I riflessi nazionali di un fenomeno di portata europea

Negli ultimi anni la giustizia minorile ha messo in moto all’interno dei propri servizi, un management progettuale e strategico delle differenze culturali al fine di favorire la comunicazione, l’aggregazione e la comprensione, attraverso varie attività

Un’attenzione particolare merita la realtà dei romeni, attualmente la prima nazionalità fra i minori stranieri autori di reato: le denunce di minori romeni alle Procure della Repubblica presso i Tribunali per i Minorenni da 1184 nel 2001 sono passate a 3323 nel 2003. I collocamenti in comunità dei minori romeni dal 2002 al 2005 sono passati da 49 a 174; la loro presenza media giornaliera negli Istituti penali dal 2001 al 2005 è cresciuta da 10,8 a 80. L’andamento di crescita complessivo dei minori romeni, dunque, dal 2001 al 2005 risulta pari al 249%, sebbene l’entità del fenomeno sia accertabile solo in parte: nel 2007 la Romania entrerà a far parte dell’Unione Europea e tali numeri, oggi preoccupanti, certamente si innalzeranno

La giustizia minorile italiana, da diversi anni, si trova a operare con minorenni e giovani-adulti “di cittadinanza non italiana” o appartenenti ad altre culture, diverse da quella autoctona. I minori stranieri che delinquono ed il loro rapporto con la giustizia penale rappresentano dati statistici esplicativi di un fenomeno cangiante, col quale gli operatori del penale sono tenuti a confrontarsi per dare risposte tempestive e certe. Non posso nascondere una certa perplessità a riferire su una giustizia minorile “italiana”, dovrei più correttamente parlare di giustizia minorile europea, o ancora meglio, internazionale. Uso questi attributi con gli stessi parametri di riferimento con cui essi vengono usati oggi in Europa nel campo delle relazioni politiche ed economiche interdipendenti, ovvero revisione, cambiamento, necessità, adeguamento, globalizzazione e via dicendo.

Negli ultimi otto anni, dal 1998 al 2005, sebbene il numero dei minori stranieri arrestati e condotti presso gli istituti penali sia in leggera diminuzione, occorre sottolineare che la presenza media giornaliera degli stranieri negli Istituti penali per minorenni è cresciuta in Italia da 171 a 258; quelli segnalati dall’Autorità Giudiziaria agli Uffici di servizio sociale hanno subìto un incremento da 1815 a 4208; i minori stranieri presi in carico dagli Uffici di servizio sociale sono passati in Italia da 719 a 2412; quelli collocati in comunità sono passati da 123 a 807, dato sicuramente fra i più incisivi; l’utenza media giornaliera, nell’anno 2005, sia per gli italiani che per gli stranieri si è attestata a 470 minori collocati in comunità, 477 detenuti negli istituti penali per i minorenni, 8048 minori seguiti dagli uffici di servizio sociale per minorenni.

Un’attenzione particolare merita la realtà dei romeni, attualmente la prima nazionalità fra i minori stranieri autori di reato: le denunce di minori romeni alle Procure della Repubblica presso i Tribunali per i Minorenni da 1184 nel 2001 sono passate a 3323 nel 2003; gli ingressi di minori romeni nei Centri di prima accoglienza, servizi della Giustizia Minorile in cui sono collocati i minori arrestati o fermati per la commissione di un reato in attesa che il giudice minorile svolga l’udienza di convalida dell’arresto, sono cresciuti nel quinquennio 2001-2005 da 240 a 838, su un totale complessivo di soggetti minori entrati in detti Servizi Minorili pari a 3655 unità mentre il numero dell’utenza straniera non ha subìto sostanziali modifiche; fra questi molti infraquattordicenni, la cui non imputabilità viene strumentalmente utilizzata dalla criminalità organizzata per la commissione di reati contro il patrimonio. I collocamenti in comunità dei minori romeni dal 2002 al 2005 sono passati da 49 a 174; la loro presenza media giornaliera negli Istituti penali dal 2001 al 2005 è cresciuta da 10,8 a 80 mentre il numero dell’utenza straniera, come nel caso dei CPA, negli anni non ha subìto considerevoli variazioni.

L’andamento di crescita complessivo dei minori romeni, dunque, dal 2001 al 2005 risulta pari al 249%, sebbene l’entità del fenomeno sia accertabile solo in parte: nel 2007 la Romania entrerà a far parte dell’Unione Europea e tali numeri, oggi preoccupanti, certamente si innalzeranno. Sono previsti cinque milioni di romeni pronti a riversarsi in tutta Europa il giorno stesso in cui essi otterranno la cittadinanza europea e i minori romeni non saranno più considerati “non accompagnati”, uscendo così dalla competenza del Comitato Minori Stranieri, istituito presso il Dipartimento per gli affari sociali, di cui fa parte anche un rappresentante del Ministero della Giustizia.

Sul tema dei minori non accompagnati, il Dipartimento sta organizzando una conferenza di servizi per promuovere un protocollo d’intesa con l’Unicef, il Ministero dell’Interno, il Ministero degli Affari Esteri, l’A.N.C.I., l’Associazione Italiana Magistrati per i Minorenni e per la Famiglia, l’UNHCR (Alto Commissariato Nazioni Unite per i Rifugiati) e i rappresentanti regionali per le politiche dell’immigrazione. E’ uno strumento di tutela dei minori stranieri che prevede accordi con i Paesi d’origine, linee guida per le procedure di permesso di soggiorno a livello locale ed eventualmente la predisposizione di un regolamento per i Centri di Pronta Accoglienza per tali minori.

Si è, inoltre, attivata la collaborazione con la Romania e con la Francia per un progetto europeo di scambio di buone prassi e di individuazione di percorsi comuni per affrontare il problema dei minori romeni non accompagnati, in particolare la possibilità di istituire, anche in Romania, la figura del magistrato di collegamento. Attualmente tale figura esiste in Francia, Spagna ed Inghilterra, ma è opportuno che sia istituita in tutti i Paesi europei e in quelli da cui provengono i minori immigrati, in modo da facilitare la cooperazione internazionale.

Non si deve, però, correre il rischio di parlare di minori stranieri e focalizzare l’attenzione solo sui minori non accompagnati, sebbene sia lo status più ricorrente fra le casistiche dell’utenza oggetto di questo convegno. L’attuale categoria statistica di “stranieri”, abusata e obsoleta, racchiude in una sola parola persone che, invece, provengono, da innumerevoli contesti socio-culturali e che vivono differenti temporalità circa la loro presenza in Italia. Mi riferisco ai minori entrati per scopi adottivi, in stato di abbandono, ospiti temporaneamente (solitamente non più di tre mesi), in stato di clandestinità insieme alla loro famiglia, entrati regolarmente con la loro famiglia o per ricongiungimento familiare, richiedenti asilo politico, profughi di guerra o sfollati, non accompagnati, clandestini sfruttati nell’accattonaggio, nella prostituzione, nella criminalità.

La nuova veste di una giustizia minorile italiana sempre più internazionale sta generando situazioni di disagio sia nei detenuti che negli operatori sociali che a vario titolo lavorano e collaborano nei servizi con i minori penali stranieri: linguaggi incomprensibili, modalità comportamentali sconosciute, usanze religiose e alimentari diverse, strategie di adattamento che vanno dalla resistenza culturale all’assimilazione (tendenza a “diventare italiani”), dall’alienazione alla marginalità le quali conducono alla cosiddetta “doppia eticità” o “doppia appartenenza”. A questo si aggiungano altre specifiche criticità: il detenuto straniero tossicodipendente, o alcolista, o psicopatologico (categorie interrelate che spesso conducono all’autolesionismo), gli episodi di intolleranza e di razzismo, gli spostamenti di minori da un istituto ad un altro, dal nord al sud del paese, a causa del sovraffollamento e della ridotta capienza degli istituti, sebbene la recente legge sull’indulto, L.241 del 31.07.2006, abbia rimesso in libertà un numero non indifferente di detenuti.

Le attività trattamentali del lavoro sociale con gli stranieri si scontrano, inoltre, con un sistema processuale e giuridico risalente a quasi vent’anni or sono, quando la parola “minore straniero” era ancora agli albori: diffusa è la prassi della detenzione come misura cautelare (il “carcere dei non-condannati”), la difficoltà di estendere agli stranieri le misure alternative alla detenzione (in quanto privi di permesso di soggiorno o di supporti familiari, abitativi, lavorativi necessari per ottenere i benefici); la difficoltà di ricorrere ad avvocati di fiducia e di decifrare l’iter giudiziario che li riguarda.

Ecco perché la giustizia minorile, soprattutto negli ultimi anni, ha messo in moto all’interno dei propri servizi, con l’ausilio prezioso e insostituibile degli enti locali e del terzo settore, un management progettuale e strategico delle differenze culturali al fine di favorire la comunicazione, l’aggregazione e la comprensione, attraverso attività scolastiche e formative, laboratori artigianali, di animazione culturale, attività sportive e ricreative. All’esterno, invece, sono imprescindibili la formazione scolastico-professionale ed il reinserimento sociale dei minori stranieri, coinvolgendo le comunità dei connazionali e il social network nel suo complesso, sfidando la problematicità della burocrazia e della frammentazione dei servizi. Funzione fondamentale è garantire il diritto dei minori a non veder pregiudicata dall’esperienza detentiva la possibilità di un orientamento positivo del processo di crescita, attraverso la possibilità di fruire, anche in un contesto detentivo di forte limitazione della libertà personale, di attività strutturate sull’impegno, sulla costruttiva progettazione del proprio tempo e, conseguentemente, sulla costruzione di percorsi di reinserimento e di competenze spendibili all’esterno.

Per i minori stranieri è importante che tali attività formative possano essere concretamente fruibili, soprattutto in relazione ai tempi di permanenza, ai titoli di studio e alle competenze di base richieste, per consentire quelle opportunità di reinserimento lavorativo che ponga loro in condizioni parificate a quelle degli altri giovani. Da qui il legame con gli enti locali di formazione, le Camere di commercio, i sindacati, le agenzie per l’impiego e gli enti di ricerca di mercato i quali possono fornire informazioni e consulenze sulle reali e concrete prospettive occupazionali nel territorio di riferimento.

Un servizio oramai consolidato e necessario è la mediazione culturale all’interno delle strutture  minorili e il Dipartimento Giustizia Minorile ha sempre favorito lo sviluppo di rapporti di collaborazione con i mediatori culturali. Nella relazione educativa sono frequenti le difficoltà di comprensione dei disagi interiori e le difficoltà di natura culturale e di ruolo: si pensi ad esempio quale concezione possa avere un ragazzo musulmano della propria educatrice donna e dunque quale opera di misconoscimento egli possa mettere in atto nei confronti della stessa istituzione che ha il compito di accoglierlo e sostenerlo nel suo percorso di re-inserimento sociale. I mediatori culturali sono risorsa fondamentale nella gestione delle specifiche dinamiche relazionali che emergono nel lavoro con i minorenni stranieri e fra gli stessi detenuti e il loro ruolo si è sviluppato con una significativa funzione di “ponte” tra realtà detentiva e possibilità di sostegno ed aiuto che il territorio può offrire, un prezioso input nella difficile ricerca di specifiche modalità di intervento nei confronti dell’utenza straniera.

Innumerevoli sono i progetti promossi e organizzati per l’utenza penale minorile, alcuni di essi già realizzati, altri in itinere, altri ancora in fase di progettazione, strategie dettate da una tempistica, quale quella dei progetti europei, che non lascia spazio ad ipotetiche frettolose soluzioni progettuali, bensì a partnership di elevata taratura che coinvolgono Servizi Minorili della Giustizia, Enti locali, Amministrazioni pubbliche, Fondazioni bancarie, Torino, è stato siglato un protocollo operativo tra Comune, Ufficio minori stranieri e Centro giustizia minorile, per interventi nei confronti dei minori stranieri, il quale prevede la co-costruzione di percorsi progettuali e la costituzione di tavoli di confronto. L’Istituto Penale per Minorenni, attraverso il progetto “InterAzione e Benessere: dall’accoglienza all’ospitalità”, attuerà interventi di mediazione culturale di lingua romena e araba a sostegno dei minori stranieri non accompagnati – con particolare attenzione ai momenti di solitudine che coincidono con gli orari in cui gli altri ragazzi svolgono i colloqui con le famiglie – e attuerà interventi di sensibilizzazione, informazione ed esplicitazione degli aspetti sanitari all’interno degli Istituti penali, attraverso la presenza settimanale di un medico e di un mediatore culturale.

A Milano, la Provincia sta attivando una collaborazione con la Romania per un accompagnamento educativo e sostegno formativo ai minori romeni e per un reinserimento degli stessi nel loro Paese.

A Bologna,  il Progetto sull’affido omoculturale di minori e adolescenti stranieri ha concluso i due cicli di corsi di informazione/formazione delle famiglie maghrebine disponibili all’affido, e il lavoro finora svolto ha consentito di sensibilizzare un gruppo di famiglie straniere residenti e di avviare le prime sperimentazioni di affido, anche di adolescenti.

A Roma, il Progetto “Orizzonti a colori”, si pone l’obiettivo di favorire la riduzione del numero dei minori romeni sfruttati o coinvolti in attività illegali e promuoverne il reinserimento sociale. Tra le attività progettuali si evidenziano: formazione degli operatori, educativa di strada, mediazione culturale e consulenza di un etnopsichiatra, accompagnamento educativo attraverso il coinvolgimento di peer educator appartenenti alla stessa nazionalità dei minori. Sempre a Roma è in atto il Progetto “Sostegno all’accoglienza presso le case famiglia dei minori stranieri non accompagnati in misura penale”, finanziato dall’Assessorato ai servizi sociali della Provincia di Roma.

In Veneto è stato stipulato, a giugno di quest’anno, il Protocollo d’intesa fra Centro giustizia minorile e Istituto Don Calabria – Comunità San Benedetto, per la realizzazione di un’attività sperimentale di pronta accoglienza, presso una struttura comunitaria, per minori non accompagnati. E’ stato altresì costituito un tavolo istituzionale con compiti di promozione, coordinamento, monitoraggio e valutazione dell’attività svolta; sono state predisposte adeguate azioni di informazione, confronto, scambio e sinergia con le AA.GG., gli EE.LL. e la Regione; si è attivato lo scambio reciproco di informazioni circa seminari, iniziative, convegni, pubblicazioni, articoli sui temi specifici di pertinenza

Una particolare attenzione merita il Programma quadro AGIS 2005 “Procedimenti giudiziari e misure riabilitative per minori stranieri condannati e detenuti”, coordinato dall’IOM – International  Organization for Migration – di Parigi e finanziato dalla Commissione Europea, il cui obiettivo è  promuovere la cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale e sostenere l’impegno degli operatori della giustizia per l’elaborazione di una politica europea in tale settore. Gli obiettivi specifici del Programma AGIS consistono nel supportare la cooperazione transnazionale nel campo della giustizia minorile, attraverso lo sviluppo e il rafforzamento di sanzioni alternative e meccanismi di riabilitazione per minori stranieri autori di reato; comparare le legislazioni nazionali degli stati membri sul tema dei minori stranieri autori di reato, al fine di individuare i nuovi trend a livello europeo e sviluppare prassi operative più efficaci; promuovere la cooperazione giudiziaria tra gli stati membri consolidando la creazione di reti con le organizzazioni internazionali.

Partners del progetto transnazionale sono la Francia (Minister of Justice, Sociological Research Center on the Right and Penal Institutions – CESDIP, IOM Paris); il Belgio (School of Criminology – Catholic University of Louvain, Minister of Justice); la Bulgaria (National Investigation Service, IOM Sofia); la Germania (Minister of Justice); l’Italia (Dipartimento Giustizia Minorile, Università di Modena e Reggio Emilia, SOS Il Telefono Azzurro Onlus, OIM Italia).

Quanto detto rappresenta un piccolo spaccato della mole progettuale richiesta dall’utenza straniera. I nodi problematici su cui lavorare nel presente e in futuro sono di seguito rappresentati:

·          rafforzare l’attività del Comitato Minori Stranieri (di seguito CMS) in quanto non sempre i suoi tempi coincidono con quelli della giustizia minorile, a volte più celeri rispetto alla giustizia ordinaria e le comunicazioni e/o disposizioni arrivano spesso quando i minori sono già usciti dal circuito penale;

·          non sufficiente uniformità e diversa interpretazione delle decisioni del CMS a seconda dei contesti territoriali: ad esempio, per il non luogo a provvedere, alcune Questure adottano il silenzio-assenso, altre non decidono, bloccando le procedure per il rilascio del permesso di soggiorno;

·          difficoltà di identificazione del minore, della sua età anagrafica e della tempestiva individuazione di eventuali familiari in Italia e all’estero;

·          differenziazione nelle modalità di accoglienza nei diversi contesti territoriali, difformità delle modalità di segnalazione al CMS e procedure poco uniformi nel rilascio del permesso di soggiorno, oltre che interventi non sincronizzati delle diverse istituzioni;

·          gli uffici preposti non sempre segnalano e/o hanno chiaro come segnalare la presenza di minori stranieri non accompagnati: alcuni comunicano al CMS, altri alla Prefettura o al Servizio Sociale Internazionale, altri persino alle Autorità diplomatiche, creando lungaggini e disfunzioni notevoli;

·          operare un maggiore raccordo fra il CMS e la magistratura minorile competente del caso al fine di adottare congiuntamente idonei provvedimenti di protezione e di affidamento per i singoli minori, finalizzati al rilascio del permesso di soggiorno;

·          promuovere, attraverso segnalazioni specifiche all’Autorità Giudiziaria Minorile, la disposizione di provvedimenti civili di affidamento e di accoglienza anche al termine del provvedimento penale, tramite la nomina di un tutore, evitando l’ulteriore assegnazione al Comune;

·          non conoscenza reciproca della struttura organizzativa e rispettive competenze dei diversi uffici, “gap” che andrebbe superato attraverso ambiti formativi integrati;

·          le concrete possibilità di trasformare i permessi di soggiorno per minore età, per affidamento o per motivi di giustizia, in permessi duraturi e stabili per motivi di studio o di lavoro sono spesso affidate alla discrezionalità degli operatori o alla determinazione annuale dei flussi;

·          in alcune zone, per mancanza di fondi, risulta problematico reperire un interprete nominato dal Tribunale in grado di tradurre i colloqui con i minori stranieri, così come la figura del mediatore culturale, laddove è utilizzata, risulta insufficiente ai reali bisogni dell’utenza;

·          esperire nuove progettualità per i minori romeni, attraverso collaborazioni, da sviluppare a livello internazionale, nazionale e locale, tra Amministrazioni italiane e romene;

·          potenziare l’attuazione degli accordi e dei protocolli d’intesa visti il decentramento amministrativo e la L. 328/2000 per costruire prassi consolidate e ufficialmente riconosciute tra i diversi enti ed evitare la consuetudine di un lavoro casuale che disperde energie e risorse;

·          sostenere progettualità dirette ad un accompagnamento educativo del minore in tutte le fasi del processo, specie nel reinserimento sociale, e prevedere la figura di un tutor che possa sostenere il minore nel difficile reinserimento nella comunità esterna dopo il periodo di detenzione;

·          costruire diverse condizioni di “ospitalità” che consentano di incontrare e conoscere i ragazzi prima che entrino nel circuito penale, al fine di ridurre l’estensione del fenomeno della devianza tra i minori stranieri.

            Tali obiettivi, intorno ai quali si svolge quotidianamente il lavoro della Giustizia minorile, sono in linea con la legislazione italiana, la Convenzione di New York e i vari protocolli internazionali che impegnano i vari Stati firmatari, e dunque anche l’Italia, a rispettare i diritti del fanciullo indipendentemente dalla razza, colore, sesso, lingua, religione, origine nazionale, etnica e sociale.

Serenella Pesarin
Direttore Dipartimento Giustizia Minorile, direzione generale per gli interventi di Giustizia Minorile e l’attuazione dei provvedimenti giudiziari

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