Eroi senza limiti d’età

Non dimentichiamoci dei bambini che conoscono solo la fatica, la fame, la povertà, la stanchezza, la sporcizia e il dolore. “Nessun bambino dovrebbe impugnare mai uno strumento di lavoro. Gli unici strumenti che dovrebbe tenere in mano sono penne e matite.” Nel 1995, a soli 12 anni, Iqbal Masih viene assassinato perchè si è opposto alla schiavitù

Gioco, amichetti, felicità, futuro, giardino d’infanzia, sogni, coccole, tenerezza…. Se sono queste le parole che associamo più facilmente al termine “infanzia”, allora ci stiamo dimenticando di una grossa fetta di popolazione infantile che, ancora oggi, conosce solo la fatica, la fame, la povertà, la stanchezza, la sporcizia, il dolore, il dovere e molte altre cose che nessuno al mondo dovrebbe avere mai la sfortuna di provare. Per non cancellare tutti i bambini che, più o meno nell’ombra, sono costretti a sacrificare gli anni più belli della loro vita a lavori massacranti, o che si trovano ad essere venduti per pochi soldi per diventare manodopera sottopagata in virtù di una catena produttiva sempre più decentrata e subappaltata (e quindi sempre meno soggetta a qualsiasi tipo di controllo), sarebbe utile aver consapevolezza della portata del fenomeno lavoro minorile e conoscere non solo i mezzi ufficiali e legislativi con cui il mondo possa far sentire la propria voce, ma anche le semplici, drammatiche realtà lavorative in cui si consumano le vite di questi bambini senza infanzia.

LA CONVENZIONE INTERNAZIONALE SUI DIRITTI DELL’INFANZIA

Dal 1919 (anno di nascita dell’OIL, Organizzazione Internazionale del Lavoro) ad oggi esistono molte disposizioni, convenzioni e trattati internazionali che regolamentano la partecipazione dei minori al mondo del lavoro. Tra tutte, la più nota è la Convenzione Internazionale sui Diritti dell’ Infanzia, approvata nel 1989 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, la quale è stata ratificata da quasi tutti gli Stati del mondo  e costituisce l’atto giuridico più completo in materia di diritti dei minori da 0 a 18 anni. In particolare, nell’art. 32 si riconosce al fanciullo il diritto ad “essere protetto contro lo sfruttamento economico e non essere costretto ad alcun lavoro”, inoltre si prevede che tutti gli Stati parti adottino misure adeguate ed efficaci per garantire l’effettiva applicazione di tale disposizione.

• SOLO PENNE E MATITE: IQBAL MASIH

Nel 1983 nasce a Muridke, in Pakistan, Iqbal Masih. Forse qualcuno ha già sentito parlare di lui: a 4 anni inizia a lavorare in una fornace di mattoni per poche rupie al giorno ma la paga non basta, e così il padre lo vende per 12 dollari ad un fabbricante di tappeti. Iqbal lavora per più di 12 ore al giorno inginocchiato al telaio. A 9 anni fugge dalla fabbrica ed assiste ad una manifestazione del Fronte di Liberazione del Lavoro Schiavizzato (BLLF); da allora, e grazie all’avvocato Eshan Ullah Khan, conosciuto alla manifestazione, Iqbal ha aperto gli occhi del mondo su uno degli orrori più crudeli dell’uomo: lo sfruttamento dei bambini, quasi sempre impunito. Diceva: “Nessun bambino dovrebbe impugnare mai uno strumento di lavoro. Gli unici strumenti che dovrebbe tenere in mano sono penne e matite.” Nel 1995, a soli 12 anni, Iqbal Masih viene assassinato dalla “mafia dei tappeti”.

• QUALE LAVORO?

Così, mentre in una piccola parte di mondo i bambini più fortunati giocano o frequentano la scuola, quelli più sfortunati sono costretti a lavare i vetri delle macchine ai semafori, annodare tappeti chini sui telai in Nepal, cucire palloni in Pakistan, trasportare carbone in Colombia, raccogliere e smistare rifiuti nelle discariche in Egitto, lavorare nelle piantagioni di canna da zucchero in Brasile, prostituirsi negli appartamenti di Bangkok…e l’elenco non sarebbe mai abbastanza completo per descrivere tutti i possibili contesti e le reali situazioni di sfruttamento. Quali sono, dunque, i lavori più diffusi fra i minori?
Nonostante l’assenza di cifre esatte, è possibile fornire una descrizione delle principali tipologie di lavoro minorile:

Lavoro in famiglia, cioè interno al proprio nucleo familiare e tipicamente non retribuito: esso si svolge nella casa, nell’appezzamento di terra della famiglia o nelle possibili attività a conduzione familiare, ad esempio in una bottega artigianale.

Lavoro domestico svolto da bambini e bambine in famiglie diverse da quelle di provenienza, in una situazione che rischia facilmente di trasformarsi in vera e propria schiavitù.

Lavoro di strada, il quale prevede le più diverse occupazioni tra cui la raccolta dei rifiuti, la lucidatura delle scarpe, la vendita di sigarette o la pulizia dei vetri ai semafori. La pericolosità di tali attività è dovuta al fatto che spesso i lavori di strada risultano essere l’anticamera delle peggiori forme di sfruttamento minorile quali prostituzione e traffico di droga.Oltre ai contesti più informali, appena citati, i baby-lavoratori vengono impiegati anche in altri settori:

Lavoro nelle industrie (del settore tessile, calzaturiero, minerario…), ove i minori sono sottoposti a turni massacranti e a gravi rischi dovuti al contatto con sostanze tossiche e all’utilizzo di strumenti pericolosi: pensiamo ad esempio ai bambini che respirano le esalazioni della colla nella produzione delle scarpe o che fabbricano bracciali di vetro, scavano carbone nelle miniere, posizionano esplosivi nelle cave, conciano le pelli, assemblano giocattoli etc.; c’è poi l’attività legata all’industria turistica, la quale vede i minori impiegati come camerieri, lavapiatti, facchini e via dicendo.

Lavoro agricolo come la ricerca di acqua e legna da ardere, il pascolo degli animali, la raccolta e il trasporto di prodotti agricoli. In questo caso i bambini possono lavorare nelle piantagioni di cotone, canna da zucchero, tè o cacao, continuamente a contatto con pesticidi e a rischio di morsi di insetti e di serpenti o di lesioni dovute all’utilizzo di strumenti pericolosi.
Esistono inoltre le peggiori forme di sfruttamento del lavoro minorile, che si possono così suddividere: traffico di minori; lavori forzati, in cui i bambini e gli adolescenti pagano con la loro schiavitù i debiti contratti dai genitori; bambini soldato; sfruttamento sessuale a fini commerciali e sfruttamento del minore per attività illecite.

• ALCUNE STORIE

Nepal: i piccoli schiavi del telaio

Guri ha 9 anni: mangia, dorme e tesse tappeti davanti a un telaio insieme ad altre bambine, in un piccolo laboratorio con l’aria satura di polvere di lana, dove un adulto le sorveglia continuamente affinché lavorino senza sosta. Il capo ha prestato del denaro ai loro genitori, e così queste bambine si trovano costrette a saldare il debito familiare con il loro lavoro. Come Guri sono migliaia i bambini che lavorano nell’industria tessile in Nepal, anche se il paese ha ratificato la Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia che vieta l’impiego di manodopera infantile minore di 14 anni: i controlli sono scarsi e le violazioni continuano.

Egitto- Iraq: gli zabaleen

Abu Omar è egiziano ma lavora a Baghdad. Nel 1991 la guerra del Golfo distrugge l’Iraq costringendo Abu Omar a far rientro a casa, al Cairo, da sua moglie e dai suoi bambini, completamente privo di denaro poiché i bombardamenti hanno distrutto tutto, anche le banche che custodivano i pochi soldi guadagnati. A causa della povertà, Abu Omar è costretto a trovare un lavoro per lui e per il figlio, Omar, che frequenta ancora la scuola. Così Omar diventa zabaleen (raccoglitore di rifiuti) e lavora in un quartiere del Cairo dove si selezionano ferro, carta, plastica e stracci in mucchi separati.

India: le sigarettine

Sona ha 13 anni e lavorava in una fabbrica di sigarette tipiche indiane: doveva arrotolare le foglie di tabacco, sbrigarsi e non alzare mai lo sguardo, altrimenti veniva picchiata; aveva male dappertutto, ma i suoi genitori erano indebitati con i suoi padroni e lei doveva ripagare il debito lavorando senza sosta. Adesso va a scuola, ma, come lei, milioni di bambini sono sfruttati nelle fabbriche di fiammiferi e fuochi d’artificio per 12 ore al giorno, in laboratori angusti e a contatto con prodotti chimici pericolosi.

Mozambico: i bambini soldato

Savucan viveva in un accampamento nella foresta del Mozambico. Una sera viene catturato dalle milizie e trasformato in bambino soldato: a 11 anni si trova costretto a combattere, a sparare e ad uccidere i compagni che tentano la fuga per riconquistare la libertà. Con alcuni compagni riesce poi a fuggire e a frequentare un centro di riabilitazione per gli ex bambini soldato e nel 1997, a 19 anni, realizza il suo sogno: diventare sminatore per restituire una terra sicura ai contadini, ai bambini e alle madri.

Pakistan: gli schiavi del pallone

Jasmine vive a Sialkot, un distretto del Pakistan, famoso per la fabbricazione dei palloni: qui sono tanti i minori di 14 anni costretti ad aiutare i genitori, troppo poveri, nella cucitura di palloni, pagata a cottimo e pochissimo. Da quando, grazie al progetto “Pallone Equo”, i compratori occidentali non vogliono più acquistare i palloni cuciti dai bambini – i quali venivano sfruttati nei laboratori fino a 10 ore al giorno- gli intermediari delle ditte subappaltatrici fanno lavorare solo gli adulti. Purtroppo, però, lo stipendio del papà di Jasmine non basta a mantenere la famiglia, e così Jasmine e il fratello Nasar sono costretti a cucire i palloni di notte a casa, dove una sola lampada illumina la stanza spoglia: di nascosto il padre venderà quei palloni. Come dire: un passo in avanti e tre indietro.

Perù: nelle miniere e nelle cave

Pedro ha 10 anni e braccia forti. La sua famiglia è povera, così Pedro da un anno lavora in media 10 ore al giorno con martello e piccone in una cava a cielo aperto. Pedro è stato “fortunato”: qualche tempo fa sono stati scoperti 400 minatori tra 10 e 15 anni che venivano sfruttati in una miniera d’oro a 5400 metri di altezza, con temperature di -25 gradi, in gallerie alte meno di un metro.

A questo punto, potremmo riempire ancora pagine e pagine con storie molto simili a queste: vite di bambini, lavoro e sfruttamento. Vite di invisibili.
Fino a che  rimarrà anche un solo racconto da scrivere su un solo bambino costretto a lavorare, non potremo far finta di niente, i nostri occhi non potranno vedere altro e la nostra testa non potrà smettere di chiedersi: PERCHE’?

 

Ilaria Beccuti
Facoltà di scienze dell’informazione
Università Cattolica Milano

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