Il nushu è stato per secoli l’unica lingua femminile al mondo, incomprensibile per gli uomini. Distrutto dalle guardie rosse, è stato riscoperto e ora viene esplorato dagli studiosi. Ma il “libro dei tre giorni”, che in Cina era regalo esclusivo per le spose, esiste anche da noi
Dal villaggio di Pumei,provincia dell’Hunan, Cina meridionale, arriva notizia di una scoperta che attira studiosi cinesi e anche stranieri. E’ un linguaggio segreto unico al mondo, parlato e scritto solo dalle donne, incomprensibile agli uomini, tramandato per secoli da madri a figlie, dalle nonne alle nipoti. Si chiama nushu, e i ricercatori devono spicciarsi prima che se ne perda il ricordo. Infatti le ultime che le conoscono sono le anziane del villaggio, la più gettonata è Yang Huanyi, 98 anni e una memoria prodigiosa. Con il suo aiuto, sono stati raccolti finora ottocento ideogrammi e oltre duemila parole.
Così riferisce il quotidiano Washington Post, in un articolo del 14 febbraio scorso. Questa scoperta mi ha colpito più delle tracce di acqua che sembra siano state trovate su Marte. Il nushu venne inventato secoli fa dalle cinesi perché ad esse era proibito di imparare a leggere e scrivere, e l’unica comunicazione permessa restava il canto nelle stanze di casa, cantando dietro i paraventi, come dice il titolo di un bellissimo film di Ermanno Olmi.
Serviva per parlare e scrivere senza farsi capire dagli uomini. Il momento più magico del nushu era il Libro dei tre giorni, elegantemente rilegato di pizzo, regalo esclusivo per la sposa tre giorni dopo le nozze. Nelle prime pagine, la madre, le sorelle e le amiche esprimevano il rimpianto per colei che se ne andava, insieme a pensieri di augurio e speranza. Le pagine bianche venivano poi riempite dalla sposa con notazioni sulla sua nuova vita, espresse con sincerità, senza paura, non essendo il marito in grado di decifrare gli ideogrammi segreti, molto più complicati di quelli della scrittura normale.
Moltissime copie dei Tre Giorni furono conservate dalle famiglie. Ma negli anni Sessanta arrivò il furore della Rivoluzione culturale, che le distrusse tutte in odio alle tradizioni e alla libertà di esprimersi. Le Guardie rosse, giovani scatenati che non esitavano a denunciare gli stessi familiari, scovarono nonne, madri e sorelle colpevoli di parlare e scrivere in nushu, le esposero alla gogna pubblica, perfino alle condanne dei tribunali. Adesso un paio di quei testi avventurosamente salvati,
e i ricordi delle anziane di Pumei, permettono di conoscere l’originale linguaggio delle donne che era stato sommerso da quell’ondata di pazzia.
Questa scoperta, dicevo, mi ha coinvolta. Perché anche nelle nostre case c’erano, e in molte ancora ci sono, quaderni che definirei “segreti”, non perché preclusi agli uomini, ma perché estranei agli interessi maschili. In essi, le giovani mogli ancora prive di esperienza casalinga annotavano le ricette di cucina, i sistemi per conservare i cibi o togliere le macchie o farsi in casa le creme di bellezza. Alcune riferivano anche le novità dei figli, come su un diario familiare.
Conservo il quaderno della mia bisnonna, sopravvissuto a diversi traslochi. In tre generazioni è diventato un volume, con aggiunta di fogli riempiti di calligrafie diverse. Fornisce ricette insuperate, per esempio la composta di cotogne e la lievitazione giusta per la torta Pasqualina; ma anche massime di vita. Un’intera pagina è stata ornata da una zia pittrice dilettante, con fiori ad acquerello che incorniciano questo verso del Petrarca : E m’è rimasta nel pensier la luce.
Sarò contenta, e ne darò conto, se qualche lettrice mi informerà sul Libro dei Tre Giorni di casa sua.
Franca Zambonini
Vice direttore di Famiglia Cristiana