Le donne e le bambine pagano il prezzo più alto nei conflitti, tanto come bersagli diretti quanto come “danni collaterali”. In occasione della Giornata internazionale delle le donne, Amnesty International – nell’ambito della sua campagna mondiale “Mai più violenza sulle donne” – lancia un nuovo appello all’opinione pubblica e alle istituzioni italiane perché favoriscano un’azione globale per porre fine alla violenza e denunciare il fallimento dei governi nel contrastarla.
In Colombia, Iraq, Sudan, Cecenia, Nepal, Afghanistan e in un’altra trentina di conflitti, gli abusi nei confronti delle donne si ripetono senza fine. “Si tratta” – ha dichiarato Cecilia Nava – “di una violenza che non si scatena casualmente ma viene ordinata, tollerata e perdonata e continua perché chi la commette riesce sempre a farla franca”.
Le donne e le bambine non solo rimangono uccise, ma vengono attaccate, umiliate, stuprate, mutilate. Le tradizioni, le culture e la religione hanno contribuito a costruire l’immagine della donna come responsabile dell’”onore” del proprio gruppo di appartenenza o nucleo familiare. Distruggere la sua integrità fisica e colpire la sua sessualità è un modo non solo per intimidire e punire le donne ma anche per terrorizzare, screditare e sconfiggere intere comunità.
Tra le principali vittime, sono le donne e le bambine costrette a lasciare le proprie case. Sono loro a prendersi cura dei malati e dei feriti, ad andare alla ricerca di cibo e acqua e questo le pone ancora più a rischio di subire abusi.
Le sopravvissute allo stupro soffrono per le conseguenze del trauma psicologico ed emotivo, per il rischio di contrarre l’Hiv/Aids e altre malattie ma anche per l’ostracismo delle proprie comunità e famiglie per le quali aver subito uno stupro è spesso una “colpa”.
“La lotta per garantire sicurezza e diritti umani alle donne è oggi pregiudicata dalla crescente militarizzazione e dall’introduzione delle nuove politiche di sicurezza per combattere il terrorismo globale” – ha affermato Nava. “Nonostante il devastante impatto dei conflitti sulle donne, esse sono escluse dai tavoli negoziali di pace. Spesso sono gli uomini che hanno iniziato la guerra a decidere quando e in che modo terminarla. Senza un attivo coinvolgimento delle donne nei processi di pace, non potranno esserci sicurezza né pace, né giustizia”.
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