Lavoratori tanto piccoli da essere invisibili

È necessario avere una maggiore conoscenza del lavoro minorile in tutte le su forme. Il progetto di ricerca “Understanding Children’s Work” (Comprendere il Lavoro Minorile) stilato da ILO-IPEC, UNICEF e Banca Mondiale nasce per rispondere a queste esigenze. Da luglio 2004 il progetto è ospitato dal C.E.I.S. (Centro di Studi Internazionali sull’Economia e lo Sviluppo – Facoltà di Economia, Università di Roma “Tor Vergata”)

Il lavoro minorile è tuttora diffuso nel mondo; in molti paesi in via di sviluppo lo è in misura allarmante. Si tratta di un fenomeno la cui dimensione e gravità spesso sfugge all’opinione pubblica. Ciò deriva dal fatto che esso è in larga misura “invisibile”; si concentra nelle sacche nascoste dell’economia informale e nella dimensione privata dell’economia domestica. Inoltre spesso i governi sono restii a dichiarare il numero di bambini coinvolti dal fenomeno.

Secondo il rapporto mondiale dell’ILO sul lavoro minorile “Porre fine al lavoro minorile oggi è possibile”, sono 191 milioni i bambini tra i 5 e i 14 anni “economicamente attivi”, ovvero impegnati in attività economiche. Se consideriamo anche i ragazzi dai 15 ai 17 anni, il numero globale cresce a 317 milioni. Secondo tali stime recenti, i bambini lavoratori vivono soprattutto in Asia (numero assoluto), ma è l’Africa il continente in cui, in proporzione, è più alta la probabilità che un bambino sia costretto ad un’occupazione precoce.

E’ opinione largamente condivisa che il lavoro minorile, in alcune sue forme, possa ritenersi accettabile, quando contribuisce a sollevare le famiglie più povere dalla miseria e a consentire loro di finanziare l’istruzione dei figli, senza interferire con l’istruzione scolastica del bambino e danneggiarne lo sviluppo fisico, mentale e sociale.  Nella maggior parte dei casi però, il lavoro minorile risulta negativo per i bambini in quanto danneggia la loro salute, ne ostacola l’istruzione e spesso li condanna a un futuro ai margini della società; a causa della scarsa istruzione ricevuta durante l’infanzia e l’adolescenza, e dei danni alla salute subiti, da adulte queste persone saranno intrappolate in un circolo vizioso che non permetterà loro di uscire dalla povertà.

E’ difficile rimanere indifferenti, di fronte alle innumerevoli immagini di bambini, spesso nella prima infanzia, curvi sotto il peso di fardelli più grandi di loro, che tessono davanti ai telai, o che frugano nelle discariche, in mezzo all’immondizia e alla sporcizia, in cerca di oggetti da vendere… Anche se svolgono attività diverse, colpisce il fatto che qualcosa li accomuna tutti; il sorriso dell’innocenza e dell’inconsapevolezza.

Proprio in considerazione del fatto che il lavoro minorile è in buona parte invisibile e che i bambini spesso non hanno voce e non hanno la possibilità di raccontare e denunciare la loro condizione, assume grande importanza acquisirne una conoscenza profonda. Conoscere il lavoro minorile significa imparare a individuarlo e a misurarlo; saper isolare i fattori che lo determinano, fattori sia familiari che esterni alla famiglia, sia economico-generali che di natura locale; analizzare l’impatto di esso sulla salute dei bambini, sulla loro istruzione, analizzare il legame tra sviluppo economico e lavoro minorile, la misura in cui i due fenomeni si muovono insieme e quando il legame si allenta per l’influenza di altri fattori; individuare quei gruppi di bambini più a rischio. Conoscere il lavoro minorile significa anche riuscire ad avere una maggiore conoscenza delle forme peggiori di lavoro minorile, che oggigiorno suscitano grande allarme. Con questa espressione si indica qualsiasi tipo di lavoro che, per sua natura o per le circostanze in cui viene svolto, rischi di compromettere la salute, la sicurezza o la moralità del minore: tali sono per esempio, la schiavitù, l’impiego nelle guerre, nella prostituzione, nella pornografia e in attività illecite. Si tratta di forme di lavoro che si stima coinvolgano circa 8,4 milioni di bambini. Le forme peggiori di lavoro minorile sono molto difficili da individuare, in quanto spesso vengono svolte al di fuori del contesto familiare e le famiglie stesse possono essere restie a dichiararle, in quanto considerate socialmente inaccettabili o moralmente riprovevoli.

La conoscenza di tutti questi aspetti del fenomeno è d’importanza cruciale per informare e dirigere le politiche, gli interventi, i programmi e i progetti rivolti a combattere il lavoro minorile e per canalizzare, in modo efficace, le scarse risorse disponibili. Combattere il lavoro minorile contribuisce al raggiungimento dell’Obiettivo dei Millennio dell’istruzione primaria universale, in quanto milioni di bambini non vengono mandati a scuola dalle famiglie affinché lavorino. Per ottimizzare l’uso delle risorse e l’efficacia degli interventi, è anche necessario un lavoro di coordinamento delle istituzioni e delle organizzazioni che si occupano di lavoro minorile così da evitare sprechi e il proliferare di interventi in certe aree a discapito di altre. L’analisi dei fattori specifici di paesi che influenzano il lavoro minorile richiede una conoscenza delle realtà locali acquisibile attraverso attività di scambio di conoscenza con le istituzioni stesse dei paesi in via di sviluppo. Il rapporto con le istituzioni locali è anche fondamentale per aumentare e migliorare la conoscenza del lavoro minorile da parte delle istituzioni locali e accrescere il loro interesse verso il fenomeno. Occorre, in definitiva, sensibilizzare i paesi al problema e formulare strategie d’intervento, al fine di promuovere politiche efficaci a prevenirlo e combatterlo.

Il progetto congiunto di ricerca “Understanding Children’s Work” (Comprendere il Lavoro Minorile) nasce per rispondere a queste esigenze. “Understanding Children’s Work” è stato lanciato dalle tre principali agenzie internazionali di sviluppo ILO-IPEC, UNICEF e Banca Mondiale nel dicembre 2000. Il progetto è guidato dalla “Oslo Agenda for Action”, approvata all’unanimità alla conferenza internazionale del 1997 sul lavoro minorile. L’Agenda ha manifestato la necessità cruciale di migliorare la raccolta di informazioni sul fenomeno del lavoro minorile.

Da luglio 2004 il progetto è ospitato dal C.E.I.S. (Centro di Studi Internazionali sull’Economia e lo Sviluppo – Facoltà di Economia, Università di Roma “Tor Vergata”).

La missione del progetto è di aumentare la conoscenza e la comprensione – sia a livello globale che locale – del fenomeno del lavoro minorile, al fine di contribuire alla formulazione di politiche efficaci per combatterlo. Tale missione viene perseguita attraverso gli obiettivi generali del progetto che sono: (I) migliorare la ricerca sui temi riguardanti il lavoro minorile, la raccolta e l’analisi di dati sul lavoro minorile nei diversi paesi in via di sviluppo; (II) accrescere le capacità delle singole nazioni, di raccolta dati e di ricerca sui temi del lavoro minorile; e (III) migliorare le valutazioni degli interventi diretti a contrastare il lavoro minorile. Il progetto UCW inoltre risponde al bisogno espresso dalla conferenza di Oslo, di rafforzare la cooperazione e la coordinazione fra le tre agenzie che lo costituiscono nello studio del lavoro minorile. Il progetto svolge anche attività sul campo nei paesi più colpiti dal problema, che consistono soprattutto nella preparazione di analisi-paese e di strategie di intervento e in workshop di formazione sul tema del lavoro minorile, rivolti a quelle istituzioni di governo locali che più possono contribuire, attraverso le loro politiche, alla lotta contro di esso.

 

Dr.ssa Cristina Aurora Valdivia
Prof. Furio Camillo Rosati
Ordinario scienza delle finanze
Università degli studi di Roma Tor Vergata
Responsabile progetto UCW – Understanding Children’s Work (ILO, UNICEF, Banca Mondiale)

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