza avvertita dagli operatori del settore di confrontare le prassi in atto, esplorare eventuali aree di criticità ed individuare delle ipotesi progettuali future è stata raccolta da un gruppo di associazioni (ARCI Nuova Associazione, Associazione Interethnos, IRES Friuli Venezia Giulia, Consorzio Italiano di Solidarietà) e rilanciata in forma progettuale come “Osservatorio Minori Stranieri Non Accompagnati”.

Sostenuto finanziariamente dalla Regione Friuli Venezia Giulia (Assessorato per le identità linguistiche e i migranti, l’istruzione, la cultura, lo sport, le politiche della pace e della solidarietà) e giunto, ormai, alla sua terza edizione, l’Osservatorio rappresenta uno strumento di analisi sincronica e diacronica delle prassi di accoglienza poste in essere nei diversi territori della regione. Lo stesso termine accoglienza trova, nell’Osservatorio, una declinazione piuttosto ampia, che abbraccia gli aspetti connessi ai bisogni primari (vitto, alloggio, ecc.), l’offerta educativa, le azioni a tutela e protezione del minore, gli interventi finalizzati a garantirne la partecipazione nei procedimenti che lo riguardano.

Lo spaccato di realtà offerto dall’Osservatorio, che non ha pretesa di esaurire tutte le questioni inerenti i minori stranieri non accompagnati, consente di condurre alcune riflessioni in merito tanto alla tipologia di utenza, quanto ai servizi offerti. A migrare sono prevalentemente adolescenti (con una lieve tendenza all’abbassamento di età), maschi, provenienti da famiglie di diversa estrazione sociale e non particolarmente numerose, con un percorso scolastico pregresso comparabile alla scuola dell’obbligo italiana e interessati, in misura ridotta, da esperienze lavorative precoci, generalmente in forma precaria. L’insieme di questi elementi induce ad ipotizzare che il progetto migratorio prenda forma prevalentemente nella fase di passaggio – particolarmente delicata anche sul versante identitario – tra la scuola dell’obbligo e la prosecuzione degli studi o l’inserimento lavorativo. Generalmente si tratta di un progetto condiviso con la famiglia, che sembra affidare ai suoi componenti più giovani compiti che hanno a che fare con il benessere economico e la promozione sociale dell’intero nucleo.

I dati sull’accoglienza offerta dal territorio regionale sembrano orientare verso servizi che esprimono, anche se con difficoltà e con delle criticità, un’attenzione specifica ai bisogni evolutivi, formativi, relazionali e di tutela di questa fascia di popolazione minorile. La rete dei servizi offre, infatti, opportunità sul versante formativo e, successivamente, lavorativo; parallelamente sviluppa attività a valenza socializzante che permettono ai minori di trovare, all’interno del gruppo dei pari, soddisfazione a bisogni affettivi, di rassicurazione e protezione, tipici della fase adolescenziale.

Generalmente il percorso evolutivo del minore si sviluppa nel corso della sua permanenza presso la comunità (stante la scarsa percorribilità, per diverse ragioni, dei percorsi di affidamento familiare) e tende ad assumere caratteristiche di continuità ed impegno.

Il dato empirico evidenzia una costanza sia nell’impegno scolastico sia nell’eventuale (spesso successivo) impegno lavorativo, sia, ancora, nelle attività di tempo libero (sportive, ricreative,ecc.). Per contro appaiono residuali sia i fenomeni di abbandono scolastico, sia le manifestazioni di insofferenza e/o aggressività verso i coetanei e/o le figure adulte.

A fronte di ciò non si possono sottacere gli elementi di importante incertezza che attraversano il percorso di questi minori e che hanno a che fare soprattutto con la loro permanenza nel territorio nazionale al compimento della maggiore età. Se, infatti, durante la minore età vi è attenzione agli aspetti di protezione e tutela (a volte anche sotto forma di segnalazione di eventuali criticità), diversa è la situazione al momento del compimento del diciottesimo di età, pur in presenza di percorsi che hanno permesso l’inserimento nel contesto locale.

Questo aspetto, che pare in contraddizione con i dati emersi nel corso delle rilevazioni – dati che mettono in luce percorsi evolutivi connotati da impegno e regolarità e, per contro, una residualità di comportamenti trasgressivi, discontinui, ecc. – sollecita a riflettere circa la necessità di individuare delle soluzioni concertate, capaci di tradurre le opportunità di vita autonoma costruite nel corso della minore età in un effettivo inserimento sociale.

Se si ritiene, infatti, che i percorsi educativi dipendano, nel loro esito, da un complesso intreccio nel quale l’impegno di chi fruisce di opportunità educative deve trovare una corrispondenza nella coerenza e credibilità delle figure adulte, allora la ricerca di soluzioni concrete che traducano l’offerta educativa rivolta ai minori stranieri in reali opportunità di sviluppo e inserimento sociale deve costituire un impegno imprescindibile per i soggetti competenti in questo settore.

Elisabetta Kolar
– assistente sociale

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