Questa volta vinco io. E vinci anche tu

Lo strumento della mediazione rimane nell’ambito degli strumenti, è l’ordine dei fini che fa si che un conflitto dove l’obbiettivo è vincere sconfiggendo l’altro trovi una soluzione di carattere diverso. Ma non si può obbligare la gente alla mediazione, perché sarebbe l’imposizione di uno schema che è nell’ordine dei fini e non degli strumenti

Contribuire al dibattito in tema di mediazione con una qualche originalità è sicuramente difficile vista la ricchezza di esperienze e di temi già all’ordine del giorno. Ritengo perciò sia più utile offrire una riflessione in relazione alla mediazione interistituzionale che caratterizza l’Istituto di Garanzia che ho l’onore di ricoprire. Vorrei iniziare però affrontando per primo il tema del conflitto, visto che seguo l’argomento da tanti anni, per non rischiare di confondere il conflitto con il contenzioso.  Il conflitto, come già affermato, ha a che fare con la natura umana e con la relazione. Non necessariamente esplode nel contenzioso, ma necessariamente esiste, nel momento in cui noi percepiamo come dimensione dell’esperibile la diversità umana. Siamo uomini e donne e già questo ci rende diversi, e l’esperienza della diversità, corretta dal principio dell’uguaglianza, è di fatto il presupposto della funzione regolatrice della legge. L’esperienza ugualmente ci dice che, se è vero che il giudice ha il compito di dirimere il conflitto, perché il giudice amministra la giurisdizione, dice dove è il diritto, laddove i diritti siano tra loro contrapposti, é altrettanto vero che questo non è opera della legge, pur essendo vero che tutti i cittadini sono uguali davanti ad essa, perché non è vero che la legge dirime i conflitti.Per questo motivo noi dobbiamo aver fiducia nei giudici, dovremmo averne di più, ma abbiamo visto che la legge è uno strumento e può apparire come una sorta di elastico, come delle bretelle che si tirano a seconda dei pantaloni e delle taglie. Inizialmente c’è la necessità di capire, non tanto quanto un certo tipo di conflitto sia rapportabile al giudice, ma quanto la tutela dei diritti passi esclusivamente attraverso l’ azione giudiziaria. Anche il garante per l’infanzia o il pubblico tutore dei minori appartiene agli strumenti, non può essere usato come si vuole, ma neppure ha in sé poteri dirimenti. Egli opera attuando una difficile strategia di mediazione in un sistema di rapporti e istituzioni non necessariamente disposte ad ascoltarlo. È un istituto autonomo emanazione del Consiglio regionale ed ha sia compiti promozionali sia di garanzia. Le azioni relative ad iniziative per la tutela dei diritti dei minori, per la diffusione delle nuove pratiche, la formazione dei tutori volontari ed altre attività di questo genere sono promozionali. Mentre le azioni relative alla garanzia sono sostanzialmente rapportabili a due funzioni. Una riguarda l’attività di segnalazione, ovvero segnalare al tribunale o ai servizi sociali, ai servizi di emergenza le difficoltà, sia in rappresentazione di interessi personali, sia in rappresentazione di interessi collettivi o diffusi.L’altra funzione è l’espressione di pareri sull’ attività normativa. Questa è un attività estremamente delicata ed importante perché dentro ai Consigli regionali, ci sono potestà primarie e concorrenti di natura legislativa assai incidenti sui diritti della persona. Incidere in tale ambito, al fine di tutelare e garantire l’effettività del godimento dei diritti, e quindi offrire un punto di vista bambino al legislatore, è un procedimento estremamente importante per la garanzia dei diritti dei minori. Infatti, siccome i bambini non votano, hanno scarsissimi strumenti per rappresentare in qualche modo la loro volontà. Non pretendo di essere un autorevole rappresentante, ma penso che svolgere la funzione dell’espressione dei pareri, e averne comunque la competenza specifica, sia un tentativo utile di rappresentare questi interessi. Per quanto l’evocazione di una autorità di garanzia possa far pensare ad altro io preferisco pensarmi come un artigiano addetto al disinceppamento dei sistemi di tutela già in essere. Bisogna quindi capire perché s’inceppa il sistema degli interventi e non quello della segnalazione. Il sistema s’inceppa perché ci sono conflitti tra Enti, ovvero il servizio ha un’idea, il consultorio familiare un’altra, l’assistente sociale ne ha una terza, i genitori un’altra ancora e via di seguito. A volte poi subentrano i conflitti di giurisdizione tra il giudice tutelare ed il tribunale per i minorenni, tra il tribunale minorenni ed il tribunale ordinario. A volte ancora ci sono alcuni provvedimenti tra loro confliggenti, ma ciò che appare più radicale è il conflitto tra il sistema dei servizi ed il sistema politico della locazione delle risorse che deve mettere gli operatori nella condizione di poterlo fare. La possibilità che il Pubblico Tutore ha di svolgere bene la sua attività è proprio quello di offrire la mediazione interistituzionale, cioè chiamare intorno ad un tavolo tutti i soggetti che su quel caso sono coinvolti e per poter fare questo il Garante deve avere una terzietà riconosciuta. Inoltre il Garante non può essere colui che poi giudicherà, non deve essere un magistrato, non deve essere una delle professionalità concorrenti come un’assistente sociale. Soprattutto non deve avere l’investitura da un livello politico amministrativo che sia concorrente. La Regione è il luogo giusto in cui collocare il Garante.Questo rientra all’interno di una funzione più ampia della difesa civica, che oggi non viene semplicemente pensata come una avvocatura gratuita o bonaria, ma come strumento di perfezionamento della pubblica amministrazione. L’utenza che si rivolge ai nostri Istituti ci offre l’occasione per restituire alla pubblica amministrazione i suoi limiti di funzionamento, anche se perfettamente in buona fede: ovvero rispettando la legge si possono non tutelare dei diritti. E’ compito del Pubblico Tutore mettere in evidenza e contribuire a ripensare quelle pratiche. Cito ad esempio un tema all’attenzione del mio ufficio allo scopo di rendere possibile in concreto cogliere il significato della mediazione inter-istituzionale. Il problema riguarda la somministrazione di pratiche di auto cura, ovvero di pratiche para-mediche e para- farmacologiche all’interno della scuola dell’ obbligo. Siamo in pieno sviluppo di tecnologie di auto-cura che evitano discriminazioni sociali per il bambino affetto da alcune patologie come ad esempio il diabete e l’epilessia. Queste cure consentirebbero un inserimento sociale del minore all’interno di una vita quasi normalizzata poiché alcuni bambini di una certa età sono assolutamente autonomi e in grado di svolgere tali attività. Invece ci troviamo di fronte ad alcune dirigenti della scuola che si rifiutano anche soltanto di assistere a dette attività, perché dicono che il contratto di lavoro esonera l’insegnante dalla somministrazione di farmaci, un contratto di servizio che il genitore ha stipulato con la scuola al momento dell’ iscrizione del figlio.La nostra Costituzione vieta la discriminazione, e queste attività di cura possono essere identificate come attività che discriminerebbero il bambino, il quale invece sarebbe in grado di attuarle. Compito del Garante è di arrivare ad una mediazione cercando di elaborare un documento di linee guida per ottenere il consenso da parte di tutti i soggetti che ne sono coinvolti. L’obiettivo è quello di realizzare buone pratiche operative dove, conciliando interessi tra di loro contrapposti, generalmente interessi di adulti, si riesca a rendere centrale il soggetto bambino. Sono solo alcuni esempi da cui spero si possa cogliere come l’attività di mediazione interistituzionale, nella rappresentazione di interessi altrimenti non presenti nell’agenda della politica e nelle priorità degli operatori, possa contribuire in modo fruibile e utile a garantire a ciascun bambino il godimento dei diritti che gli sono riconosciuti.

 

Francesco Milanese
Tutore pubblico dei minori del Friuli Venezia Giulia

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