L’urlo muto dei bambini invisibili

“All the Invisible Children” non si propone solo di dare voce ai bambini e di mobilitare l’attenzione dell’opinione pubblica. Il film vuole essere anche un’occasione per dar vita a un concreto progetto per l’infanzia e per la lotta alla malnutrizione infantile in Africa: “All the Invisible Children” è infatti anche un fondo, promosso dalla Cooperazione Italiana allo Sviluppo del ministero Affari Esteri, a favore di PAM (Programma Alimentare Mondiale) e UNICEF (Fondo delle Nazioni Unite per l’Infanzia).

“Un film di realtà vera e pura”: è così che Maria Grazia Cucinotta definisce il film “All the Invisible Children” che ha prodotto assieme a Chiara Tilesi e a Stefano Veneruso per la MK Film Productions. Dopo l’anteprima all’Auditorium di via della Conciliazione di Roma alla presenza del Capo dello Stato Carlo Azeglio Ciampi il film, dedicato ai milioni di bambini e adolescenti che soffrono la fame, che non sono mai entrati in un’aula scolastica, che sono privati dei loro diritti da sfruttamento e guerre, è uscito nelle sale italiane il 3 marzo. Il film è stato realizzato da otto grandi registi (Medhi Charef, Emir Kusturica, Spike Lee, Katia Lund, Jordan Scott e Ridley Scott, Stefano Veneruso e John Woo) che hanno raccontato ciascuno una storia sulla situazione dei bambini nel loro paese: le storie dei piccoli protagonisti di “All the Invisible Children” ci parlano di bambini che ostinatamente cercano un futuro migliore, come ad esempio i piccoli lavoratori invisibili, i bambini soldato costretti a combattere dagli adulti, le piccole vittime dell’AIDS.

Il progetto cinematografico non si propone solo di dare voce ai bambini e di mobilitare l’attenzione dell’opinione pubblica a favore dei programmi per l’infanzia “invisibile”. Il film vuole essere anche un’occasione per dar vita a un concreto progetto per l’infanzia e per la lotta alla malnutrizione infantile in Africa: “All the Invisible Children” è infatti anche un fondo, promosso dalla Cooperazione Italiana allo Sviluppo del Ministero Affari Esteri, a favore di PAM (Programma Alimentare Mondiale) e UNICEF (Fondo delle Nazioni Unite per l’Infanzia) in cui confluiranno i proventi del film. I primi fondi, raccolti anche grazie al sostegno dello sponsor del film, UniCredit Group, verranno impiegati dalle due agenzie ONU per un progetto congiunto di lotta alla malnutrizione infantile in Niger, paese devastato da ricorrenti siccità che ha tassi di mortalità infantile tra i più alti del mondo.

Del film e del suo impegno per la tutela dei bambini ci parla Maria Grazia Cucinotta, che appare anche come attrice nelle vesti di una vigilessa nell’episodio di Veneruso, ambientato nella periferia napoletana. Scopriamo che non è la prima volta che l’attrice presta la sua immagine ed il suo impegno in favore dell’infanzia e che è mossa da un sincero interessamento verso le problematiche dei bambini. Che forse parte proprio dalla sua esperienza personale ossia dal fatto di essere nata e cresciuta in un quartiere di Messina molto povero, dove i bambini erano, appunti, invisibili.

Da dove nasce l’idea di produrre il film “All the Invisible Children”?

L’idea è quella di dare un messaggio a livello universale e di farlo attraverso il cinema, non con un documentario ma con un vero e proprio film. Il messaggio? Quello che bisogna sviluppare sensibilità nei confronti dei bambini poveri del sud del mondo, ma non solo: anche i bambini dei paesi ricchi possono avere bisogno di aiuto perchè spesso vengono schiacciati dai problemi dei grandi, che non rivolgono loro la necessaria attenzione…

I proventi del film saranno devoluti all’Unicef. Precedentemente aveva già collaborato con l’Unicef o con altre associazioni rivolte alla tutela dei bambini?

E’ la prima esperienza a favore dell’Unicef ma in passato avevo già collaborato con l’Associazione Volontari “Il Cavallo Bianco” per l’avvio di una Casa-famiglia in Bielorussia per ragazzi con disabilità psichica e mentale. Questi bambini bielorussi, provenendo da un villaggio vicino a Chernobyl, hanno subito le radiazioni che hanno causato la loro disabilità. Nel loro paese sarebbero destinati, con molta probabilità, ad essere a breve trasferiti a vita in un manicomio: noi li portiamo in Italia per aiutarli a guarire e per istruirli in modo da renderli indipendenti. Poi ho partecipato all’apertura di un ospedale-asilo per i bambini orfani sieropositivi in Botswana: i bambini, se trattati per tempo con le adeguate terapie, possono essere salvati”.

Gli episodi del film si svolgono in sette diversi paesi: Italia, Cina, Gran Bretagna, Brasile, Serbia Montenegro, Africa e America: è stata a diretto contatto con le realtà dei bambini in ciascuno di questi paesi?

Sì, ho visitato quasi tutti questi paesi e conosco piuttosto bene le loro realtà. E la sofferenza di un bambino in un paese in via di sviluppo è terribile e colpisce quanto la sofferenza di un bambino in un paese ricco. Basta andare in un quartiere povero, malfamato per vedere i bambini che urlano la loro disperazione…

Che cosa l’ha resa così sensibile nei confronti dei problemi dei bambini?

I bambini sono fantastici e vanno protetti, perchè l’infanzia è il più bel momento della nostra vita, forse l’unico. Io ho avuto un’infanzia bellissima, serena, pur vivendo in un quartiere, a Messina, dove i bambini erano invisibili. I bambini hanno diritto di avere attenzione e amore, di essere felici, di essere tenuti lontano da ogni problema.

Come si sensibilizzano gli adulti ai problemi dei bambini?

Bisogna ricordare ogni giorno e con ogni mezzo possibile che è da vigliacchi fare del male ad un bambino, perchè è troppo facile.

Martina Seleni.

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