Il prossimo 17 giugno a Tolmezzo, in Carnia, avrà luogo un convegno sulle cure palliative con l’obiettivo di chiarire che queste cure non sono destinate solo all’assistenza al morente, ma fanno riferimento ad un progetto di assistenza globale che comprende tutte le fasi della malattia, inclusa l’assistenza ed il sostegno nei casi di cronicizzazione
Quando si parla di Cure Palliative (dal latino “pallio”= mantello) s’intendono un insieme d’ interventi multi-disciplinari, la cui finalità è di rendere meno dolorosi i sintomi della malattia.Le Cure Palliative sono rivolte sì al controllo del dolore, ma anche a tutti gli altri sintomi che un malato affetto da malattia cronica degenerativa spesso manifesta, nella fase in cui non risponde più ai trattamenti clinici; sono principalmente rivolte al malato, ma anche ai familiari che si fanno carico delle sofferenze del loro caro, e vogliono essere una risposta ed un sostegno al dolore intenso, psicologico ed esistenziale di entrambi; richiedono l’intervento di un equipe multi-disciplinare costituita da infermieri, medici oncologi, medici di base, psicologi, fisioterapisti, assistenti sociali e Volontari, e l’intervento può essere articolato su diversi livelli, in base alle esigenze del paziente e della famiglia: a domicilio, in ospedale (degenza, day hospital ed ambulatorio oncologico) ed in hospice.
Importante è chiarire che le finalità delle cure palliative non sono solo l’assistenza al morente, ma si amplia in un progetto di assistenza globale, comprendente tutte le fasi della malattia, inclusa l’assistenza ed il sostegno nei casi di cronicizzazione.La possibilità da parte dell’equipe curante di assistere il malato a domicilio, permette di coglierne alcuni aspetti peculiari correlati allo stile e qualità di vita, non solo del malato stesso ma dell’intero nucleo familiare, osservandone i reali bisogni e disagi preesistenti e cercando per quanto possibile di porvi rimedio.Questo comporta una modalità di assistenza più umana, ma soprattutto più sensibile al vissuto del malato, in grado quindi di capirne l’unicità esistenziale e di portarne rispetto.L’ambiente ospedaliero, per il suo particolare contesto asettico e protocollare, tende a non porre in primo piano l’individualità dei malati, in quanto non funzionale alla cura, anche se attualmente possiamo osservare una certa tendenza da parte di clinici sensibili ad umanizzare i loro rapporti con i pazienti, divenendo in tale modo capaci di cogliere e dare una risposta alle loro paure e silenzi.Questo è uno dei concetti fondamentali di cosa s’ intenda quando si parla di “Umanizzazione delle Cure”, e di come le Cure Palliative ne siano un esempio focale.
In passato raramente il morente veniva trasportato in ospedale, ma era assistito in casa dai familiari, dal medico di base, dal sacerdote e da tutta la comunità, la quale si raccoglieva attorno alla famiglia colpita dal lutto, partecipandone al cordoglio.
Quali sono i vantaggi in termini qualitativi di questa modalità del morire?
Per il morente poter essere in un luogo a lui familiare, colmo di ricordi di vita gioiosi e non, è di per sé consolante (si pensi alla Sua solitudine, data dal non poter condividere paure ed angosce relative alla morte imminente e della quale mai parla apertamente), ma soprattutto permette ai familiari un’assistenza calorosa ed affettuosa difficilmente realizzabile in ambiente ospedaliero; inoltre i familiari che hanno modo di accudire la salma del congiunto sino alla tumulazione finale hanno la possibilità di elaborare il lutto in tempi che ne permettono l’espressione del dolore, tempi nei quali le spoglie vengono fatte oggetto del rispetto e saluto finale di tutta la comunità. La morte diviene un elemento sociale altamente formativo, perché tramite la condivisione del dolore, vengono rafforzate le relazioni d’aiuto e gli affetti.Si pensi alla differenza qualitativa tra le camere mortuarie annesse agli ospedali, con salme spesso esposte l’una accanto all’altra, come oggetti privi di identità e valore….. e le veglie funebri fatte in casa, che nei tempi passati erano scandite da preghiere, ed interrotte ad ore tarde da un pasto.. veglie che si concludevano all’alba.Le Cure Palliative in tutte le fasi della malattia rispettano la vita ed educano anche alla morte, intendendo quest’ultima come una fase naturale della vita stessa, cercando con il controllo del dolore, di garantire una migliore qualità di vita sino alla fine; rappresentano un modo diverso di affrontare il problema della sofferenza e della Morte, dando voce alla singola individualità del malato, con il suo bisogno cure, rispetto umano ed amore
Dr.ssa Fernanda Zanier
Psicologa, formata in in Psico-Oncologia presso l’Istituto Nazionale per la cura dei tumori di Milano