Lo sfruttamento minorile dipende dalla presenza di salari degli adulti inferiori al minimo di sussistenza. Ciò genera ed incrementa l’offerta di lavoro minorile. Se poi il governo pone una penalità a carico dell’impresa che impiega dei minori non solo l’impresa ridurrà il tasso di salario dei minori al fine di recuperare tale costo aggiuntivo, ma accadrà che si darà impulso ad una maggiore offerta di lavoro minorile
1. Il problema
A poco più di duecento anni dalla regolamentazione del lavoro minorile, avvenuta in Inghilterra attraverso il famoso Factories Act di Robert Peel, si sono ripetuti i tentativi di usare lo strumento legislativo per porre fine al lavoro minorile. Ciò nonostante uno dei più curiosi caratteri del fenomeno del lavoro minorile è il fatto che esso non solo riesca a battere la legge e persista, ma perfino si riscontri un aggravamento dei suoi effetti (Nardinelli. 1990). Mentre nelle nazioni industrializzate il lavoro minorile tende a scemare, nei paesi in via di sviluppo si allarga, malgrado una pletora di controlli legali. Scopo di questo saggio è mostrare che questa è un’area dove simili ragionevoli politiche d’intervento possono fallire e dove vi sono buone ragioni teoriche perché ciò accada.
L’azione politica di cui illustrerò il rischio di reazioni patologiche è quella tipica per cui un’impresa viene multata qualora risulti che impiega lavoro minorile. Ad esempio, in India la legge sul lavoro minorile del 1986 (la c.d. Legge Proibizione e Regolamentazione) presenta proprio tale carattere. La sezione 14 di questa legge delega il governo ad applicare una multa tra 10.000 e 20.000 rupie a carico di persone o imprese trovate ad impiegare bambini in dispregio del disposto di legge (Governo dell’India, 1986). Ciò che si vuole mostrare qui è che una limitata dose di un intervento di tale tipo può effettivamente amplificare il problema del lavoro minorile. Se la multa per tale reato viene accresciuta, il lavoro minorile può incrementarsi nel breve termine prima di declinare. In altre parole la risposta delle imprese alla politica potrebbe assumere la forma di una U rovesciata. Di qui i Paesi in via di sviluppo come l’India, cercando di legiferare contro il lavoro minorile, debbono disciplinare con molta attenzione sia il tipo che la dimensione della pena. In caso contrario la legge potrebbe sortire un effetto opposto a quello desiderato.
Questo è un saggio di tipo teorico. Il lettore può così chiedersi se gli avvertimenti che esso lancia meritino considerazione dal momento che non sono empiricamente provati. A ciò rispondo da un lato che c’è abbondanza di supporti empirici per il principale assioma su cui l’analisi è fondata, dall’altro che nemmeno la negazione delle ipotesi avanzate risulta provata. In altre parole l’osservazione secondo cui l’incremento nelle multe genera un declino del lavoro minorile non è affatto empiricamente dimostrata. E’ semplicemente assunta come valida e scontata. Il presente scritto dimostra che non vi sono giustificazioni per questa presunzione. Inoltre lo scritto raccomanda che vengano eseguite ricerche dirette ad investigare gli effetti di una legislazione contraria al lavoro minorile ed invita ad interpretare ciò che accade e ciò anche per fini precauzionali circa il valore e significato delle leggi comunemente usate.
2. Teoria
La ragione per cui l’azione politica verso il lavoro minorile è controversa è dovuta primariamente alla presenza di fattori inusuali che provocano il lavoro minorile. Il lavoro dei bambini è indissolubilmente legato alla povertà. Virtualmente tutte le forme, a livello mondiale, di lavoro dei bambini sono localizzate in paesi poveri. Negli stessi Paesi in via di sviluppo, dove pure si riscontra lavoro minorile, raramente uno vi troverebbe coinvolto il figlio di un medico, di un avvocato o di un professore. L’evidenza empirica mostra che ovunque la povertà è la maggiore causa del lavoro minorile e che, tipicamente, i genitori mandano i bambini a lavorare al fine di acquisire un livello minimale di consumo di beni (vedasi Grootaert e Patrinos 1999; Edmonds, 2004; Edmonds e Pavnick, 2004). I risultati, per così dire contrastanti con la mera intuizione, espressi in questo paper sono una conseguenza di tale assunzione.
Consideriamo un mercato del lavoro in cui ci siano molte, identiche, famiglie ciascuna consistente di un adulto e m bambini. Ogni bambino produce una frazione del lavoro che sarebbe ottenuto da un adulto. In altre parole, un lavoro full time di un bambino è equivalente a date frazioni di un lavoro full time di un adulto. Supporrò che un adulto sempre fornisca lavoro perfettamente inelastico, laddove i bambini lavorino solo per l’estensione temporale necessaria a far raggiungere il livello critico di sussistenza per i consumi della famiglia. Chiamiamo s detto ammontare critico di consumi.
Da queste assunzioni segue immediatamente che i bambini lavoreranno solo quando il salario di un adulto è al di sotto di s (salario di sussistenza di un adulto). Detto w il salario di un adulto, se w eccede s, il consumo di sussistenza è acquisito senza che venga richiesto il lavoro minorile. Si noti che, date le assunzioni di cui sopra, ogni volta che adulti e bambini siano impegnati in un’attività di lavoro, deve accadere che, se il salario degli adulti è w, il salario per un lavoro infantile sarà una frazione dello stesso, che indichiamo come °°w. In caso contrario tutte le imprese impiegherebbero o solo bambini o solo adulti.
Introduciamo ora, nel quadro proposto, il ruolo del governo. Supponiamo che il governo annunci che ogni qual volta un’impresa viene colta in flagrante, e cioè con impiego di lavoro minorile, sia punita con un’ammenda di D rupie. Per ogni bambino impiegato da un’impresa, indichiamo con p la probabilità che l’impresa sia scoperta. In tal caso per ogni bambino impiegato l’impresa dovrà attendersi una pena pecuniaria pari a pD.
Ciò modifica la convenienza dell’impresa che vorrà recuperare la pena pecuniaria dal salario del bambino.
Segue che la relazione fra il salario dei bambini e quello degli adulti sarà pari al divario tra la frazione di salario in precedenza riconosciuto ai bambini ed il valore pD:
Salario effettivo di un bambino = °°w– pD (1)
Specifico che le variabili p e D debbono qualificarsi quali variabile governative, in quanto decise dal governo.
Ancora si osservi che se w ( salario di un adulto) cade sotto il livello di s (salario di sussistenza) le famiglie manderanno i bambini al lavoro. Denominiamo con e il numero di bambini che le famiglie manderanno a lavorare.
Poiché le famiglie mandano a lavorare i bambini solo fino all’acquisizione del reddito di sussistenza, deve accadere che il salario complessivo attribuito ai bambini sia pari alla differenza tra s e w
ovvero e = (s-w)/(°°w-pD) (2)
Ne segue che in corrispondenza ad una caduta del salario degli adulti le famiglie invieranno più bambini a lavorare.
Naturalmente una tale situazione non può proseguire senza fine poiché dopo qualche tempo le famiglie resterebbero senza bambini. In seguito qualora w si riduca non vi sarebbero ulteriori incrementi nell’offerta di lavoro infantile.
Il lavoro offerto da ciascuna famiglia corrisponde perciò al valore minimo della seguente espressione: min (s-w)/(°°w-pD, m).
Un’ulteriore condizione deve essere tenuta a mente. Nel mentre w cade il salario effettivo di un bambino (dopo la pena pecuniaria) declinerà tenendo conto della (1) ; e oltre un dato punto attraverserà il livello zero e diverrà negativo.
Chiaramente qualora il salario minorile raggiungesse un tale critico livello i genitori ritirerebbero i figli dal lavoro esterno. Infatti far lavorare a salario nullo non aiuterebbe ai fini del raggiungimento dell’obbiettivo del salario di sussistenza.
Raccogliendo insieme le precedenti analisi noi ora possiamo stabilire che l’offerta di lavoro minorile da parte delle famiglie è funzione del salario degli adulti e delle variabili governative:
e = 0, se il salario di un adulto è maggiore o uguale al salario di sussistenza
ovvero se il salario effettivo di un bambino dopo la pena pecuniaria e cioè °°w– pD è pari o inferiore a zero, con altrimenti la situazione min (s-w)/(°°w-pD, m).
Questa interpretazione può essere apprezzata graficamente, come, mostrato nella figura 1, dove l’asse verticale rappresenta w(salario di un adulto), e quello orizzontale rappresenta il lavoro misurato in unità di lavoro equivalente.
Se w supera s allora solo gli adulti lavoreranno. Di qui la curva di offerta sarà verticale come mostrato dal segmento AB. Come mostrato sotto s, i bambini vanno al lavoro, alla ricerca dell’obiettivo di sussistenza. Di qui il segmento curvilineo BC. Nel mentre w percorre la caduta, ci sarà un punto oltre il quale non vi sarà più offerta di lavoro. Ciò spiega l’andamento del segmento CF. Alla fine, mentre w cade °°w– pD tenderà a raggiungere il livello zero, ed e (numero dei bambini impegnati nel lavoro minorile) diverrà minore di zero e solo gli adulti saranno impegnati in attività lavorative.
Per effetto di ciò la curva del lavoro risale indietro al segmento GH. L’intera curva del lavoro è perciò data da ABCFGH. Gli angoli acuti e l’angolazione della curva di offerta del lavoro sono prodotte dalle ipotesi semplificatrici introdotte. Con ipotesi più generali la curva si appiattirebbe verso l’esterno. Ma il punto principale è che avremo questi fondamentali lineamenti di rigonfiamento e successivo restringimento nel mentre flette il tasso di salario degli adulti.
La curva aggregata dell’offerta di lavoro manterrà il medesimo andamento, ma per un effetto di un ingrandimento orizzontale. Si può perciò senza perdita di generalità asserire che questa stessa curva è la curva dell’offerta di lavoro aggregato.
Molte delle peculiarità del mercato del lavoro minorile di cui la letteratura si è occupata, come la possibilità di equilibri multipli (Basu e Van, 1998, Swinmerton e Rogers, 1999, Jafarey e Lahiri, 2002), possono essere costruite usando la descritta specie di caratterizzazione dell’offerta. Ma non è questa la direzione che qui desidero perseguire. A tal fine consideriamo il caso in cui la curva di domanda sia sufficientemente elastica cosicché vi sia un solo equilibrio. Questa situazione è illustrata dalla curva di domanda di lavoro DD. L’equilibrio del mercato è dato dal punto E, dove il salario dell’adulto, w*, è sotto il livello di sussistenza e modesta è l’incidenza del lavoro minorile.
Il mio problema qui è confrontarmi con gli interventi politici. Consideriamo il caso in cui il governo, cominciando dal caso illustrato in figura 1, alzi la pena pecuniaria dovuta dall’impresa se impiega lavoro minorile. (Potremmo anche pensare ad uno slittamento da una posizione senza pena ad una con pena pecuniaria positiva). Sia la nuova pena pecuniaria pari a D’ e, ammettiamo che D ecceda D. Il conseguente effetto di ciò sulla curva di offerta del lavoro è facilmente intuibile. E’ ovvio che il segmento BC si muoverà verso l’alto, raggiungendo BC’, come mostrato. Per comprendere tale movimento supponiamo che il salario di un adulto sia fissato a w*. Nel mentre la tassa pecunaria per il lavoro minorile viene alzata, il salario minorile è destinato a scendere. Pertanto, ogni famiglia sarà costretta ad offrire lavoro minorile sul mercato del lavoro al fine di raggiungere l’obiettivo di sussistenza s.
Considerando che il numero di bambini destinabili al lavoro (e) sarà nullo se w è minore del fattore pD rapportato al numero dei bambini, è evidente che la nuova curva di offerta sarà data da ABC’FGH, nella figura 1.
L’importante proprietà è che per alcuni livelli di salario, e cioè quelli tra s e pD rapportata al numero di bambini, una più alta penalità per il lavoro minorile incrementa l’offerta di detto tipo di lavoro. E questo conduce alle reazioni patologiche prima preannunciate onde testimoniare che il lavoro minorile è destinato ad incrementarsi come conseguenza di più alte penalità in occasione dell’impiego lavorativo di bambini.
Per tracciare l’intero range di possibilità continuiamo a far crescere D. Chiaramente il lavoro infantile crescerà e successivamente cadrà, eventualmente poi annullandosi. Qualora, per esempio, pD rapportata al numero di bambini ecceda s, allora la curva di offerta del lavoro diverrà una linea verticale attraversando il punto H e così il lavoro minorile diverrà nullo in condizioni di equilibrio.
3. Tre osservazioni
3.1. Il comportamento delle famiglie descritto nel modello può essere dedotto da più formulazioni standard relative a famiglie razionali e mirate all’ottimizzazione. Per constatare ciò, sia X il set di tutte le triplette (c,K,L), tali che c°°(0,°°), I-e°°(0,1), e I-E°°L°°(0,1), dove c è (come prima) il consumo totale della famiglia, K è il tempo libero fruito dai bambini della famiglia e L è il tempo libero fruito dall’adulto, ed E esprime il lavoro fatto dall’adulto. Ogni famiglia gode di un binario preferenziale riguardo a X e obbiettivo della famiglia è massimizzare la preferenza scegliendo (c,K,L) in modo tale che la tripletta appartenga al suo sistema di budget definito da c- (I-K)w + (I-L)w°.
Definiremo ora un ordinamento di preferenza che generalizzerà il comportamento descritto nella precedente sezione. Descriviamo come segue l’ordine di preferenza:
per tutti (c,K,L) e (c’,K’, L’), se c è maggiore od uguale ad s, ed s è maggiore di c’ , ovvero c è maggiore od uguale ad s e c’ è maggiore o uguale ad s, e K è maggiore di K’, o s è maggiore o uguale a c che è maggiore di c’, allora (c,K,L) °°(c’,K’, L’). Se nessuna delle condizioni di cui sopra è vera allora (c,K,L) °°(c’,K’, L’).
E’ facile controllare che la massimizzazione della preferenza di cui sopra condurrà ad adulti che lavoreranno sino a che il loro salario non sarà negativo e l’offerta di lavoro minorile risponderà alle variazioni del salario w come descritto nella figura 1.
3.2. Poiché il problema del lavoro minorile è reso controverso dall’imposizione della pena pecuniaria per l’impiego di bambini, è naturale chiedersi se non sia il caso che il problema del lavoro minorile venga mitigato attraverso un sussidio alle imprese diretto ad evitare l’impiego di bambini. La risposta è no. Un sussidio non opererebbe come l’opposto di una tassa o penalità.
Per toccare con mano quanto illustrato noi dobbiamo comprendere che cosa vi era di implicito nella precedente sezione. Si supponga che una penalità conduca ad usare C unità di lavoro minorile. Chiaramente ciò accadrà impiegando differenti quantità di lavoro minorile nei vari casi. Ad esempio può accadere che si impieghino due C di bambini con ogni bambino che lavori metà tempo oppure C bambini con ogni unità full time. Nella maggior parte dei modelli economici non ha importanza come si arrivi al risultato. Nel modello di cui sopra con una penalità per ogni bambino che è trovato impegnato in attività lavorativa, l’impresa avrà la preferenza ad impiegare il minor numero possibile di minori. Così se l’impresa decide di avere C unità di lavoro minorile ed ottiene la quantità necessaria con n bambini, allora il costo (salario più la penalità attesa) sarà ottenuto da w°C+npD. Naturalmente cercherà di far in modo che n sia il più piccolo possibile. Ne segue che n sarà C.
La preoccupazione nel caso che venisse concesso un sussidio inerente all’impiego di bambini è che questa implicita assunzione (che è valida quando c’è una penalità associata con il lavoro minorile) nel modello prima descritto generi una rottura. In presenza di un sussidio per ogni bambino impiegato sarà nell’interesse delle imprese ottenere lo stesso volume di lavoro da molti bambini e tenere questi bambini presso gli uffici del locale governo quale prova del lavoro minorile e raccogliere il sussidio.
3.3. Infine, è importante sottolineare, come ho già descritto altrove, che un declino della necessità di lavoro minorile non sempre coincide con una crescita del benessere dell’infanzia. Se si cerca di massimizzare il welfare si potrebbe decidere di non penalizzare il lavoro minorile. Non è tuttavia questo il significato del contenuto del presente scritto. In questa sede non ci si è posti un problema di welfare, ma semplicemente si è affrontato il tema dell’incidenza del lavoro minorile, onde dimostrare che perfino dal punto di vista di un tale limitato obiettivo, non merita fare ricorso a date politiche deterrenti.
Kaushik Basu
Department of Economics Cornell Univers
Harvard University Cambrige, Massachusetts