Una legge non basta

Nel 2000 Livia Turco tenne a battesimo la legge quadro 328 sulla creazione dei servizi necessari a dare pari opportunità di movimento ed inserimento dei portatori di handicap. In Friuli Venezia Giulia la legge è stata recepita in ritardo ma ora, con il coinvolgimento dei Comuni e attraverso una seri di norme regionali che mettono in contatto sociale e sanitario, si prospetta una maggiore integrazione sociale

I servizi sociali recentemente sono stati oggetto di una importante riforma attraverso la legge quadro n. 328/2000 che definisce le linee guida per la creazione su uno standard omogeneo di servizi e di opportunità atto a garantire che i diritti siano veramente esigibili e che siano assicurati in tutto il territorio nazionale
Per capirne di più, abbiamo intervistato due politici di riferimento in Friuli Venezia Giulia : l’assessore regionale alla Salute e Protezione Sociale Ezio Beltrame ed il consigliere regionale di maggioranza Paolo Menis.
Cosa ha inteso garantire alle persone e alle famiglie la legge 328/2000? 
Assessore Beltrame:
La legge 328/2000 prendeva atto di un processo che stava cambiando profondamente gli assetti del welfare nazionale e introduceva alcune importanti novità. Si considerava che i servizi alla persona si rivolgono ad un pubblico che esprime bisogni sempre più complessi, ai quali non si può più rispondere sulla base di logiche procedurali standardizzate, ma aumentando la capacità di comprendere le necessità, scegliere le priorità, migliorare il governo della domanda da parte del soggetto pubblico e far convergere tutte le energie e le capacità locali su tali priorità: la rete integrata dei servizi e prestazioni sociali. Si dava impulso alla sussidiarietà verticale ed orizzontale cioè alla leale collaborazione tra istituzioni pubbliche e tra queste e il terzo settore (privato-sociale, cooperative, associazioni ecc.) Si riconosceva che alla costruzione delle politiche sociali concorrono anche organizzazioni non pubbliche. Per questo si introduceva lo strumento del piano di zona (piano delle attività sociali dell’Ambito/Distretto) per realizzare in una prospettiva integrata e coordinata i programmi di intervento e si avviava il percorso dell’accreditamento degli enti fornitori o erogatori di servizi. Si definivano quindi i presupposti per creare un’ autentica rete di servizi pubblici e del privato sociale in grado di garantire alle persone e alle famiglie servizi coordinati e chiare responsabilità nell’organizzazione di tali servizi.
Consigliere Menis:
La legge 328, nelle intenzioni dell’allora ministro Livia Turco, si proponeva di creare una nuova dinamica all’interno dei servizi sociali per il riconoscimento di una piena cittadinanza alle persone. Naturalmente il presupposto di questo pensiero felice è la presenza della persona, con i suoi bisogni, al centro delle attenzioni della Comunità. Si tratta evidentemente di un’evoluzione culturale per niente facile, ma stimolante e di prospettiva.
In che modo la Regione Friuli Venezia Giulia attua questa legge-quadro e quali sono gli obiettivi che si pone? 
Assessore Beltrame:
Nel novembre scorso la Regione ha emanato le linee di indirizzo per l’elaborazione dei Piani di zona dei Comuni, si sta lavorando per predisporre il Piano regionale degli interventi sociali, la legge regionale 23/2004 ha stabilito le modalità per l’integrazione e la responsabilizzazione dei due sistemi, quello sociale (che fa capo ai Comuni) e quello sanitario (Regione-Aziende sanitarie), la legge regionale 19/2003 ha stabilito le modalità per lo scioglimento delle vecchie Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficienza (IPAB) e la loro trasformazione in Aziende pubbliche per i servizi alla persona o in Fondazioni, la legge regionale 19/2005 è la prima legge della nostra Regione che mette ordine e rilancia i servizi socio-educativi per la prima infanzia. Conto per il 2006 di vedere i piani di zona in fase attuativa e di introdurre nuovi strumenti per rispondere ai nuovi bisogni sociali. Non basta migliorare l’organizzazione dei servizi pubblici, occorre anche aiutare direttamente le famiglie. Nonostante le difficoltà finanziarie, infatti, dal 2006 partirà il Fondo regionale per l’autonomia possibile destinato a sostenere le famiglie che accudiscono persone con forte bisogno di assistenza, siano esse anziani o disabili o affette da particolari patologie, aumenterà il fondo sociale destinato ai Comuni, raddoppierà il sostegno ai bambini negli asili nido, sarà introdotto un intervento di 500.000 euro all’anno per l’adattamento delle auto private per il trasporto dei disabili e altrettanto per le ONLUS che si occupano di trasporto. Proprio alla luce di questo lavoro è importante che prosegua la predisposizione di una legge – quadro che riordini la materia, dia certezza ai diritti, indichi le nuove responsabilità istituzionali.
Consigliere Menis:
La Regione da attuazione a questa legge con un ritardo (ahimè) di 5 anni e ha scelto la formula della “legge quadro” cioè di una normativa di riferimento per i Comuni che, per legge, hanno la responsabilità dei servizi sociali. Ad oggi si è costituito un gruppo ristretto tra i vari gruppi politici per arrivare ad una sintesi delle diverse proposte in esame. Probabilmente il testo unificato delle diverse proposte sarà approvato nei primi tre mesi del nuovo anno. Alcuni principali obiettivi sono: la riorganizzazione dei servizi in ordine alle nuove priorità che saranno indicate nei piani di zona, evitare l’uso improprio o inefficace di risorse a favore delle nuove marginalità, il coinvolgimento nell’analisi e nella progettazione degli interventi di tutti gli attori del territorio che in qualche modo sono coinvolti o interessati dai servizi (associazioni, fondazioni, cooperative, operatori, amministratori pubblici, cittadini, ecc.).
Quali sono le problematiche e i punti di difficile realizzazione che la Regione incontra nell’applicare la legge? 
Assessore Beltrame:
E’ indispensabile che per governare un sistema così complesso ci sia una distribuzione di responsabilità ed una forte presa di coscienza di tutti gli attori del sistema: dalla Regione agli Enti locali e alla scuola, dagli amministratori agli operatori sociali, dalle cooperative alle associazioni. Pertanto non bastano le leggi e i provvedimenti finanziari, ma serve una forte volontà di cambiamento di tutto il sistema. I rischi principali sono quindi quelli legati alla possibile disomogeneità di applicazione delle norme, alle possibili disequità. Le linee di indirizzo per i Piani di zona e gli strumenti di monitoraggio messi in atto sicuramente serviranno a dare uniformità ed equità al sistema. La mia preoccupazione principale è che non prevalgano le prese di posizione campanilistiche o le esigenze di chi sa vedere solo il proprio orticello.
Consigliere Menis:
La Regione non applica la legge nazionale 328 ma la recepisce con una sua legge d’indirizzo. In questo momento di costruzione della legge regionale i nodi difficili da sciogliere sono: il cosiddetto reddito di cittadinanza, quanto ruolo dare ai “privati”, l’introduzione o meno dei voucher per l’acquisto libero dei servizi.
Quali risorse vengono messe a disposizione per la realizzazione degli interventi previsti dalla legge? 
Assessore Beltrame:
La nostra Regione investe circa 200 milioni all’anno per la spesa sociale e circa 1.900 per quella sanitaria. Le sole misure innovative che introdurremo dal 2006 e che prima ho brevemente descritto comportano un investimento di circa 30 milioni di euro. E’ stato possibile stanziare questa cifra grazie al lavoro di contenimento operato su altre spese sanitarie. Il nostro sistema di protezione sociale ha bisogno di più equilibrio tra quanto si investe per i problemi acuti e quanto per l’assistenza a lungo termine e l’integrazione sociale.
Consigliere Menis:
Si è stabilito un aumento di risorse a favore dei servizi del sociale (la misura sarà chiarita in sede di finanziaria) e il fondo sarà garantito nel triennio.
Per la realizzazione dei progetti individuali di autonomia delle persone disabili, la prima necessità è il trasporto nei luoghi di svolgimento delle varie attività. La legge regionale che finanzia tali progetti esclude il trasporto che è lasciato alla discrezione dei Comuni. Non ritiene che la Regione debba uniformare i criteri di assegnazione dei finanziamenti per evitare disparità di trattamenti tra i vari Comuni? 
Assessore Beltrame:
La normativa regionale che finanzia i progetti di vita indipendente non esclude il trasporto. Nella Conferenza di consenso tenutasi qualche anno fa a Villa Manin era stato deciso, con l’accordo delle Associazioni, di privilegiare il sostegno ad altre forme di aiuto alla persona perché il sistema dei trasporti assistiti era già finanziato con altri due capitoli previsti dalla legge regionale 41/1996. Quindi era solo una valutazione di opportunità che, ritengo, possa essere messa in discussione. Tenga inoltre presente che abbiamo altre opportunità: le misure sul trasporto a cui ho accennato nella risposta 2, assieme ad altre che stiamo predisponendo con l’assessore ai trasporti, l’avvio del Fondo per l’autonomia possibile che avrà una dotazione finanziaria molto superiore alle attuali disponibilità dei progetti di vita indipendente e dell’assegno di cura, sono altrettante occasioni per migliorare l’attuale sistema dei trasporti per chi è portatore di disabilità. Tenga inoltre presente che i Comuni sono i titolari di tutte le funzioni amministrative sociali e che l’uniformità non si può quindi raggiungere con atti impositivi, ma solo con la concertazione. Stiamo lavorando per dare più equità e omogeneità al sistema. E’ chiaro che è un percorso faticoso ma è l’unico che può dare un risultato duraturo.
Consigliere Menis:
No, la responsabilità primaria è dei Comuni e come tale la Regione intende rispettare la capacità e l’autonomia dell’Assemblee dei Sindaci nei Distretti nell’effettuare le scelte utili al loro territorio. Ciò significa che tra un Ambito e l’altro (non tra un Comune e l’altro) ci possono essere differenze nell’erogazione dei servizi ma è giusto che ogni amministratore pubblico, assieme alla consapevolezza, accresca la propria responsabilità.
Ritiene giusto che un disabile che deve recarsi a scuola debba presentare una dichiarazione ISEE, non richiesta ad altri studenti coetanei? 
Assessore Beltrame:
I Comuni quando erogano servizi o contributi si avvalgono anche dell’indicatore della situazione economica, poiché le prestazioni sono ispirate a criteri di universalismo, ma anche secondo priorità per chi ha redditi più bassi.
Consigliere Menis:
L’ISEE è uno strumento di valutazione economica previsto da una legge dello Stato; solitamente viene richiesto in presenza di contributi, sussidi o altri interventi pubblici, a prescindere dalla condizione della persona. Perciò presentano il modello anche studenti universitari per l’alloggio o le mamme per la nascita del figlio o l’anziano per l’accesso al servizio domiciliare. A me personalmente non piace, ma è un’opinione.
Non crede che le Istituzioni debbano promuovere interventi per favorire l’integrazione dei disabili nella società, ad esempio attrezzando i mezzi di trasporto e sensibilizzando i cittadini, oltre al sostegno economico?
Assessore Beltrame:
Credo che le Istituzioni debbano promuovere i diritti e l’integrazione sociale di tutte le persone con particolare attenzione per chi è portatore di disabilità. Credo che un avanzato sistema di protezione sociale può dare più coesione sociale e quindi più forza e competitività alla nostra società regionale. Credo che combattere le disuguaglianze e dare a tutti pari opportunità significa favorire la competitività del sistema. L’ingiustizia produce squilibri. Gli squilibri producono povertà e meno opportunità per i giovani. Le misure che rapidamente le ho elencato spero diano il senso di un percorso serio e propositivo. Tutte queste iniziative sono state concordate con la Consulta regionale dei disabili. Per migliorare l’attuale situazione occorrono tante cose: idee forti, ma anche la capacità di imparare, di mettersi in discussione, di lavorare assieme. Servono istituzioni competenti ed efficienti, ma anche cittadini preparati, attenti ai diritti e anche ai doveri.
Consigliere Menis:
Certo, sono molto convinto della necessità di un intervento congiunto tra istituzioni per la promozione dell’integrazione delle persone disabili nella società. Un tema vero è quello dei trasporti: quest’anno la Regione ha promosso due provvedimenti importanti, uno per la sostituzione dei pulmini attrezzati alle associazioni e uno per l’acquisto delle auto private per le persone disabili. Inoltre, io sono già d’accordo con gli uffici regionali che si occupano dei trasporti per introdurre, appena ci sarà l’occasione, una norma che obblighi i Comuni ad acquistare scuolabus attrezzati.

 

Micaela Marangone

 

Le soluzioni prospettate da Beltrame e Menis sono sicuramente condivisibili ed i programmi interessanti. Vorrei far presente, tuttavia, che sto vivendo in prima persona una situazione che non rispetta i principi descritti per quanto riguarda i diritti e le pari opportunità dei disabili.
Per recarmi a scuola, infatti, devo ricorrere al servizio individuale di una cooperativa di trasporto.
Le istituzioni partecipano solamente alla metà del costo, per cui la mia famiglia è costretta ad effettuare 6 viaggi alla settimana, in quanto non riuscirebbe a far fronte alla rimanente metà della spesa. Non posso chiedere il sostegno economico al Comune di residenza, perché verrebbero applicati i parametri ISEE, quindi otterrei soltanto il 10% del concorso nella spesa.

Abbiamo chiesto al Comune di attivare un nuovo servizio in tal senso, ma i tempi sono lunghi perché i fondi comunali non sono sufficienti per cui l’ente sta cercando di associarsi con altre Amministrazioni. In aggiunta a tutto questo, però, tengo a precisare che mi piacerebbe recarmi a scuola sui mezzi pubblici insieme ai miei compagni e riterrei giusto che fossero messi a disposizione autobus attrezzati per le persone disabili. Inoltre, ci sono molti altri progetti nel testo della Legge 162 che riguardano l’autonomia e l’integrazione, tuttavia irrealizzabili per la mancanza di fondi. Ad esempio, durante le gite scolastiche potrei essere accompagnata da un’assistente, invece che da un genitore.
Guardando al mio futuro ritengo sia un mio diritto che la scelta della facoltà universitaria da frequentare debba essere effettuata in base al mio interesse e predisposizioni, e che non sia condizionata esclusivamente dalla presenza delle barriere architettoniche o dalla lontananza, come già è successo in occasione della scelta delle scuole superiori.
Cerco, però, di essere ottimista, sperando che le Istituzioni si prendano appieno le proprie responsabilità in modo da migliorare l’autonomia delle persone disabili e di garantire quelle che sono realmente le “pari opportunità”.

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