E’ una pratica in continua diffusione, soprattutto nel contesto dello sport amatoriale. I danni all’organismo indotti da sostanze e prodotti a base di molecole potenzialmente o sicuramente pericolose sono molteplici
Il conseguimento di un risultato con rapida semplicità accessibile a tutti influenza in maniera negativa la società e l’individuo. Il concetto di doping si sta pericolosamente allargando, contagiando ambiti sociali in cui risulta addirittura più lecito, se non normale, ricorrere a un farmaco per essere all’altezza della prestazione da fornire, di qualunque tipo essa sia. E’ un dovere morale da parte di ogni operatore sanitario rendere noti gli effetti dannosi, i rischi, la pericolosità e i problemi relativi all’adozione di pratiche dopanti.
Il ricorso al doping costituisce purtroppo una pratica in continua e dilagante diffusione, soprattutto nel contesto dello sport amatoriale. Gli effetti avversi ed i danni all’organismo indotti da sostanze e prodotti a base di molecole potenzialmente o sicuramente pericolose risultano molteplici e sempre più frequentemente osservabili. In alcuni contesti, soggetti giovani, ancora nel pieno dello sviluppo fisico, non appena dimostrano particolari capacità nella pratica di una disciplina sportiva, sperimentano o vengono sottoposti a dubbie pratiche o “terapie” (auto-somministrate o illecitamente prescritte), quasi a sussidio ed a tutela della conservazione e del perfezionamento delle già evidenti predisposizioni atletiche. Non è difficile imbattersi in contesti amatoriali da “polisportiva” locale dove l’accesso o il passaggio alla rosa dei potenziali “campioni” avviene previa adesione da parte del giovane atleta ad un programma di integrazione dietetico-farmacologica che, essendo riservato ai “migliori”, viene addirittura vissuto come un privilegio da parte di coloro a cui viene proposto. Proprio i giovani rappresentano le potenziali vittime più esposte al fenomeno del doping, una generazione di adolescenti che nel 21° secolo appare, più che in altri periodi della storia recente, alla continua ricerca di un’immagine da presentare al mondo come invincibile, sicura, invidiabile e vincente a qualunque costo. E’ sempre più viva da parte degli adolescenti la continua ricerca di consensi, il desiderio di ricorrere a sistemi di comunicazione nuovi, la voglia di impostare e ricercare rapporti interpersonali su base telematica, nati cioè grazie ai forum del web ed ai siti di incontro virtuale (chat-lines). Le opportunità che le tecnologie odierne offrono, al fine di poter impostare un incontro su base totalmente virtuale, ha sconvolto e rivoluzionato l’atteggiamento del giovane adolescente del nostro tempo. La chat-line (letteralmente la linea – telematica – dedicata alla “chiacchiera” virtuale), consentendo una anonimità “fisica” permette all’utilizzatore del servizio telematico la possibilità di costruire per se stesso un’identità simile o migliore addirittura di quella che desidererebbe mostrare. Spesso, però, è e deve risultare fisiologico l’abbandono della virtualità per la naturale prosecuzione di un rapporto, nato secondo modalità anomale ma sempre più frequenti. Il conseguente impatto con la realtà, il momento del confronto fisico con l’interlocutore, la presentazione del vero sè corporeo pone spesso l’adolescente a dover affrontare un serio conflitto con se stesso. Viviamo dunque in un contesto sociale in cui può essere e viene considerata “performance“ anche il solo presentarsi fisicamente a qualcuno, il continuo bombardamento pubblicitario, la subliminalità o l’evidenza del messaggio che il benessere psico-fisico (associato ad immagini di bellezza e perfezione fisica) possa essere raggiunto con qualche pillola e poche bustine da sciogliere in acqua consente la divulgazione di un messaggio subdolo e pericoloso. Il ricorso a sostanze a scopo “dopante” non riguarda ormai soltanto il mondo dello sport. Il concetto di doping si sta pericolosamente allargando, contagiando ambiti sociali in cui risulta addirittura più lecito, se non normale, ricorrere a un farmaco per essere all’altezza della prestazione da fornire, di qualunque tipo essa sia. La Prof.ssa Andrea Petroczi della Kingston University (UK), in un suo recente lavoro (Petroczi A., E.A.S.M. Congress, Stoccolma, settembre 2003) ha analizzato la predisposizione, l’atteggiamento morale e le conoscenze relative al doping in tre differenti culture: gli atleti Canadesi, gli Americani e gli Ungheresi. Le conclusioni dell’interessante lavoro della Prof.ssa Petroczi forniscono molti spunti di riflessione: la predisposizione, l’atteggiamento e le conoscenze sul doping in differenti culture possono variare; per alcuni la spinta a non farvi ricorso è caratterizzata dalle convinzioni morali e dall’etica della lealtà; per altri i rischi per la salute costituiscono il maggior deterrente al doping; altri ancora dimostrano atteggiamenti permissivi nei confronti dell’uso di sostanze. L’uniformità del livello di istruzione e di maturità degli atleti coinvolti nello studio ha consentito all’autrice la deduzione che una corretta informazione, un buon livello di istruzione e una discreta maturità intellettiva possono non essere influenti sulla predisposizione all’uso di sostanze in ambito sportivo. E’ essenziale piuttosto, per la prof.ssa Petroczi, non ignorare il contesto sociale ed economico dello sport professionistico e la sua influenza sulla popolazione giovanile. L’importanza di un messaggio di gloria ed onori, ricchezza e fama, conseguiti con sistemi e mezzi diversi, può influire sul comportamento giovanile ancor più di una corretta informazione ed educazione morale. Non è facile concordare pienamente con tali conclusioni: il doping è senza dubbio un problema di ordine morale, etico-legale, ma non solo. Esso riguarda prevalentemente la salute pubblica; va pertanto contrastato e combattuto soprattutto con la prevenzione. E’ innegabile l’importanza e l’influenza negativa di un contesto sociale che suggerisce il conseguimento di un risultato con rapida semplicità accessibile a tutti. E’ però dovere morale da parte del medico e di ogni operatore sanitario rendere noti gli effetti dannosi, i rischi, la pericolosità e i problemi relativi all’adozione di pratiche dopanti, a qualsiasi livello. E’ fondamentale porre l’attenzione sulle possibili alternative naturali, sui corretti stili di vita, sulle profonde risorse individuali e sulla accettazione della diversità interindividuale che offre ad alcuni abilità, capacità e predisposizioni differenti rispetto ad altri. Il percorso della conoscenza del sé e delle proprie attitudini, delle “incapacità” e della possibilità di affrontarle individualmente, se necessario con un supporto specialistico anche soltanto impostato sul counselling, deve essere proposto come alternativa a chiunque. Osservando la collettività appaiono gli atteggiamenti ed i comportamenti della media della popolazione; supportare e fornire la competenza e l’informazione inizialmente alle piccole realtà scolastiche, sportive, sociali, intervenire anche sul singolo può produrre risultati notevoli a lungo termine anche su atteggiamenti comuni. L’istinto di emulazione nei confronti di falsi miti e campioni dalla dubbia carriera prescinde dalla riflessione individuale; la consapevolezza di un rischio reale di danno a breve o a lungo termine per la salute deve avere l’obiettivo di fornire uno spunto per la riflessione e la capacità e la consapevolezza di poter scegliere tra la via dell’autodistruzione e quella della crescita. La cultura di uno sport pulito deve essere sostenuta di pari passo a quella della cura della salute individuale. L’informazione ha e può assumere un ruolo preventivo di carattere generale sia nei confronti dell’atleta che nei confronti del personale sanitario, del corpo docente e presso i preparatori atletici, categorie queste ultime a diretto contatto con i giovani. Deve essere chiaro quanto la salute individuale possa con estrema facilità essere compromessa dall’uso assolutamente sconsiderato ed immotivato di farmaci e sostanze di cui soltanto le più diffuse sono state analizzate nella presente trattazione.
Dott. Gustavo Savino
Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia
Estratto dalla tesi di Specializzazione In Farmacologia Clinica
“Nuove sostanze dopanti: effetti sull’organismo e problemi di rilevamento nei liquidi biologici”
Prof. Alfio Bertolini
Professore Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia