Quando si tratta di minori, gli obiettivi della mediazione penale rispetto all’autore del reato sono rivolti alla sua responsabilizzazione in quanto punto essenziale del percorso educativo. Responsabilizzazione che risulta uno dei principi generali su cui si basa il processo penale minorile
Attualmente la mediazione penale è oggetto di grande interesse nel contesto locale, nazionale ed europeo, probabilmente perché le tematiche che investe sono trasversali non soltanto ai vari settori del sistema pubblico ma rispetto al sistema dei servizi tout court, comprendendo quindi anche l’area del privato sociale e del volontariato quale parte integrante delle potenzialità organizzative.
La mediazione penale si inserisce in un discorso molto articolato e ampiamente conosciuto sul modello di giustizia, il cui sistema sanzionatorio non garantisce comunque la soddisfazione delle istanze riparatorie della vittima, ma anche sul modello sociale, il cui sistema integrato richiede un confronto dinamico tra domanda e offerta dei servizi nell’ambito delle priorità definite da ciascun soggetto istituzionale.
La domanda di mediazione è quindi apparsa in molti contesti operativi ed in molti settori, da quello penale a quello familiare, scolastico ed altro, in quanto corrisponde all’esigenza di dare una risposta diversa al problema del conflitto, utilizzando una metodologia di gestione i cui contenuti ripropongono antiche modalità di composizione e risoluzione dei conflitti. Il percorso di mediazione, attraverso la valorizzazione dei principi comuni della convivenza civile, riconosce e privilegia la sfera affettivo – relazionale dando spazio alla personalizzazione della comunicazione.
Focalizzare l’attenzione sulla comunicazione appare importante perché in una realtà in cui le possibilità di comunicazione sono implementate da supporti tecnologici avanzatissimi e l’uso dei mezzi di comunicazione, basti pensare alle e.mail o agli SMS, è diffuso tra una fascia di popolazione molto ampia per caratteristiche anagrafiche, quali l’età, il luogo di residenza, oltre che per le condizioni socio-economiche; tuttavia non è raro percepire come a tale aumento di opportunità non corrisponda la certezza dell’efficacia della comunicazione.
Comunicazione che diventa frammentaria, priva di un contatto diretto e quindi che inevitabilmente riduce la dimensione empatica nella relazione interpersonale.
Tale considerazione trova ulteriore conferma nel fatto che l’esigenza di recuperare questa dimensione del dialogo e del confronto diretto è stata colta dai mezzi di comunicazione di massa, infatti vi sono trasmissioni televisive che si basano proprio sul mettere di fronte due persone o personaggi, non importa se sono o interpretano, che hanno un conflitto da affrontare e da risolvere.
L’esigenza del dialogo è, inoltre, un valore presente e importante nella cultura occidentale, sostenuto quale strumento per poter dare una dimensione autentica ai diversi conflitti che sorgono tra persone, settori, nazioni. Lo strumento del dialogo permette di proporre le proprie istanze, di considerare le istanze dell’altro. Ha detto Papa Wojtyla che “Le idee si propongono, non si oppongono”. Il dialogo è certamente la modalità che ha le potenzialità per affermare le idee, per far conoscere e per far riconoscere l’altro.
La mediazione si fonda sulla relazione comunicativa, sul dialogo, sul confronto; ma in ambito penale, considerando che il conflitto si configura come reato e quindi determina l’asimmetria delle parti, gli obiettivi della mediazione sono diversi per l’autore del reato e per la vittima.
In ambito minorile, gli obiettivi della mediazione penale rispetto all’autore del reato sono rivolti alla responsabilizzazione del minore in quanto punto essenziale del percorso educativo, responsabilizzazione che risulta uno dei principi generali su cui si basa il processo penale minorile.
Per la vittima gli obiettivi della mediazione sono quelli di consentire uno spazio per dare voce alla propria sofferenza e per poter assumere una presenza fisica, un ruolo attivo altrimenti non possibile in quanto il processo penale minorile non consente la costituzione di parte civile.
Oltre a tali obiettivi diretti si possono individuare quelli indiretti, centrati sulla realizzazione di un modello di giustizia e su una gestione della devianza, in termini non alternativi ma complementari, che accolga gli aspetti destinati a ricomporre e riconfermare il sistema dei valori che rappresentano la convivenza civile. Gli spazi normativi in cui si realizzano le esperienze di mediazione penale minorile si individuano nel codice di procedura penale per i minorenni (D.P.R.448/88) e, più precisamente, nell’ambito delle indagini preliminari (art.9) durante l’udienza preliminare o nel dibattimento (art.27), nell’attuazione della sospensione del processo e messa alla prova (art.28), nell’applicazione delle sanzioni sostitutive della semidetenzione o della libertà controllata. Inoltre, la mediazione penale può essere realizzata in fase di esecuzione penale, nell’ambito della misura alternativa alla detenzione riferita all’art. 47 della L.354/75. Il concetto di riparazione viene, inoltre, introdotto nel recente Regolamento di esecuzione dell’ordinamento penitenziario e delle misure privative della libertà (D.P.R. 230/2000). Il contesto normativo del processo penale minorile ha consentito la realizzazione di esperienze di mediazione in varie sedi: a Torino nel 1995 e successivamente a Milano, a Bari, a Trento, a Catanzaro, a Palermo e a Napoli.
L’operatività ha richiesto un sostegno organizzativo che è stato apportato attraverso la stipula di protocolli d’intesa o Accordi di programma tra il Centro per la Giustizia Minorile, la Regione, il Comune e l’assenso, più o meno formale, del Presidente del Tribunale per i Minorenni e del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni, competenti per quel Distretto di Corte d’Appello.
Il modello organizzativo che è prevalso è quello di un organismo, denominato “ufficio” o “centro per la mediazione penale”, con sede autonoma dal Tribunale per i Minorenni, con il quale collaborano operatori dei Servizi Minorili della Giustizia e dei servizi territoriali sociali e sanitari, esperti e volontari.
L’attività di mediazione penale è stata oggetto di rilevazioni annuali svolte dal Dipartimento Giustizia Minorile in collaborazione con i Centri di Mediazione Penale. Dai dati relativi all’anno 2003, si evidenzia un fenomeno in crescita sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo. Le procedure hanno assunto quegli standard operativi più efficaci per attuare le fasi relative all’acquisizione del consenso, all’incontro preliminare e all’incontro tra le parti.
L’incontro tra le parti è uno dei risultati più importanti in quanto si è evidenziato come le percentuali di riuscita della mediazione sono altissime dal momento in cui si realizza l’incontro tra vittima ed autore del reato.Una esplorazione del fenomeno è possibile anche attraverso i dati sui minori autori di reato per i quali è stato avviato un percorso di mediazione: nel corso dell’anno 2003 sono stati 412 i minori interessati da attività di mediazione penale, di essi 321 sono maschi, 390 sono di nazionalità italiana, 200 hanno tra i 16 e i 17 anni, 292 hanno il titolo di studio della licenza media, 325 vivono in famiglia.
Tra i capi d’imputazione il reato più frequente risulta quello delle lesioni e percosse, seguito da furto e danneggiamento. In 234 casi su 412 risulta la computazione nella commissione del reato.Il consenso all’incontro di mediazione avviene per il 64 % circa degli autori di reato e per il 45 % delle vittime.
La vittima è nell’86 % dei casi una persona di età compresa tra gli 11 e gli 80 anni ma con una maggiore incidenza di ragazzi tra i 14 e i 21 anni. Negli altri casi trattati la vittima è una Istituzione o un Ente privato.Tra vittima e autore di reato vi è una relazione di conoscenza per 202 casi, che risulta di parentela per 23 casi (compresi nei 202). L’autorità che invia in mediazione è più frequentemente il Pubblico Ministero nell’ambito dell’art.9 del D.P.R. 448/88 “Accertamenti sulla personalità del minorenne”(76 % dei casi).
Dopo il contatto epistolare, l’approccio telefonico, il colloquio individuale e quindi l’acquisizione del consenso da entrambe le parti, giungono all’incontro vittima – autore del reato il 46 % dei casi avviati in mediazione. Il numero complessivo degli incontri effettuati dai mediatori con l’autore del reato, con la vittima e fra le parti risulta di 874, entità che chiarisce l’impegno richiesto dall’intervento di mediazione penale. L’88,5 % degli incontri tra le parti si conclude con esito positivo nel senso che la mediazione ha conseguito i risultati attesi.La riparazione, intesa come attività diretta al risarcimento della vittima o alla comunità sociale, viene svolta per il 42 % delle mediazioni concluse con esito positivo.
Nel campo della mediazione penale minorile, in Italia, molto è stato fatto sia sotto il profilo della conoscenza e diffusione della cultura della mediazione, sia in termini di sperimentazione e l’esigenza di una normativa di riferimento, per poter sostenere in modo strutturale e con una cornice di riferimento unitaria, è presente per gli addetti ai lavori delle sedi istituzionali e delle agenzie del privato sociale che collaborano alla realizzazione dei progetti di attuazione della mediazione penale.
La legislazione internazionale già da tempo auspica l’introduzione della mediazione nelle legislazioni nazionali, sia per la tutela dei diritti e dell’interesse della vittima del reato, sia quale strumento di giustizia riparativa che permetta agli autori di reato di assumersi le proprie responsabilità favorendo quindi la loro reintegrazione e riabilitazione.
Serenella Pesarin
Direttore generale per gli interventi di giustizia minorile e l’attuazione dei provvedimenti giudiziari del Ministero della Giustizia