Il secondo rapporto globale sul lavoro minorile dell’International Labour Organization. Un nuovo futuro per i bambini: “The end of child labour: Within reach”
Giovedì 4 maggio 2006 alle ore 15 presso gli Uffici dell’ILO (International Labour Organisation) di Roma, in contemporanea con il lancio mondiale a Brasilia, è stato presentato il secondo Rapporto mondiale sul lavoro minorile “The end of child labour: Within reach”. Secondo il nuovo rapporto mondiale, pubblicato a quattro anni di distanza dal primo “A future without child labour”, per la prima volta si registra una netta riduzione del lavoro minorile nel mondo, specie nelle sue forme peggiori.
Ad aprire i lavori il Direttore degli Uffici dell’ILO per l’Italia e San Marino, Claudio Lenoci, il quale ha sottolineato “l’importante messaggio di ottimismo” lanciato dal Rapporto, nel “decremento di un fenomeno che peraltro rimane drammatico”. Secondo l’interpretazione del Direttore, “è il primo risultato concreto di un’azione a livello mondiale, in cui ciascuno ha dato il suo contributo: i governi, le parti sociali e la società nel suo complesso. Sembra, quindi, più vicino l’obiettivo che l’ILO si è posto di eliminare le forme peggiori del lavoro minorile entro il 2016”.
Le parole di Lenoci hanno trovato riscontro nei dati del Rapporto, presentati dal Senior Policy Analist and SIMPOC Coordinator Frank Hagemann: tra il 2000 ed il 2004, a livello mondiale, il numero di lavoratori minorenni è sceso dell’11 per cento, da 246 milioni a 218 milioni. La diminuzione più importante è stata registrata nei lavori pericolosi, con un calo generale del 26 per cento nella fascia di età 5-17 anni, con 126 milioni di lavoratori minorenni nel 2004 invece di 171 milioni secondo le stime precedenti. Per la fascia di età 5-14 anni, la diminuzione nei lavori pericolosi raggiunge anche il 33 per cento.
A livello regionale, il Rapporto sottolinea come i progressi maggiori in termini di rapida riduzione del lavoro minorile si siano registrati in America Latina e nei Carabi: il numero dei lavoratori minorenni nella regione è sceso di 2/3 durante gli ultimi quattro anni, con appena il 5 per cento di minori di età compresa tra i 5-14 anni ancora coinvolti nel lavoro minorile. Nel rapporto, il Brasile viene indicato come esempio di efficienza alla lotta al lavoro minorile: dal 1992 al 2004, il tasso d’attività è sceso del 61 per cento nella fascia di età 5-9 anni e del 36 per cento nella fascia di età 10-17 anni.
Anche l’Asia ed il Pacifico hanno registrato una riduzione del numero di minori economicamente attivi, anche se la diminuzione appare meno significativa se rapportata al decremento della popolazione infantile. Secondo le stime dell’ILO, la regione continua ad avere il più alto numero di lavoratori minorenni nella fascia di età 5-14 anni: circa 122 milioni.
Progressi minori si sono registrati in Africa, in particolar modo nell’Africa Sub-Sahariana, regione nel mondo con la più alta incidenza di minori economicamente attivi, il 26 per cento sul totale, circa 50 milioni di lavoratori minorenni; in questo caso, l’alta crescita della popolazione, l’aumento della povertà e la diffusione dell’AIDS/HIV hanno contribuito ad aggravare la situazione e ad incentivare la crescita esponenziale del fenomeno del lavoro minorile.
Alla dettagliata descrizione dei dati presentati nel Rapporto, ha dato una preziosa interpretazione la sindacalista Cecilia Brighi, Membro del Consiglio di Amministrazione dell’ILO, invitando a stemperare toni eccessivamente ottimistici e a mantenere alta la guardia contro lo sfruttamento a fini di lucro di bambini ed adolescenti. La sindacalista non ribalta i dati del rapporto, ma precisa come una parte della riduzione del lavoro minorile non sia attribuibile tanto alla mobilitazione politica o all’impegno dei governi che hanno sottoscritto la Convenzione 182 dell’ILO sulla proibizione delle forme peggiori di lavoro minorile, o la Convenzione 138 sull’età minima di assunzione all’impiego, (non ratificata da ben 36 Paesi tra cui Stati uniti, Cina e India) quanto alle dinamiche economiche che, generando un aumento della disoccupazione in generale, hanno provocato anche la disoccupazione di molti minori.
Alle parole della Brighi, ha fatto seguito la presentazione dello studio dal titolo “Quali prospettive per gli adolescenti ed i giovani in Africa?”, da parte del Responsabile del progetto UCW – Understending Children’s Work, Furio Rosati. In questo studio viene messa in luce la drammatica situazione in cui versano molti giovani: il lavoro minorile in Africa Sub-Sahariana è un fenomeno che coinvolge ben 50 milioni di bambini tra i 5 e i 14 anni, anche se sussistono notevoli differenze fra gruppi di Paesi. Per quanto concerne le differenze di genere, al lavoro minorile sembrano più esposti i bambini rispetto alle bambine, anche se quest’ultime spesso vengono impiegate nei lavori domestici, difficilmente rilevabili dalle indagini statistiche e campionarie.
“Allo stato attuale delle cose, la possibilità per l’Africa Sub-Sahariana di raggiungere nei tempi previsti dagli Obiettivi di Sviluppo del Millennio (MDG), quali quello dell’istruzione primaria universale o della riduzione di 2/3 della mortalità infantile, sembra essere seriamente compromessa” ha aggiunto Furio Rosati, osservando come “per la formulazione di soluzioni adeguate e coordinate, emerga la necessità cruciale di una visione d’insieme di tali azioni, attraverso un monitoraggio congiunto della situazione dei bambini e dei giovani e dell’efficacia degli interventi, che coinvolga organizzazioni nazionali e internazionali”.
D’accordo sull’importanza di coinvolgere un numero sempre maggiore di organizzazioni nella lotta al fenomeno del lavoro minorile, Giovanni Tria, Direttore del CEIS (Centro di studi internazionali sull’economia e lo sviluppo) dell’Università di Roma Tor Vergata, ha messo in risalto il prezioso ruolo che l’Università, e la formazione in genere, possono giocare nella lotta allo sfruttamento dei minori, come uno studio approfondito permetta di esaminarne e comprenderne le dinamiche, al fine di allestire progetti d’intervento ad hoc; linea seguita in conclusione degli interventi anche da Antonio Bernardini, Coordinatore Multilaterale, della Cooperazione Italiana allo Sviluppo del Ministero degli Affari Esteri, che ha sottolineato come “la riduzione del lavoro minorile nel mondo sia legata alla diffusione dell’istruzione primaria “ e di come “i dati convincano a insistere di più sull’importanza dell’istruzione primaria oltre che sul rapporto tra università e lavoro”.
La presentazione è terminata col saluto ai presenti della professoressa Maria Rita Saulle, titolare della Cattedra di Diritto Internazionale presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università “La Sapienza” di Roma, che negoziò per l’Italia la Convenzione per i Diritti del Fanciullo ed è attualmente giudice della Corte Costituzionale della Repubblica.
Dott. Federico Bevilacqua
Dott.ssa Serena Saquella
Cattedra di Teorie e Metodi della Pianificazione Sociale
Università degli Studi di Roma “La Sapienza”