In Afghanistan centinaia di minorenni sono stati rapiti o venduti dalle famiglie a trafficanti che li hanno rivenduti in Pakistan o nei Paesi del Golfo Persico. Sono diventati servi in case facoltose, lavoratori forzati, schiavi del sesso. Ma anche donatori involontari d’organi, espiantati dai loro cadaveri poi dati alle fiamme. E la pena di morte non intimorisce gli assassini.
Spesso in Afghanistan incontri dei bambini, scalzi e sporchi, che sopravvivono riempiendo di terra le buche sulle piste che attraversano il paese. Quando dal finestrino del fuoristrada li lanci una banconota afghana, equivalente di un centesimo di euro, fanno i salti mortali, ti sorridono e rincorrono per ringraziarti. Anche ai veterani delle guerre si stringe il cuore davanti a tanta miseria, ma per assurdo questi bambini e bambine sono fortunati.
Centinaia di loro coetanei vengono rapiti, o venduti dalle famiglie ridotte alla fame, a trafficanti senza scrupoli, che li deportano in Pakistan e nei paesi arabi del Golfo Persico come lavoratori forzati o schiavi del sesso. Per alcuni il destino è ancora più orribile. Secondo le autorità afghane verrebbero uccisi per espiantare gli organi e venderli al migliore offerente.
Agli inizi del mese il presidente Hamid Karzai ha emesso un decreto legge che prevede la pena di morte per i trafficanti di organi dei bambini. Il capo di stato afghano ha preso sul serio la minaccia stabilendo “la pena capitale” nei confronti di chi rapisce un bambino e “lo rende inabile o lo sopprime” per vendere i suoi organi. Il ministro degli Interni, Alì Ahmad Jalali, ha ammesso che negli ultimi anni risultano spariti centinaia di bambini ed in alcuni casi i loro organi sono stati rimossi per essere venduti all’estero.
In soli cinque mesi la Commissione sui diritti umani, una struttura indipendente riconosciuta dalla costituzione afghana, ha registrato la denuncia dei familiari di circa 300 bambini scomparsi nel nulla. Il procuratore generale di Kabul, Mahmoud Daqiq, ha rivelato che solo nella capitale sono state aperte 47 inchieste su sparizioni di bambini e alcuni di questi casi potrebbero riguardare rapimenti per utilizzare i bambini come “fabbriche” di organi.
In febbraio era stato il portavoce dell’Onu, Manoel de Almeida e Silva, a lanciare l’allarme e la Commissione dei diritti umani confermava che stava indagando su 85 casi sospetti di bambini, che sarebbero stati rapiti per l’espianto di organi.
Le autorità afghane sono convinte che i piccoli vengono portati clandestinamente in Pakistan, dove esiste un fiorente commercio di organi, soprattutto per adulti. Ovviamente bisogna verificare la compatibilità con il donatore attraverso analisi specifiche, ma per il rene basta un’analisi del sangue. Non solo: un bambino, dai 10 anni in su, può donare un rene o il fegato anche ad un adulto. Le difficoltà sono che l’espianto dev’essere realizzato in strutture attrezzate e normalmente un organo, in Pakistan, va trapiantato entro 48 ore. Il sospetto è che i bambini afghani rapiti vengano uccisi per poter espiantare cuore, polmoni, retine, pancreas, fegato avendo già trovato i piccoli pazienti compatibili, le cui famiglie sono in grado di pagare.
“Qualcosa è accaduto e dei bambini sono spariti fin dai tempi dei talebani. La gente ne parla e la storia dei rapimenti sta diventando una psicosi, ma oltre ad un fondo di verità potrebbero esserci delle esagerazioni” spiega Alberto Cairo, veterano della Croce rossa a Kabul.
Le vittime non sono solo bambini di strada, ma pure piccoli con famiglia che spariscono nel nulla tornando a casa da scuola o dopo essere andati a comprare il pane.
Il caso più eclatante, venuto alla luce lo scorso mese grazie ad un’inchiesta di una giornalista dell’agenzia stampa Reuter, è accaduto vicino a Kandahar. Ismail è un bambino di 10 anni, liberato assieme al fratello più piccolo, Ibrahim, da un blitz della forze di sicurezza afghane.
I rapitori li avevano portati “in una zona montagnosa, dove ho visto i corpi di quattro bambini della nostra età. Gli hanno levato gli organi dall’interno del corpo” ha raccontato Ismail. Subito dopo uno dei sequestratori ha preso i piccoli cadaveri per bruciarli. All’inizio i criminali avevano chiesto alla famiglia un riscatto, che non poteva permettersi. Visto che non pagavano hanno minacciato di espiantare i reni ai piccoli ostaggi. L’intelligence afghana di Kandahar ha ricevuto una soffiata sul possibile nascondiglio della banda ad una settantina di chilometri a sud ovest di Kandahar, non lontano dal confine pachistano. Il blitz ha portato alla liberazione di Ismail, del fratellino e all’arresto di tre sequestratori. I resti di uno dei corpi bruciati sarebbe stato ritrovato, ma Abdullah Laghmani, responsabile dei servizi afghani, che ha condotto l’operazione, non ha dubbi: “Abbiamo informazioni che i rapitori hanno ucciso cinque bambini, tagliato loro le teste e prelevato i reni”.
Non è escluso che lo scempio, se è effettivamente avvenuto, sia solo una vendetta nei confronti dei familiari che non avevano pagato. Per veri e propri espianti ci vogliono attrezzature e specialisti, che però potevano arrivare dal vicino Pakistan. Non a caso nel recente arresto di una banda di presunti rapitori di bambini, avvenuto nella capitale, uno dei quattro afghani finiti in manette è un medico.
“Quando lo scorso anno andai a Kabul con le medicine per curare il Kala Azar, una malattia che colpisce soprattutto i bambini, ho incontrato un medico afghano che mi parlò delle sparizioni. Era a conoscenza che molti bambini, soprattutto orfani, venivano portati via e venduti in Pakistan, ma non sapeva che fine facessero” racconta Massimiliano Fanni Canelles, nefrologo triestino e direttore di SocialNews.
Il ministero degli Interni afghano ha confermato che dall’inizio dello scorso anno sono finiti in galera un centinaio di sospetti trafficanti di bambini, ma in molti casi hanno corrotto le guardie e sono stati scarcerati o lasciati fuggire.
Talvolta le stesse famiglie, ridotte in miseria, abbandonano i figli o li vendono a personaggi senza scrupoli. Molti dei bambini ceduti o rapiti diventano servitori in case arabe facoltose, oppure vengono utilizzati, per il peso ridotto e la statura, come fantini della corsa dei cammelli nei paesi del Golfo Persico. La sorte peggiore tocca ai lavoratori forzati, spesso ridotti in schiavitù o ai bambini che entrano a far parte del mercato del sesso.
Il paese, maggiore “importatore” di bambini afghani, è l’Arabia Saudita, fin dai tempi del regime talebano. La polizia saudita, in seguito alle proteste di Kabul, ha individuato 700 bambini afghani, che vivevano illegalmente nel regno. Centonovantotto, che provenivano quasi tutti dalla provincia settentrionale di Baghlan, sono già stati rimpatriati.
Fausto Biloslavo
Giornalista de Il Giornale